“L’Orfeo ed Euridice” di Gluck torna all’Opera di Roma

Teatro dell’Opera di Roma – Stagione Lirica 2018/2019
“ORFEO ed EURIDICE”
Azione teatrale in tre atti libretto di Ranieri de’ Calzabigi
Musica di Christoph Willibald Gluck
Orfeo CARLO VISTOLI
Euridice  MARIANGELA SICILIA
Amore  EMOKE BARATH
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Gianluca Capuano
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Regia Robert Carsen
Scene e costumi  Tobias Hoheisel
Luci Robert Carsen e Peter Van Praet
Nuovo allestimento in coproduzione con Thèatre des Champs-Elysées, Chateau de Versailles Spettacles, Canadian Opera Company
Roma, 19 marzo 2019
Assente dalle scene del Teatro dell’Opera di Roma dal 1968, ma con una storia esecutiva certamente illustre anche se non frequente (Besanzoni, Klose, Stignani, Barbieri, Kozma per fermarsi solamente agli interpreti del ruolo del protagonista), l’Orfeo ed Euridice di Gluck torna nel programma della stagione in corso nella sua prima versione approntata per il Teatro di Corte di Vienna del 1762 per celebrare l’onomastico dell’imperatore Francesco. La scelta di questa versione rientra nella evidente volontà del direttore e del regista di ritrovare la sintesi, l’organicità e la linearità della concezione teatrale gluckiana, forse un po’ diluite nella successiva versione parigina. E proprio in questa prospettiva la scelta di eseguire l’opera tutta di seguito senza intervalli, risulta vincente in termini di tensione emotiva, concentrazione e di continuità narrativa. La regia affidata a  Robert Carsen immerge la vicenda in una modernità senza tempo, nella quale Orfeo non più musico e artista ma semplicemente prototipo di una umanità sofferente, dapprima  per l’inaccettabile, ingiusta perdita della sposa amata, poi per le difficoltà imposte dalle modalità del  ricongiungimento ed infine per la seconda e ancor più dolorosa perdita, trova proprio in Amore la ragione  non solo per impersonare il modello di virtù coniugale ma soprattutto per esorcizzare l’angoscia della morte  e della separazione dall’oggetto amato. Lo spazio scenico di base è immutato nei tre atti, non è ingombro di personaggi o macchine teatrali ma contiene solo gli elementi naturali di base come terra, aria, acqua e fuoco che grazie ad un sapiente gioco di luci definiscono la sepoltura di Euridice del primo atto e poi nei successivi gli inferi e i campi Elisi. Tutta la narrazione è affidata alla musica, al testo poetico ed alla curatissima recitazione dei tre personaggi e del coro senza altri elementi di distrazione o perturbazioni di sorta, con una singolare e coinvolgente unitarietà complessiva quasi ad anticipare la apollinea purezza delle linee del neoclassicismo.  Sul versante musicale, alla guida dell’orchestra il maestro Gianluca Capuano, sulla stessa lunghezza d’onda, offre una lettura musicale assai pulita sia nel suono che nell’orchestrazione, senza indugi o particolari abbandoni ma attenta a mantenere il ritmo della narrazione sempre vivo nel rispetto e anzi nella valorizzazione delle forme e delle proporzioni dell’architettura della composizione. Molto buona la prova del coro diretto dal maestro Roberto Gabbiani sia per quanto riguarda il timbro ed il fraseggio che i movimenti scenici. Assolutamente in linea con questa scelta interpretativa infine è parsa l’idea di affidare la parte del protagonista al colore vocale di un controtenore, il cui timbro naturale ben si sposa con l’essenzialità e la linearità evidentemente cercate sia sul versante  musicale che scenico. Straordinariamente calato nella parte, Carlo Vistoli ci consegna un Orfeo sinceramente segnato dal dolore e dalla umana sofferenza con una voce dal timbro gradevole e ricco di armonici specialmente nel medium e nel registro acuto, una dizione impeccabile unita ad una non comune ed elegante musicalità e ad una recitazione misurata, composta e commovente. Mariangela Sicilia, Euridice, realizza il proprio personaggio con uguale bravura sia sul versante musicale che scenico, rendendone tutti i vari aspetti emotivi con voce dal timbro dolcissimo e elegante fraseggio.  Meno personale ma sempre su un livello decisamente buono Emokhe Baràth nei panni di Amore. Alla fine lunghissimi, calorosi e meritati applausi per uno spettacolo che ha saputo condensare in un coinvolgente crescendo emozioni, eleganza e raffinatezza. Foto Fabrizio Sansoni