Leopold Stokowski (1882-1977): “Le mani espressive di un direttore” (2)

Leopold Stokowski (Londra, 18 aprile 1882 – Nether Wallop, 13 settembre 1977)
L’arte di ascoltare
“Vi sono tutt’ora molto posizioni verso la musica contemporanea. Un amico, uomo educato intelligente mi racconta che la musica s’è fermata con Mozart e che Beethoven ha poi sciupato ogni cosa e che  da allora nessuna cosa è buona”. Questi preconcetti lo fanno soffrire. Stokowski dice giustamente che la musica moderna possiede quel ritmo che fa parte della velocità e dell’irregolare pulsare della vita dei tempi moderni: “Essa non può possedere la tranquillità della musica del XVIII secolo. E  poi si tratta di saperla ascoltare. Ascoltare è un’arte così come è un’arte suonare uno strumento, cantare, guidare bene l’automobile o pilotare un aereo. Meglio si fanno queste cose è maggiore è il godimento che se ne ottiene. Non si dimentichi che quanto più l’ascoltatore dà alla musica, tanto maggiore è il dono che ne riceve “. Stokowski ha sacrificato gran parte della vita a insegnare come si ascolta la musica. Nel 1909 quando fu chiamato alla direzione dell’orchestra di Cincinnati, istituì i “Lectures Concert” (cicli di concerti a scopo didattico); nel 1933 fondò i “Concerti della gioventù” destinati ai giovani  tra i 15 e i 25 anni e nel 1940 portò un’orchestra dei giovanissimi esecutori negli Stati Uniti, in Canada e nel Sud America.
Ricordare tutto quello che ha fatto Stokowski è impossibile. Oltre a essere stato il direttore della Philadelphia Orchestra lo è stato di quello di Houston e della Filarmonica di New York. Consigliere durante la seconda  guerra mondiale delle bande delle Forze Armate americane e nel 1944 è il 1945 invitato dal sindaco di New York, Fiorello La Guardia, a dirigere stagioni di concerti popolari. In Inghilterra è tornato soltanto nel 1951 dopo più di quaranta anni di assenza.
Leopold Stokowski è senz’altro tra i musicisti che nel loro repertorio hanno incluso opere di tutte le epoche, di tutti gli stili e di tutti i paesi. Nel 1927 è andato in India a studiarne la musica e la possibilità di trascriverla per orchestra. Quelle strane melodie eseguiti dagli indigeni con la vina (specie di liuto a sette corde metalliche) oppure con i campanelli con l’accompagnamento di tamburi lo affascinano come un preludio di Bach. Trascrivere una nenia indiana oppure una passacaglia bachiana lo impegna allo stesso modo. Ama qualsiasi spettacolo in cui entra la musica. Il cinema ad esempio. Indimenticabile Fantasia di  Disney (1939) e in Carnegie Hall (1947), ai quali arrivò scandalizzando e irritando i “puristi”.
Con questi film contribuì a diffondere le partiture dei grandi maestri a milioni di spettatori di tutto il mondo. Si interessa inoltre alle nuove tecnologie  di incisione discografica e studi per raggiungere nelle  trasmissioni radio la maggiore grado di fedeltà. Gli è stato riconosciuto uno straordinario acume matematico, elettronico e acustico appunto nei riguardi dell’aspetto tecnico del suono. Ma egli nega modestamente che si tratti di acume. Dice che è pura “ostinazione”. Non deve meravigliare se, come è stato affermato , il suo Bach è eccitante, il suo Mozart troppo elegantemente insincero e Beethoven fondamentalmente diverso da quello di  un Bruno Walter. Stokowski  è troppo pieno di vitalità per sottostare a tradizioni e a schemi accademici. La sua esuberanza di sentimenti e di affetti si rivelata anche nella vita privata. Si è sposato tre volte: la prima con la pianista e musicologa Olga Samaroff da cui ha divorziato nel 1923. il secondo matrimonio con Evangeline Brewster Johnson durato undici anni, del 1927 al 1937. Infine sposò, nel 1945, Gloria Vanderbilt. E chi non ricorda il suo grande amore per Greta Garbo, che aveva conosciuto nel 1930 a Hollywood, e che ebbe il suo momento più romantico a Ravello. Stokowski a ottantacinque anni  non si è stancato di girare il mondo. Nell’estate 1968 a Copenaghen, al Festival Musicale Danese, ha espresso il desiderio di visitare le rovine di Gurre, ossia i luoghi ai quali si è ispirato Jacobsen nei Gurre lieder musicati da Arnold Schoenberg. Sotto le nuove impressioni, Stokowski è certo di poter interpretare con maggior poesia la monumentale composizione di Schoenberg. Speriamo che ce la possa offrire presto, magari in una di quelle sali nelle quali chiede di esibirsi al buio quasi completo, tale da ricordargli le improvvisazioni giovanili  sull’organo di Saint James a Londra. (Fine– estratto da “Le mani espressive di un direttore” di Luigi Fait – 1968)