“Rigoletto” al Circo Massimo di Roma

Teatro dell’Opera di Roma – Opera al Circo Massimo 2020
“RIGOLETTO”
Melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave
dal dramma Le Roi s’amuse di Victor Hugo.
Musica di Giuseppe Verdi
Il Duca di Mantova IVAN AYON RIVAS
Rigoletto ROBERTO FRONTALI
Gilda ROSA FEOLA
Sparafucile RICCARDO ZANELLATO
Maddalena MARTINA BELLI
Giovanna IRIDA DRAGOTI*
Il Conte di Monterone GABRIELE SAGONA
Marullo ALESSIO VERNA
Matteo Borsa PIETRO PICONE
Il Conte di Ceprano MATTEO FERRARA
La Contessa di Ceprano ANGELA NICOLI
Usciere di Corte LEO PAUL CHIAROT
Paggio della Duchessa MARIKA SPADAFINO
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Daniele Gatti
Maestro del coro Roberto Gabbiani
Regia Damiano Michieletto
Scene Paolo Fantin
Costumi Carla Teti
Movimenti coreografici Chiara Vecchi
Luci Alessandro Carletti
Regia camera live Filippo Rossi
* diplomata “Fabbrica” – Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma
Nuovo allestimento del Teatro dell’Opera di Roma
Roma, 18 luglio 2020
La pandemia da Covid tuttora in corso non ha permesso fra le molte altre cose la realizzazione della prevista stagione operistica alle Terme di Caracalla. Il Teatro dell’Opera di Roma con uno sforzo organizzativo encomiabile ha pensato quindi di allestire un palcoscenico nello spazio archeologico del Circo Massimo per consentire la realizzazione di uno spettacolo d’opera e di alcuni concerti, soprattutto con l’intento di voler dare un segnale si ripresa ad un settore come quello dello spettacolo così pesantemente danneggiato dalle restrizioni imposte dalle necessarie norme igiene e profilassi. La scelta del titolo è caduta su Rigoletto di Verdi affidato alla direzione di Daniele Gatti in un nuovo allestimento del regista Damiano Michieletto pensato anche in base alle necessarie norme di distanziamento sociale.
La serata è stata concepita nell’ottica di ridurre al massimo i tempi tecnici e le possibilità di assembramento e così la scena è stata unica per i tre atti con due soli intervalli brevi nei quali tra l’altro il pubblico veniva esortato a non muoversi dai posti assegnati. All’ingresso misurazione della temperatura e fila molto ordinata, ben coordinata dal personale predisposto dal teatro. La platea era ben costruita per permettere una ragionevole distanza fra gli spettatori posizionati da soli o in coppia a seconda della necessità. Insomma si è avuta la chiara impressione che sia stato messo in atto tutto quanto ragionevolmente necessario per permettere lo svolgimento dello spettacolo in sicurezza a dimostrazione del fatto che con le dovute precauzioni i teatri e il mondo dello spettacolo potranno iniziare a rivivere, aspetto fondamentale in una situazione nella quale fare previsioni sull’andamento della pandemia risulta difficile ed è quindi necessario imparare a convivere e relazionarsi con essa, con spirito per certi versi simile a quello della generazione dei nostri nonni e genitori che andava all’opera e ai concerti in tempo di guerra.
Michieletto ambienta la vicenda dell’opera in un immaginario mondo della malavita, una sorta di parcheggio di periferia con una grande giostra, varie automobili e una roulotte parcheggiate, nel quale ovviamente le spade e gli acciari del testo sono sostituite da fucili e pistole messe anche in mano a Gilda, le donne sono tutte prostitute e i costumi non consentono alcuna possibilità di identificazione dei personaggi, neppure dei protagonisti. La recitazione ed i movimenti scenici sono stati chiaramente e saggiamente impostati in modo da evitare contatti ravvicinati fra gli interpreti. Particolarmente disturbante per l’ascolto della musica ma anche per la fruizione della parte visiva è parsa viceversa la scelta di collocare un enorme schermo in alto sul fondo del palcoscenico nel quale venivano proiettate in diretta le immagini di scena riprese da due cameramen in continua azione sul palco per mostrare primi piani dei cantanti, particolari che dalla platea non si sarebbero mai potuti cogliere ed altri aspetti televisivi intervallati a immagini di ricordi e proiezioni di pensieri del protagonista realizzati con una brutta veste grafica che richiamava quelle gigantografie un po’ sgranate che si acquistano nei centri commerciali e che è possibile ammirare in certe sale d’aspetto o in capo al letto di camere d’albergo di infimo ordine in luogo del crocefisso ormai bandito in nome del politically correct.. Inoltre tecnicamente vi era qui e là una impercettibile sfasatura di sincronia tra lo schermo e la scena e calamitati dal grande schermo si era portati istintivamente più a guardare in alto che in basso con la sensazione alla fine che vedere lo spettacolo dalla platea o da casa in televisione non facesse una così grande differenza.Il maestro Daniele Gatti dirige l’orchestra dell’Opera con un particolare nitore nella concertazione e varietà nella scelta dei colori ma con scelte dei tempi talvolta difficilmente comprensibili, con scarso spazio per le pause, gli applausi e con una evidente volontà di tirare dritto verso il finale, scelta probabilmente valida per il tipo di serata ma non sempre vantaggiosa per la musica e l’azione drammatica. Inoltre è stata scelta la versione critica della University of Chicago del 1983 per cui niente brutti ed esecrati acuti e sovracuti di tradizione, puntature, cadenze, corone e quant’altro e nel terzo atto, a rinforzo del trash e della volgarità caso mai ve ne fosse bisogno, il duca dice “una stanza e tua sorella” in luogo di “una stanza e del vino” con l’impressione della stessa compiaciuta provocatorietà di un adolescente alle prese con le prime parolacce.Buona la prova del coro diretto dal maestro Gabbiani.Nel ruolo eponimo il baritono Roberto Frontali conferma la sua ottima conoscenza della parte e le sue straordinarie doti di attore con i limiti già rilevati nell’ampiezza del registro acuto che però non inficiano una più che buona interpretazione complessiva. Nei panni del Duca di Mantova il tenore Ivàn Ayòn Rivas ben assolve al suo compito con giusto squillo, buon fraseggio e qualche difetto di appoggio nel finale di alcune frasi. Eccellente la Gilda di Rosa Feola per omogeneità timbrica fraseggio elegante e analitico, cura della parola scenica e buone doti di attrice. Riccardo Zanellato ripete con successo il suo apprezzato Sparafucile con un bel legato, voce sonora anche nel piano esibito nel duetto e nel registro grave. Molto brave scenicamente la Maddalena impersonata da Martina Belli e ottimo il già apprezzato Marullo di Alessio Verna anche per una non comune capacità di reggere i primi piani sul grande schermo imposti dalla regia. Tutti su un piano di più che buona professionalità sono apparsi gli altri numerosi interpreti. Alla fine lunghi applausi per una esecuzione con alcuni indubbi aspetti di interesse da parte di un pubblico che comunque si sentiva avesse la sensazione di partecipare ad una serata memorabile e non solo sul piano musicale. Foto Yasuko Kageyama