Massa Marittima, Festival Lirica in piazza 2019: “La Bohème”

Massa Marittima (GR), Piazza Garibaldi – 34° Festival Lirica in Piazza “LA BOHÈME”
Opera in quattro quadri su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, dal romanzo Scenès de la vie de bohème di Henri Murger
Musica di Giacomo Puccini
Rodolfo RAFFAELE TASSONE
Mimì ALEXANDRA GRIGORAS
Marcello HIBIKI IKEUCHI
Musetta ABENAUARA GRAFFIGNA
Schaunard ALBERTO ZANETTI
Colline CARLO DI CRISTOFORO
Benoît/ Alcindoro ANGELO NARDINOCCHI
Parpignol GUIDO BERNONI
Segente dei doganieri EMILIO DESSÌ
Un doganiere DOMENICO MAGLIONI
Orchestra sinfonica Europa Musica
Coro Lirico Italiano
Coro di voci bianche dell’Istituto Comprensivo “Don Curzio Breschi”
Direttore Claudio Maria Micheli
Maestro del coro Renzo Renzi
Regia Sandro Corelli
Scene Giovanni di Mascolo
Costumi Sartoria Teatrale PIPI
Produzione Impresa Europa Musica
Massa Marittima (GR), 03 agosto 2019
È giunta alla trentaquattresima edizione il festival “Lirica in Piazza”, che il comune di Massa Marittima organizza, portando l’opera nel cuore del borgo medievale maremmano, accanto al magnifico duomo che ne domina la piazza principale. Non ci si può esimere, in primis, dal riconoscere all’iniziativa un enorme valore intrinseco, che pare, data la longevità della manifestazione, essere chiaramente riconosciuto dal pubblico: occorre dunque seguire esempi come questo, e continuare a portare l’opera anche fuori dai teatri, per renderla più accessibile senza sminuirne la portata culturale. Il festival di quest’anno si apre con uno dei più classici titoli pucciniani, “La bohème”, e, com’è naturale le attese sono tante, sia per un titolo “invernale” portato in scena in piena estate, sia per un’opera impegnativa dal punto di vista musicale. Il risultato che si è potuto visionare è stato, sotto questo aspetto, discontinuo: la bacchetta del maestro Claudio Maria Micheli ha saputo ben tenere le fila della brava orchestra sinfonica Europa Musica, senza strafare, ma nemmeno tralasciando gli aspetti più intensi della partitura; i suoni sono apparsi benissimo misurati, e la scena ha tenuto quasi sempre il passo della buca. Alexandra Grigoras, (Mimì), tralasciando qualche incertezza interpretativa nel primo atto, ha senza dubbio dato il meglio di sé nell’ultimo quadro, curando bene il fraseggio, con un bell’uso di mezzevoci e filati; anche il duetto del terzo quadro l’ha messa ben in luce, evidenziandone la precisione della linea di canto e la grazia nel porgere. Meno convincente la Musetta del soprano spagnolo Abenauara Graffigna: il canto appare poco proiettato, incolore, e questo toglie brillantezza e vivacità al personaggio. Raffaele Tassone (Rodolfo) ha fornito una performance di certo al di sotto delle proprie capacità: il tenore calabrese (elogiato in passato anche dal maestro Riccardo Muti) non era evidentemente in serata, e ha affrontato il ruolo con scarsa incisività e una linea di canto tesa; l’indiscutibile musicalità dell’interprete e il colore pulito della voce rimangono. Accanto a lui, di conseguenza, è emersa la buona prova del Marcello di Hibiki Ikeuchi: il baritono giapponese è dotato di voce importante, calda e nobile, linea di canto espressiva. Ha saputo mettere queste doti totalmente al servizio di un personaggio spesso sottovalutato. Molto espressivo anche lo Schaunard di Alberto Zanetti, sonoro, ben scandito; vocalità disomogenea per proiezione quella che ha dato a Colline il basso Carlo di Cristoforo, che, comunque, riesce a essere efficace in  “Vecchia zimarra”. Pregevole l’apporto, nel doppio ruolo di Benoît e Alcindoro, del veterano Angelo Nardinocchi, che sa accattivarsi il pubblico anche grazie alle sue spiccate doti comiche, oltre che per lo spessore della voce. Il coro dà una prova di coesione soddisfacente, anche se viene pesantemente penalizzato da una scena angusta. L’apparato creativo (la regia è curata da Sandro Corelli) è senz’altro l’anello più debole di questa produzione, per ragioni di impostazione scenica e di spazi vitali: nel secondo quadro il coro è costretto all’immobilità, così come tutto il resto del cast. L’unico quadro che sembra essere stato costruito cum grano salis è il quarto, dove, infatti, tutti i cantanti, più sereni, danno il meglio di sé nelle loro possibilità. Auguriamoci che un esperimento di teatro tanto buono nei propositi, e che anche musicalmente cerca di non tralasciare nulla, possa trovare anche sotto l’aspetto visivo maggiori equilibrio e cura, ben consci della pesante iconicità dell’opera. Il pubblico in piazza – non gremita, purtroppo – offre applausi generosi agli interpreti.Foto Bruno di Marcello Pepe