Roma Opera Aperta a Caracalla 2017: “Carmen”

Teatro dell’Opera di Roma, Roma Opera Aperta, Caracalla MMXVII
“CARMEN”
Opera in quattro atti dal romanzo di Prosper Mérimée, libretto di Henri Mehilac e Lucodiv Halévy
Musica di Georges Bizet
Carmen VERONICA SIMEONI
Don Josè ROBERTO ARONICA
Escamillo ALEXANDER VINOGRADOV
Micaela ROSA FEOLA
Frasquita DANIELA CAPPIELLO
Mercedes ANNA PENNISI
Dancairo ALESSIO VERNA
Remendado PIETRO PICONE
Zuniga GIANFRANCO MONTRESOR
Morales TIMOFEI BARANOV*
*dal progetto “Fabbrica”- Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma
Orchestra , Coro e Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera, con la partecipazione della Scuola di Canto Corale del Teatro dell’opera di Roma
Direttore Jesùs Lòpez-Cobos
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Regia Valentina Carrasco
Scene Samal Blak
Costumi Luis Carvalho
Coreografia Erika Rombaldoni e Massimiliano Volpini
Luci Peter van Praet
Nuovo allestimento
Roma, 14 luglio 2017
La stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma presso le Terme di Caracalla prende il via quest’anno con un nuovo allestimento della Carmen di Bizet affidato alla direzione del maestro Jesùs Lòpez-Cobos ed alla regia di Valentina Carrasco. La vicenda viene ambientata ai nostri giorni, lungo il muro al confine tra Messico e Stati Uniti e costituisce un evidente pretesto per affrontare ancora una volta argomenti di estrema attualità o sui quali i mezzi di informazione intendono tenere desta l’attenzione dell’opinione pubblica come il dramma dell’immigrazione con il suo carico di violenza e di morti, il femminicidio e la condizione della donna, la supposta violenza del mondo maschile, la sessuofobia posta in ridicolo della cattolica Micaela, la separazione sociale impersonata dal confronto tra latini e americani, le coppie gay e i travestiti che si aggirano tra la folla messicana. Nell’insieme lo spettacolo scorre con una certa fatica nei primi due atti eseguiti senza soluzione di continuità e procede in maniera più scorrevole nella seconda parte. Molto interessante l’idea di trasformare le rovine di Caracalla in elementi naturali del deserto americano anche se dalle foto pubblicate nel programma di sala intuiamo che nella recita alla quale abbiamo assistito deve esserci stato qualche problema con le proiezioni che non sono state completamente effettuate, senza per altro compromettere l’effetto cercato o il senso dei messaggi che volevano essere trasmessi.. Discutibile il rumore di motore di camion fuori scena che compare scaricando i profughi respinti al muro di confine che l’attuale presidente degli USA si è ripromesso di completare e francamente senza alcuna logica il mostrare il cadavere del migrante che viene riconosciuto dalla madre sul tema del fiore, con un effetto emozionale praticamente nullo. Il finale anziché nella plaza de toros viene collocato nell’ambito del Dia de los Muertos una festa messicana che esprime il sincretismo tra la cultura precolombiana, atzeca in particolare, e il cattolicesimo importato dagli spagnoli all’epoca della conquista. Carmen stessa porgerà a don Josè il pugnale con il quale dovrà ucciderla in una sorta di rito sacrificale che deve compiersi forse per volere del fato o forse in ricordo dei sacrifici umani degli atzechi per i quali il destino delle anime dei morti era definito dalle modalità del trapasso e non dai comportamenti tenuti in vita. Il punto debole di tutta la concezione dello spettacolo sta proprio nel voler forzare un testo a esprimere concetti ad esso estranei. Non è questione di affermare se l’attuale presidente degli Stati Uniti esplicitamente nominato in un comunicato radio che viene diffuso tra un atto e l’altro ci sia simpatico o meno o ancora, di voler aprire una discussione sul tema se gli americani abbiano ragione o torto nel voler respingere gli immigrati messicani che per altro vengono raffigurati in modo tutt’altro che accattivante, ai limiti dell’irriguardoso. Trasporre la vicenda sul piano del nostro quotidiano contingente ad un livello di cronaca di telegiornale le sottrae magia ed energia drammatica spostando impropriamente l’accento più sui temi di ordine generale che il regista vuole ribadire nell’interesse delle masse che ne sarebbero afflitte, piuttosto che sulla vicenda degli individui che le dovrebbero incarnare oltretutto attingendo ad un registro espressivo più alto, conferendole una dimensione universale. Il contrasto poi con i colori, le atmosfere e perfino i profumi evocati dalla musica resta spesso stridente e quando questi vengono trovati sembrano fuoriuscire dalla sola sapiente mano del direttore. Emblematica di questa incongruenza di fondo, la sostanziale estraneità dell’accorata invocazione finale di don Josè dopo rito sacrificale che avrebbe appena compiuto uccidendo Carmen, priva di ogni commozione e tale da sembrare essere eseguita più per la completezza della partitura che non per senso drammaturgico e, ci teniamo a precisarlo, nonostante l’ottimo interprete scritturato.
Sul versante musicale viceversa, veramente molto bella la lettura offerta dal maestro Jesùs Lopez-Cobos per scelta dei tempi, colori espressivi, ritmo della narrazione e capacità di accompagnare le voci sostenendole sempre senza mai coprirle. Di particolare poesia è risultato l’intermezzo tra il secondo ed il terzo atto nonostante gli inevitabili limiti insiti nelle esecuzioni all’aperto in termini di sonorità, amplificazione e rapporto buca-palcoscenico. Buone le prove del corpo di ballo e del coro, quest’ultimo molto impegnato in termini di movimenti scenici. E veniamo agli interpreti vocali. Nel ruolo eponimo Veronica Simeoni ha cantato la parte nonostante il trucco di scena la rendesse ben poco seducente con grande raffinatezza vocale sia pure con qualche prudenza negli acuti estremi, purtroppo messa lievemente in secondo piano da una recitazione molto onerosa e forse pertanto non adeguatamente valorizzata. Nel ruolo di don Josè il tenore Roberto Aronica ha mostrato tutta la necessaria tenuta vocale della parte, risolta però probabilmente per scelta di regia un po’ troppo a senso unico nel solo sottolinearne il lato maschilista, violento e pusillanime. Splendida Micaela è stata Rosa Feola per musicalità, dolcezza del canto e timbro vocale. Buono ma vocalmente un po’ monocorde l’Escamillo di Alexander Vinogradov. Funzionali allo spettacolo e molto professionali tutti gli interpreti delle parti minori rispettivamente Daniela Cappiello (Frasquita), Anna Pennisi (Mercedes), Alessio Verna (Dancario), Pietro Picone (Remendado) Timofei Baranov Morales del progetto “Fabbrica”, sui quali spicca lo Zuniga di Gianfranco Montresor per spessore vocale e cifra interpretativa. Alla fine della lunga serata applausi per tutti. Foto Yasuko Kageyama