Sergej Sergeevič Prokof’ev ( 1891 – 1953): “Sinfonia n. 1 “Classica” in re maggiore op. 25” (1918)

Sergej Sergeevič Prokof’ev (Sonzovka, Ekaterinoslav, 1891 – Mosca 1953)
Sinfonia n. 1 “Classica” in re maggiore op. 25
Allegro con brio-Larghetto-Gavotta, Non troppo allegro-Finale, Molto vivace
“Caro Njamočka, vi mando i miei saluti da Čerdyn, ma dato che le vostre cognizioni geografiche sono troppo rudimentali, per farvi sapere dove si trova, ve ne fornisco una descrizione: è presso l’affluente del Kama, a 1300 verste dalla foce. Qui il Kama è selvaggio, vergine e straordinariamente bello con le sue rosse sponde montagnose, dagli ombrosi rami di conifere siberiane. Sto strumentando il mio Concerto per violino e sto terminando la sinfonia che voi chiamate puttana” (M.R. Boccuni, Prokof’ev, L’Epos, Palermo, 2003, p. 165)
Con questo poco lusinghiero appellativo Prokof’ev definì con una certa ironia, in questa lettera del mese di maggio 1917 indirizzata all’amico Mjaskovskij, la sua Prima sinfonia, alla cui composizione egli attese nell’estate dello stesso anno in un periodo non certo facile per la Russia e per il mondo, scossi entrambi dall’immane tragedia della Prima Guerra Mondiale; in Russia, impegnata nella guerra contro gli imperi centrali, si  stavano già manifestando, inoltre, i primi segni di quei rivolgimenti politico-sociali che da lì a pochi mesi avrebbero portato alla rivoluzione d’ottobre, alla definitiva caduta del regime zarista e alla conquista del potere da parte di Lenin e dei comunisti. In queste difficili circostanze nacque la Sinfonia n. 1 che Prokof’ev preferì più finemente chiamare classica per essersi ispirato allo stile di Haydn, come egli stesso non mancò di sottolineare nella sua autobiografia, nella quale ricordò con una certa dovizia di particolari anche le circostanze della sua composizione:
“Trascorsi l’estate del 1917 nei dintorni di Pietrogrado, completamente solo, a leggere Kant e a lavorare. Di proposito non portai il pianoforte nella dača, in modo da provare a comporre senza. Fino ad allora avevo composto di solito al pianoforte, ma avevo notato che il materiale tematico scritto senza lo strumento spesso era qualitativamente migliore […] Mi ero appassionato all’idea di scrivere un’intera sinfonia senza pianoforte. Doveva avere un colore orchestrale pulito. E così nacque il progetto di una sinfonia che avesse lo stile di Haydn, dato che la tecnica di questo compositore mi era diventata in un certo senso assolutamente chiara, dopo il lavoro svolto nella classe di Čerepnin e in quella situazione a me familiare era più semplice avventurarsi in mare aperto senza pianoforte. Mi pareva che se Haydn fosse vissuto fino ai giorni nostri avrebbe conservato il suo modo di scrivere, ma allo stesso tempo sarebbe stato sensibile al nuovo. Desideravo comporre una sinfonia così: una sinfonia in stile classico. E quando cominciò a prendere forma la chiamai Sinfonia classica: in primo luogo era più facile; secondariamente perché volevo usare monellerie per “stuzzicare le oche” e infine nella speranza segreta che in fin dei conti avrei vinto io se la Sinfonia fosse sembrata così classica. La composi passeggiando nei campi e nello stesso tempo lavorando all’orchestrazione del Concerto per violino op. 19. Il primo tema era stato composto già nel 1915 e dopo non ebbi mai i rimpianti che altri lavori avrebbero potuto mescolarsi, tornando “all’inizio sognante del concerto per violino”. A poco a poco nell’estate del 1917 la musica venne composta e il concertino divenne un concerto e nella stessa estate 1917 terminai la partitura. Nella Sinfonia classica prima di tutto composi la Gavotta. In seguito, ma era già pronto dal 1916, il materiale per il primo e per il secondo movimento. Ma in quel 1917 restava ancora da fare un lavoro considerevole. Nel Finale sottolineai la prima versione con tutti i materiali e ne composi una nuova, ponendomi come compito che fossero assenti accordi in minore. Quando la musica della Sinfonia classica fu terminata e l’orchestrazione avanzata, mi venne in mente di scrivere una miniatura della Sinfonia classica e di dedicarla a Djagilev per la sua preoccupazione relativa al mio stile russo” (Ivi, pp. 165-166)
Parole chiare che evidenziano come l’ispirazione di questa Sinfonia sia derivata al compositore dalla sua perfetta conoscenza delle sinfonie di Haydn il cui studio aveva intrapreso quando frequentava il corso di direzione d’orchestra tenuto da Čerepnin. La prima esecuzione della Sinfonia, avvenuta il 21 aprile 1918 a Pietroburgo sotto la direzione dell’autore, fu un trionfo e rappresentò un’importante occasione per Prokof’ev che, proprio quella sera, poté fare la conoscenza di Anatolij Vassiljevič Lunačarskij, primo Commissario del Popolo per la Cultura del neonato regime sovietico, il quale alla richiesta del compositore di poter espatriare rispose:
“Voi siete un rivoluzionario in musica e noi lo siamo nella vita: sarebbe bene poter lavorare insieme. Ma se voi desiderate partire, io non ve lo impedirò”.
Può apparire forse singolare che un compositore come Prokof’ev, sempre attento alle sperimentazione di nuovi linguaggi musicali e definito da un esponente del neonato regime un rivoluzionario in arte, abbia scelto di affidarsi alle solide forme classiche per questo suo primo lavoro sinfonico. Forse la scelta di Prokof’ev fu dettata dalla volontà di reagire alla difficile situazione politica aggrappandosi proprio a quelle forme classiche nelle quali vedeva una garanzia di stabilità se non altro nell’arte. Nonostante ciò, anche in questo lavoro, composto senza l’ausilio del pianoforte e per un organico orchestrale che riproduce quello delle londinesi di Haydn,  Prokof’ev non rinunciò a qualche interessante novità che, a suo giudizio, avrebbe introdotto anche lo stesso Haydn se fosse vissuto in quel periodo.

L’ispirazione haydnniana appare evidente già nel primo movimento, Allegro con brio, in forma-sonata che, aperto da un gesto imperioso, presenta uno sviluppo particolarmente ridotto, estremamente vicino allo stile dei lavori sinfonici che precedettero la grande rivoluzione beethoveniana. Un carattere fresco e scintillante presentano i due temi come del resto tutto questo primo movimento. Una grazia tutta settecentesca informa il secondo movimento, Larghetto, dalla struttura tripartita A-B-A1, che si distingue per un tema cantabile affidato ai primi violini. La novità più eclatante della sinfonia, rispetto alle forme classiche scelte da Prokof’ev, è senza dubbio costituita dalla settecentesca Gavotta, che il compositore avrebbe riutilizzato successivamente nell’opera Romeo e Giulietta, in luogo del tradizionale minuetto, mentre il Finale, Molto vivace, è una pagina fresca e scintillante.