Georg Friedrich Händel 260 – Roberta Invernizzi: “Queens”, Händel Opera Arias

George Frideric Handel: Scherza in mar la navicella ” (Lotario); “Se mai turbo il tuo riposo” (Poro, re delle Indie);No che servire altrui “, “Traditore, traditore” (Berenice, regina d’Egitto); Ouverture, “Piangerò la sorte mia”, “Tu la mia stella sei”, “Da tempeste il legno infranto”, “Che sento, oh Dio…Piangerò la sorte mia” (Giulio Cesare in Egitto); Sinfonia, atto 3, “Scoglio d’immota fronte” (Scipione); “Ah, mio cor, schernito sei” (Alcina); “Qual torrente” (Giustino). Roberta Invernizzi(soprano), Accademia Hermans, Fabio Ciofini (direttore). Registrazione: Solomeo, Teatro Cucinelli, aprile 2016. T.Time:78.02 1 CD Glossa GCd922904

Roberta Invernizzi
è stata fra i soprani italiani fra quelle che si è impegnata con più regolarità nel repertorio barocco – e anche precedente come attestano alcuni affascinanti incontri con la musica rinascimentale – sviluppandone una conoscenza tecnica ed espressiva che teme pochi confronti. Il presente CD Queens dedicato alle regine di Händel conferma a pieno la compiuta famigliarità con questo repertorio. Ad accompagnare la Invernizzi troviamo il complesso Accademia Hermans diretto da Fabio Ciofini che suona con altrettanto rigore stilistico e con una leggerezza e una luminosità che letteralmente illuminano i brani di gusto più galante mentre quando il tono si accende un po’ più di fuoco non sarebbe stato sgradito.
Il programma proposto non è dei più originali, si tratta di arie nell’insieme molto note – come l’ampia selezione dal “Giulio Cesare in Egitto” – originariamente pensate per Francesca Cuzzoni e Anna Maria Strada del Pò ma sono sempre brani molto belli e che si ascoltano con piacere vista la qualità dell’esecuzione.
La Invernizzi emerge nel canto espressivo. L’ottima dizione – così difficile da ottenere in questo tipo di vocalità – la cura degli accenti e del gioco dei colori trovano la loro realizzazione più compiuta proprio nelle grandi pagine dolenti come “Se pietà di me non senti” o la grande scena di “Alcina” – che regina non sarebbe ma si perdona facilmente la forzatura vista la qualità della registrazione – che per ricchezza e intensità espressiva rappresenta il momento migliore della registrazione o “Se mai turbo il tuo riposo” da “Poro, re dell’India” uno dei brani di più raro ascolto presenti nella selezione.
A voler essere pignoli bisogno riconoscere che il timbro della Invernizzi non è fra i più seducenti con i suoi riverberi a tratti metallici e che una certa fissità si nota negli acuti e nelle note tenute – anche se in questi casi può trattarsi di specifiche scelte stilistiche – ma si tratta di elementi marginali che vengono presto dimenticati durante l’ascolto.
Altrettanto riusciti sono i brani di gusto più leggero e galante resi con una grazia e un senso di gioia nel far musica di certo coinvolgenti e che trascinano al loro meglio anche gli strumentisti. “Scoglio di immota fronte”da “Scipione” con i suoi suggestivi effetti ambientali o il trionfale florilegio di agilità di “Quel torrente” dal “Giustino” si esaltano nell’esplosione di un canto agilissimo e nitido, capace di muoversi con grazia assoluta nelle più rutilanti cascate di note che fa perdonare anche l’assenza di una maggior eroicità che queste musiche potrebbero evocare.
Convincono meno – più per scelte interpretative che per qualità esecutive – i brani più scopertamente drammatici dove l’eleganza di fondo non compensa in piena l’assenza di una maggior forza drammatica (“Traditore, traditore” da “Berenice”) anche se è innegabilmente suggestivo, e altrettanto spiazzante, ascoltare un “Da tempeste il legno infranto” così aereo e sorridente, così ironicamente leggero.