Opera in tre atti su libretto proprio. Prima rappresentazione:Monaco, Nationaltheater, 21 giugno 1868.
I Maestri Cantori di Norimberga ebbero il loro battesimo a Monaco, il 21 giugno 1868. Wagner nutri nella mente l’opera per anni e anni – fin dal 1845, in cui stese il primo abbozzo – ma incomincio a lavorarvi attivamente nel 1861, quando, nei mesi di novembre e dicembre, porto a termine il testo poetico. Il 24 ottobre 1867 aveva composto tutta la partitura. Nel marzo, mentre gli mancavano trecento pagine circa, per le quali a suo giudizio “gli occorreva ancora cento giorni di tranquilla perseveranza”, esprimeva senza false modestie al suo mecenate, Luigi II di Baviera, la ferma convinzione che i Maestri Cantori fossero un capolavoro. La medesima affermazione ripete più tardi, allo stesso Luigi II, il 14 ottobre 1868: “la sera della prima rappresentazione ha segnato il vertice della mia carriera artistica e umana “. Aveva lavorato in uno stato di commozione perenne, tanto da confessare alla Wesendonck che, assai spesso, “non riusciva a condurre innanzi il lavoro, perché loro sopraffacevano il riso o il pianto”. Successivamente, non sono mancati critici, soprattutto in Germania, esaltano in un giudizio di merito, I Maestri Cantori alla Tetralogia, al Tristano, al Parsifal.
Certo è che in quest’opera, definita “spiccatamente realistica”, il dramma si realizza, di qua del mito e della leggenda, nella precisa descrizione di una realtà quotidiana di vita:quella dei pacifici cittadini di Norimberga, nella Germania del ‘500. Bisogna entrare nella conoscenza viva di questo capolavoro wagneriano per ammirare non soltanto la prodigiosa creatività poetica e musicale, ma la capacità di caratterizzare, di tipizzare tutti i personaggi, ogni figura di questa straordinaria commedia. Sarà una mano mossa da geniale cattiveria ad assegnare i tratti ridicoli di Beckmesser, il pedante “marcatore “che è nota sulla lavagna gli errori commessi dai “Maestri “nei tornei di canto. Quella stessa mano sarà capace di disegnare il volto delicato di Eva (la figlia dell’orafo, promessa in sposa dal padre, al vincitore del torneo) e la figura del giovane Walther von Stolzing, che avrà la meglio nella difficile gara. Ma il grande personaggio di quest’opera è Hans Sachs, il poeta-calzolaio che incarna la tradizione non pedantesca, aperto alle nuove voci della poesia.
Questa figura, è noto, Wagner la trasse dalla storia (1494-1576), arricchita di nuovo umanità: innamorato segretamente di Eva, Sachs quando si accorge che la fanciulla ama il giovane Walther, rinuncia lei, con sorridente saggezza. Wagner che, in ogni pagina aggiunse al pentagramma una riga autobiografica, adombrerà, in Walther, se stesso. Stolzing, difatti, è il rivoluzionario, è l’ardente poeta che soltanto dall’insegnamento di Sachs apprender il rispetto delle “sacre regole”, ereditate dai “Maestri”. D’altro canto, vedrà se stesso anche nel poeta-calzolaio. Ma, la rinuncia di Sachs a Eva, e dunque all’amore, Wagner non la mise in pratica. Se il distacco da Mathilde von Wesendonck lo aveva spinto, in una notte veneziana, vicino al suicidio, all’epoca dei Maestri Cantori Wagner non saprà dimenticare l’amore per Cosima Liszt. Alla prima rappresentazione dell’opera, seguirono a Monaco cinque repliche. Dopo l’ultima, il musicista e ritornò a Triebeschen: e qui lo raggiunse Cosima, abbandonando per sempre il marito Hans Von Bülow che aveva diretto i Maestri Cantori con l’ardore di un fedele discepolo.