Pëtr Il’ič Čajkovskij (1840 – 1893): “Suite n. 4 in sol maggiore op. 61 Mozartiana” (1887)

Pëtr Il’ič Čajkovskij (Voltkinsk, Urali, 1840 – Pietroburgo 1893)
Suite n. 4 in sol maggiore op. 61 “Mozartiana”

Giga (Allegro) dalla Piccola Giga per pianoforte K. 574 – Minuetto (Moderato) dal Minuetto per pianoforte K. 355-Preghiera (Andante ma non tanto) dalla trascrizione per pianoforte di Liszt  dell’Ave verum corpus K. 618- Tema e variazioni (Allegro giusto) dalle Variazioni per pianoforte su un tema di Gluck K. 455
Conosciuta con il titolo di “Mozartiana” attribuitole dallo stesso Čajkovskij, che decise di non catalogarla insieme alle altre tre suite, essendo questa costituita dall’orchestrazione di quattro brani di Mozart e non un lavoro originale, la Suite in sol maggiore op. 61 “Mozartiana, che, oggi nel catalogo occupa contrariamente alla volontà del compositore il quarto posto tra le composizioni scritte in questo genere, fu composta  nel 1887 come omaggio a Salisburghese in occasione del centesimo anniversario della prima del Don Giovanni che era stato rappresentato a Praga il 29 ottobre 1787.  Eseguita per la prima volta a Mosca nel mese di novembre 1887 sotto la direzione del compositore, questa suite nasce dalla volontà di Čajkovskij di far conoscere e apprezzare alcune opere meno note del genio salisburghese, nei confronti del quale egli aveva una forma di venerazione. Si narra, infatti, che Čajkovskij, di fronte al manoscritto del Don Giovanni, mostratole nella sua abitazione parigina del famoso soprano Pauline Viardot-Garcia che lo aveva acquistato a Londra nel 1855, abbia affermato di essere «in presenza della divinità».

Questo amore di  Čajkovskij per Mozart si riflette nel vero e proprio affetto con il quale il compositore russo ha strumentato questi brani a partire dalla Giga iniziale, orchestrazione della Piccola Giga per pianoforte K. 574, che, composta da Mozart nel 1789 per l’organista Karl Immanuel Engel, al quale è dedicata, costituisce la testimonianza dell’interesse manifestato dal Salisburghese per lo stile “antico” di Bach e di Händel il cui modello appare evidente in questo lavoro. Le tre voci, condotte da Mozart in un rigoroso stile contrappuntistico, vengono spezzate tra gli strumenti da Čajkovskij in frammenti tematici che creano una grande varietà di colori orchestrali senza rompere la continuità del discorso musicale affidato principalmente agli archi.  Piuttosto misteriosa è la genesi del Minuetto per pianoforte K. 355, secondo brano orchestrato da Čajkovskij, del quale non solo non ci è stato tramandato il manoscritto, ma è incerta anche la data di composizione collocata dagli studiosi negli ultimi tre anni di vita di Mozart. Pubblicato nel 1801 presso l’editore Mollo & Co con il titolo Menuetto avec Trio pour le Piano-Forte par W.A. Mozart, et M. Stadler, questo Minuetto è orchestrato con classica eleganza da Čajkovskij nella sola parte composta da Mozart, essendo omesso il  Trio che, oggi in genere non eseguito nemmeno al pianoforte, era stato composto dall’abate Maximilian Stadler, amico di famiglia di Mozart, che aveva aiutato la vedova Constanze nel sistemare e vendere il patrimonio musicale lasciato dal marito dopo la sua morte. Il terzo movimento, Preghiera, è costituito dall’orchestrazione della sola parte mozartiana del brano piuttosto insolito, À la Chapelle Sixtine di Franz Liszt, costituito dalla trascrizione di due composizioni ascoltate dal compositore ungherese nella Cappella Sistina e in particolar modo del mottetto Miserere mei Deus di Gregorio Allegri e dell’Ave verum corpus composto da Mozart a Baden nel pressi di Vienna tra il 17 e il 18 giugno 1791 pochi mesi prima di morire. Questo brano, soprattutto se confrontato con l’originale mozartiano che, scritto per coro misto, orchestra e organo, è una pagina di una bellezza pura, appare, nella versione di Čajkovskij, troppo sentimentale e lussureggiante. Chiude la suite l’elegante e cristallina orchestrazione delle 10 Variazioni in sol maggiore per pianoforte K. 455 sul tema dell’arietta “Unser dummer Pöbel meint” tratta dal Singspiel Die Pilger von Mekka di Gluck che, probabilmente, nate come improvvisazione durante un concerto tenuto nel 1783 da Mozart di fronte all’imperatore Giuseppe II e allo stesso Gluck, all’epoca compositore di corte, furono stese nel 1784 nella loro forma definitiva. In quest’ultimo movimento l’orchestrazione di Čajkovskij appare particolarmente raffinata non solo per il perfetto dominio delle diverse sezioni poste a confronto tra di loro, ma anche per la scelta di valorizzare i timbri orchestrali come si può vedere, per esempio, nella delicata sesta variazione scritta per i soli fiati o nella nona nella quale emerge la voce del violino solista.