Riccardo Muti, la contemporaneità del classico. Le vie dell’amicizia 2020: da Pæstum a Palmira

Le vie dell’amicizia 2020: concerto per la Siria
Dedicato a Hevrin Khalaf (1984-2019) e a Khaled al-Assad (1932-2015)
Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, Syrian Expat Philharmonic Orchestra
Direttore  Riccardo Muti
con la partecipazione di Aynur Doğan  
Ludwig van Beethoven: Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore, op. 55 “Eroica”
Parco Archeologico di Paestum, 5 luglio 2020
E’ stata la sua prima volta: Riccardo Muti ha diretto l’ Orchestra Cherubini nel Parco Archelogico di Pæstum, alle pendici del maestoso Templio di Poseidone, stringendo in un abbraccio ideale, senza tempo, il classico, la storia, quello spirito magno-greco di cui Egli è frutto ed esegeta al tempo stesso, alla nostra contemporaneità dolente. Cita Pascoli il Maestro, introducendo al pubblico il concerto, quel mondo “atomo opaco del male” da volgere, dice Muti, con la musica, in “atomo splendente del bene”. E nella cornice straordinaria di questo contesto archeologico unico, amato da Goethe e da tutti quei ‘tedeschi’ viaggiatori del mondo, risuonano le note di Beethoven, l’ Eroica. E ci sentiamo pronti a rinascere e a vincere, con coraggio, uno dei momenti più oscuri dei nostri tempi. Da Pæstum, dopo Ravenna, corre dritta e sicura la via dell’ amicizia, verso Palmira, la regina del deserto, città simbolo di quest’anno (la prima ‘tappa’ nel 1997 fu Sarajevo) a ricordarci la violenza subíta, ingiustificata ed ingiustificabile. Due siti archeologici straordinari, espressioni superstiti di una cultura che ci appartiene e che rivendichiamo contro il nulla della violenza. Si ricordano due nomi: lo storico direttore del sito siriano, l’archeologo Khaled Al-Asaad, ucciso per aver difeso e protetto la cultura della sua terra e la attivista per i diritti delle donne, Hevrin Khalaf, uccisa per aver difeso e protetto la cultura della sua gente. La musica ricucisce il male, sutura le ferite, lenisce gli affanni. Così l’Orchestra Cherubini accoglie alcuni di quei rifugiati siriani, alcuni strumentisti della Syrian Expat Philharmonic Orchestra, esuli in fuga e dà loro nuova patria. Una nuova casa. Con loro la cantante curda Aynur Doğan e la pittrice Zehra Doğan, reduce dalla performance in diretta a Ravenna: vita, tradizione, sofferenza di un popolo, e di donne, perseguitato.
E’ difficile definire quello di ieri sera un concerto in senso stretto. E’ stato qualcosa di più. Certamente, data anche la prossimità ai Templi – e la presenza (discreta) di molte personalità presenti a ricordarci che viviamo (ancora) in una Società civile –  è parso più un rito, un rito entro cui è stato celebrato un culto: il culto della amicizia, certo, il culto della fratellanza e il culto del classico, declinato goethianamente, tra oriente ed occidente. Non poteva essere perciò programma migliore, iconico, a rappresentare questo spirito, che Beethoven. La sinfonia “grande” ( la più ampia, fino alla comparsa della Nona) ci è riapparsa, ha colpito pensarlo, colpisce scriverlo, rinnovata, restaurata, ‘pulita’, dal ‘pennello’ di Riccardo Muti: il “grandiosamente calmo” del primo movimento, in partitura, quel fiorire di temi che si rincorrono, è una primavera dell’ anima, che procede a passi sicuri, in un incedere gagliardo, incoraggiante, giovane  – come i ragazzi della Cherubini – perciò anche divertito; la concertazione di Muti restituisce quell’ abbandono lirico, quel senso di morte che precede la nuova vita – così meravigliosamente pronunciato, declamato, l’ intervento dei contrabbassi nella Marcia funebre – lo slancio catartico, verso il  sovvenire. E’ un trionfo di classicità il movimento finale, mendelssohnniano per più di un aspetto, prometeico, appunto, che il Maestro conduce, al di là della non facile ambientazione acustica del sito, con impeccabile resa sonora, ai fasti del trionfo. Un dono concesso agli uomini. La musica riscalda i cuori, è vero, ma induce anche il riflettersi dei pensieri. Così, alla fine del concerto, ci sentiamo tutti più speranzosi e vicini, pur nelle distanze da COVID-19 rigorosamente rispettate, nei riguardi di un rinnovato eroismo, quello che ci appartiene e che alligna, giorno dopo giorno, in ognuno di noi. Foto Silvia Lelli