Frans Jozef Krafft (1727-1795): Missa di Requiem (1765-66)

Franz Jozef Krafft (Bruxelles, 27 luglio 1727 – Gand, 29 dicembre 1795)
Frans  Joseph Kraff, nato a Bruxelles il 27 luglio 1727, ebbe la fortuna di crescere in un ambiente artistico: il padre Jan Laurens (1694-1768) poeta, scrittore e incisore, illustrava da sé e stampava i libri che scriveva, ma editava anche musica. I  musicisti più celebri del tempo frequentavano casa Krafft in veste di amici. Dopo qualche anno di apprendistato, Frans parti per l’Italia con lo scopo di completare la sua conoscenza e risiedette probabilmente presso Francesco Durante.
Il soggiorno Italia fu fruttuoso: ottenne un premio di composizione per il suo Salmo “In convertendo Dominus”. Nel 1760, divenne Maestro di Cappella e organista della Chiesa del Grand Béguinage a Louvain. Nel 1763 ebbe successo con l’opera comica “il finto astrologo” rappresentata per la prima volta a Bruxelles. Sfortunatamente, solo l’ouverture è arrivata fino a noi. Parallelamente, compose un numero considerevole di Messe, Salmi, mottetti e compose anche un libro di sonate per pianoforte di cui soltanto qualche pagina è sfuggita la distruzione: si tratta, se non proprio della più antica musica per il nuovo strumento alla moda, una delle più vecchie.
Nel 1768 ottenne il posto di Maestro alla cattedrale di Gand. Accettando questa situazione, egli rinunciava alla Gloria musicale con cui la capitale è la città universitaria potevano ancora crescere la sua fama: per conto alla cattedrale di Gand gli offriva una Corale e un’orchestra, che contava fino a 45 elementi. Il  suo stile, tutto improntato dalla lucidità delle armonie ridotte dal classicismo all’essenziale, conoscerà nel periodo di Gand una evoluzione verso una polifonia classica che emanava lo spirito della vera musica chiesastica.
Il  23 agosto 1794, Franz dette le dimissioni e lascio l’incarico. Era  già ammalato?  Negli ultimi giorni dell’anno, già presagio della prossima fine decise di iniziare un’ultima composizione, “In exitu Israel de Egypto”. Era il 29 dicembre. Morirà il 13 gennaio 1795. La  sua opera era sparsa in tutte le chiese principali delle provincie nordiche. la sua musica risuonava dappertutto, ma dopo le guerre napoleoniche essa scomparve lentamente. Solo a Gand si continuava a cantare la musica  del venerato maestro di cappella, finché nel 1914 la guerra fece disperdere i  complessi della cattedrale. La  lunga tradizione si interruppe definitivamente e fu l’oblio totale.
Nel 1952, Herman Roelstraete scoprì  i numerosi manoscritti, il cui valore artistico l’affascinò  al punto che da allora coi suoi scritti e con le sue esecuzioni si è dedicato a far rivivere il nome e l’arte di un compositore ingiustamente dimenticato, benché uno dei più eminenti delle Province fiamminghe.
Alla fine della Missa di Requiem l’autore scrisse: “finis 1765”, ma all’inizio del 1766, riprese il  lavoro, aggiungendo le “Commendationes animae” con i  canti da eseguire attorno al sarcofago.  Una dozzina di volte l’autore usa un’intonazione Gregoriana, e per questo non ha troppo drammatizzato la sua polifonia – come si farà più tardi – sugli antichi testi della Messa. Egli esegue dunque lo spirito dei canti gregoriani, che evidenziano un maggior senso di consolazione, che non quello dell’estrema tristezza. Ma nel “Dies irae” nella “Commendationes animae”, lo stile pur restando religioso, diviene a ragione più drammatico. In particolare la sensibilità di questa “Commendationes animae” raggiunge un  grado molto umano, profondo e commovente.
All’ascolto attento  di questo Requiem si troverà qua e là una frase, un tempo e un passaggio che gli ricorderà il Requiem di Mozart, che quel tempo aveva circa 10 anni. Queste coincidenze sono dovute al caso?  Si deve supporre che i testi abbiano evocato nei due compositori una tematica analoga? Forse Mozart padre e figlio hanno visitato la chiesa del Grand Béguinage in occasione del loro passaggio, per vedere le tele degli antichi pittori fiamminghi (tuttora in questa Chiesa), e durante questa possibile visita hanno ascoltato la Corale cantare, senza che Léopold  ne faccia menzione nelle sue lettere ? E forse i temi assopiti nel subcosciente di Wolfgang  si risveglieranno al momento in cui egli ne ebbe bisogno?  Que
sto non è del tutto impossibile.