Ricordando George Gershwin (1898 – 1937). Parte 4: “Un americano a Parigi” (1928) e Variations on “I got rhythm” (1934)

A 120 anni dalla nascita
An American in Paris (Un Americano a Parigi), poema sinfonico

Allegretto grazioso, Più moderato, Tempo di Blues, Allegro, Grandioso, Moderato con grazia, Grandioso di coda
Durata: 17’ca
Un Americano a Parigi è la musica più moderna che io abbia mai scritto. La parte iniziale si sviluppa alla maniera di Debussy, benché le melodie siano originali. Il mio assunto consiste nel riprodurre le impressioni di un viaggiatore americano che passeggia per Parigi ascoltandone i suoni e i rumori e assorbendo l’atmosfera della Francia. Ma c’è molta libertà, e chi ascolta può leggere nella musica tutte le immagini che preferisce”.
Così lo stesso Gershwin sintetizzò il contenuto di questo suo poema sinfonico nell’elaborato e dettagliato programma che egli scrisse insieme con il compositore e critico musicale Deems Taylor per la prima esecuzione avvenuta il 13 dicembre 1928 alla Carnegie Hall di New York sotto la direzione di Walter Damrosch. Nonostante l’ambientazione francese, i primi abbozzi di questo poema sinfonico, commissionato a Gershwin dalla New York Philharmonic Orchestra, furono stesi in patria prima che il compositore si recasse a Parigi, dove sarebbe giunto nel mese di marzo  1928 per trascorrervi un lungo periodo di vacanza insieme alla sorella Frances, al fratello Ira e alla moglie di quest’ultimo Leonore. Nella sua valigia il compositore aveva portato con sé gli abbozzi di questo poema con l’intenzione di completarne la stesura nella capitale francese, dove, però, ormai all’apice del successo arrisogli grazie alla Rhapsody in Blue e al Concerto in fa, si trovò coinvolto in una serie di impegni mondani. La trionfale accoglienza riservata dal pubblico dell’Opéra proprio al Concerto in fa contribuì a fare di Gershwin uno dei personaggi maggiormente contesi dai salotti mondani parigini. Distratto, quindi, dal suo lavoro di composizione, Gershwin decise, allora, di fuggire dalla vita mondana e di stabilirsi per un breve periodo a Vienna dove, all’Hotel Bristol, trovò la pace necessaria per completare la stesura della versione pianistica di Un americano a Parigi, alla cui orchestrazione attese soltanto nella capitale francese dove rientrò in gran segreto. Gershwin era convinto, infatti, che solo il contatto diretto con la vita, i colori e l’atmosfera di Parigi gli avrebbe consentito di riprodurli efficacemente nella partitura in cui non mancano nemmeno elementi onomatopeici ottenuti con l’uso di quattro trombe di automobile perfettamente inserite in un organico particolarmente ricco e ricercato negli impasti timbrici.
In questa partitura Gershwin, nonostante abbia cercato di ricondurne la struttura a una forma-sonata indicando le tre sezioni (esposizione, sviluppo e ripresa) forse perché eccessivamente preoccupato di confermare l’immagine di compositore classico già data con il Concerto in fa, ha realizzato con rara efficacia il programma nel quale sono descritte le impressioni maturate da un giovane yankee nelle sue passeggiate per le strade della capitale francese. Il poema sinfonico si apre con un tema gaio con il quale è ritratta la passeggiata del giovane americano per gli Champs-Elysées in una mattinata di sole, mentre gli echi dei clacson evocano il traffico della metropoli. Dopo esser sfuggito a malapena alle macchine, il giovane si rifugia in un Café, accolto dagli echi di una vecchia canzone affidata ai tromboni. Poco dopo, accompagnato, prima, da un tema affidato ai clarinetti e, poi, da una melodia del corno inglese, il nostro giovane yankee giunge di fronte al Grand Palais per poi immergersi nelle stradine del Quartiere Latino. Qui una giovane prostituta, balbettando qualche parola in inglese, tenta un approccio in un seducente assolo dei violino; il giovane, dopo qualche tentennamento, fugge, ma è preso, poi, da una forte nostalgia della sua patria che si esprime nel grandioso blues della sezione centrale (Tempo di blues). L’incontro improvviso con un suo compatriota riporta la serenità, contraddistinta da ritmi di charleston che ritornano anche nel grandioso e gaio Finale dove vengono ripresentati, insieme ai clacson delle automobili, tutti i temi già esposti in questa affascinante e divertente partitura.

Variations  on “I got rhythm” (Variazioni sul tema “I got rhythm”) per pianoforte e orchestra
1.Introduction and Theme
2.Variation 1: Moderato
3.Variation 2: Allegretto (Valse triste)
4.Variation 3: Allegretto giocoso (Chinese variation)
5.Variation 4: Allegretto. Andantino
6.Variation 5: Allegro
Durata: 9’ca
Dedicata al fratello maggiore Ira, “I got rhythm” Variations (Variazioni sul tema I gotrhythm) per pianoforte e orchestra formano una serie di 5 variazioni composta da Gershwin nel 1934, in appena tre settimane, durante una vacanza a Palm Springs, per un tour di concerti con la Leo Reisman Orchestra come alternativa alla Rhapsody in blue e al Concerto in Fa. Completate il 6 gennaio 1934 dopo il ritorno del compositore a New York ed eseguite per la prima volta con l’orchestra il 14 gennaio a Boston sotto la direzione di Charles Previn, “I gotrhythm” Variations si collocano tra i lavori più maturi ed interessanti di Gershwin che si accostò ai linguaggi e agli stili dei maggiori compositori europei dell’epoca come Ravel, Stravinskij, Schönberg e Berg.
La composizione si apre con l’esposizione del tema, tratto dall’omonima canzone “I Got Rhythm” del suo musical Girl Crazy; si tratta di un suggestivo motivo pentatonico, affidato inizialmente al clarinetto a cui risponde, con una leggera variazione in cui il tema è realizzato in arpeggi, il pianoforte. All’esposizione del tema seguono le cinque variazioni: la prima si caratterizza per una scrittura pianistica particolarmente virtuosistica; la seconda è un Valse triste, nel quale il tema è presentato a valori larghi; la terza è una suggestiva Chinese variation che si distingue per le ricercate scelte timbriche; la quarta è divisa in due parti di andamento diverso, Allegretto e Andantino, e la quinta, infine, è una pagina brillante.