Sherrill Milnes: un ritratto

Baritono Sherrill Milnes (Downes Groves, Illinois, 10 gennaio 1935)
Dominando il mondo come il baritono veramente americano, Sherrill Milnes è il più recente di una grande linea che comprende Lawrence Tibet, John Charles Thomas, Leonard Warren, Robert Merrill Cornell Mac Neil – tutti non solo americani, ma verdiani per giunta. La voce di Milnes è grossa e nerboruta, come la sua struttura fisica. Domina il palcoscenico con una spavalderia ed è un’autorità uniche.  Si è specializzato in Verdi, costruendo lentamente il suo repertorio fatto di quelle parti formidabili che vanno dai principi ai conti, dei Dogi ai buffoni e dei padri borghesi. Il critico e drammaturgo George Bernard Shaw si lamentava che Verdi tenessi la voce baritonale a continuare a tuonare nel terzo superiore della gamma, ma è proprio qui che sta la forza di Milnes. C’è perfino un indizio che avrebbe potuto passare alle parti wagneriane di “heldentenor”, il Sigfried e Tannhauser, se avesse voluto. Perché la sua voce va su e giù fino al sole e al sol diesis al la e perfino il si bemolle, dritto dentro al territorio del tenore, con sicurezza. Come Iago, Milnes può tenere testa ai più forti Otelli nel tuo “Sì pel ciel”, in chiusura dell’atto secondo. Letteralmente, la sua brillante cabaletta nel primo atto di Luisa Miller, fece di lui una stella al Metropolitan alla fine degli anni ’60 e da allora ha lasciato il suo segno nel vasto repertorio Verdiano: Macbeth, Ernani, I Vespri Siciliani, Rigoletto, La Traviata, Don Carlo, Un ballo in maschera, Il Trovatore, Aida, La forza del destino, Simon Boccanegra.
Tutte queste figure nobili, turbate, ossessionate, sono ben distanti dalla fattoria dell’Illinois Dove è nato Milnes. Sua madre cantante, pianista, direttrice di coro ed orchestra, era stata sempre attiva nella comunità, insegnando canto e dirigendo il coro punto. Milnes, studiò piano e canto, cantò nel coro tutte le domeniche, e suonò e cantò nei concerti del liceo. Infine andò alla Drake University e si concentrò nel canto perché la sua voce aveva finalmente trovato la sua collocazione. Alla North Western University cominciò a cantare con il Chicago Symphony Chorus di Margaret Hillis. Milnes insegnava a scuola e faceva pubblicità alla radio, avendo un inclinazione per il jazz. Arrivò quindi alla compagnia itinerantei Boris Goldovsky; 53 Masetti del Don Giovanni in tournée, più due estati a Tanglewood ed ancora giri attraverso gli USA. Nel 1961 era con la Baltimora Civic Opera di Rosa Ponselle, come Gerard dell’Andrea Chénier. Questo lo portò a Pittsburgh, San Antonio, Houston, Cincinnati ed un debutto al Teatro Nuovo di Milano nel Barbiere di Siviglia, che precedette il suo debutto alla New York City opera nel Faust seguito da Figaro e Germont.  Poi il 1965 lo portò al Metropolitan ancora con Faust e da quel momento ha letteralmente regnato nello spazio del baritono;  non solo come verdiano ma anche nel Don Giovanni, Pagliacci, Andrea Chénier, La dama di picche, Eugene Onegin, Lohengrin, Das Rheingold e la prima mondiale del Lutto si addice ad Elettra di Levy. L’Europa segui l’esempio con acclamati debutti a Londra, Salisburgo, Milano e altrove.

Milnes è conscio della sua immagine, di costruirla e di colpire il suo pubblico. Si tiene sempre in ottima forma fisica. Ha l’aspetto dell’eroe impetuoso e ne recita la parte. È conscio del dosaggio delle forze nel fare un nuovo ruolo, della vendita dei biglietti, degli onorari, della pubblicità. “Una parte dell’essere un cantante d’opera,” ha detto, “è di lanciare sul mercato un prodotto. Io vendo un prodotto commerciale nel mondo dell’opera. Vendo un suono che è, secondo le regole normali, un suono piacevole, non un insolito che richieda un repertorio insolito. So cantare cose normali e cose francesi. Semplicemente provo a fare ciò che dozzine, centinaia di baritoni hanno fatto per anni, eccetto che  provo a farlo meglio “. Crede nel raggiungere il pubblico di massa nei suoi concerti programmando musica che sia accattivante e accessibile a tutti.  “La musica è prima di tutto emotiva non intellettuale non c’è bisogno di avere una laurea universitaria per capirla, basta lasciare che ti si riversi sopra, ed il tuo corpo reagirà. La posizione tradizionale, del recital tende a mantenere un vigore il sistema delle caste. Non venite troppo vicini, gente, il mio accompagnatore ed io siamo nel nostro piccolo mondo. Oppure programmi “esoterici” che allontanano l’esecutore del pubblico. Questo è un suicidio. Non credo che l’unico scopo della musica sia di educare la gente, comunque. A mio modo di pensare, ciò ha una priorità molto bassa. La comunicazione è tutto “. E Milnes comunica, fa balzare la gente in piedi per applaudire, per acclamare. (Robert M.Jacobson, “Gente dell’Opera, 1982)