Ludwig van Beethoven (1770-1827): “Christus am Öelberge” (“Cristo sul Monte degli ulivi”), op. 85 (1803)

Oratorio per soli, coro ed orchestra su testo di Franz Xaver Huber
Introduzione –
Recitativo e aria (Gesù): «Meine Seele» – Recitativo e aria (Serafino): «Preist des Erlösers» – Recitativo e duetto (Gesù e Serafino): «So ruhe denn» – Recitativo (Gesù): «Wilkommen, Tod» – Coro dei soldati – Recitativo (Gesù): «Die mich zu fangen» –Coro dei soldati –Recitativo (Pietro.e Gesù): «Nicht ungestraft» –Terzetto (Serafino, Gesù, Pietro): «In meinen Adern» – Coro: «Welten singen» – Coro degli angeli: «Preiset hin». Il testo dell’Oratorio

Composto nel 1803 in poche settimane e completato lo stesso giorno della prima esecuzione, se dobbiamo dare credito a quanto affermato dal suo allievo e assistente Ferdinand Ries il quale, convocato di buon mattino, trovò Beethoven ancora a letto che correggeva le parti del trombone, Christus am Ölberge è l’unico oratorio scritto dal compositore di Bonn. Composto su un libretto di Franz Xaver Huber, l’oratorio, fu eseguito in un lungo concerto, tenuto il 5 aprile 1803 al Theater an der Wien, il cui programma proponeva anche la prima e la seconda sinfonia, il terzo Concerto per pianoforte e orchestra e altre composizioni vocali che furono però tagliate. Nonostante tali tagli, le prove di questo concerto sarebbero state, comunque, estenuanti per i musicisti se il principe Karl Lichnowsky non avesse provveduto a dei rinfreschi a patto che, però, l’oratorio fosse provato ancora una volta. In questo modo il Principe si era assicurato che tutto andasse bene ed effettivamente per Beethoven la serata fu abbastanza proficua dal punto di vista economico dal momento che i biglietti gli fruttarono un incasso soddisfacente. I pareri dei critici furono però contrastanti e, se il critico della «Zeitung für die Elegante Welt’s» rilevò la presenza di «alcuni passi degni di ammirazione», quello di un’altra rivista, le «Freymüthige Blätter», lo definì « troppo artificioso nella struttura e mancante di espressione soprattutto nella parte vocale».
In questo lavoro, Beethoven, lungi dall’utilizzare il testo liturgico della Passione, ne mise in musica uno completamente nuovo nel quale Gesù, solo nell’orto del Getsemani, viene visto in tutta la sua umanità. Oppresso dall’angoscia, Gesù invoca, infatti, il Padre (Jehovah! Du! Mein Vater! /  Jehova, tu, mio Padre!) che gli invia un Serafino, il quale, dopo aver lodato, nella sua aria Preist des Erlösers Güte (Lodate la bontà del Redentore), il Redentore, conforta il Cristo nel duetto Gröss sind die Qual, die Angst, die Schrecken (Grandi sono la tortura, l’ansietà e il timore). Al sopraggiungere dei soldati, venuti per arrestare Gesù, solo Pietro si dichiara pronto a difenderLo perfino con la spada. Gesù lo invita a lasciare la spada nel fodero e si avvia verso il Calvario, mentre un coro di angeli intona un inno di osanna alla Sua gloria.
Musicalmente, questa partitura, che fu pubblicata da Beethoven nel 1811 presso l’editore Breitkopf & Härtel di Lipsia non  prima di aver apportato ad essa delle modifiche, si presenta come una forma di prova generale del Fidelio per il carattere grandioso dello stile che, però, trova accenti sinceri e di intenso lirismo soprattutto quando rappresenta il dolore del Cristo.