Milano, Teatro alla Scala: “Theodora”

Milano,  Teatro alla Scala, Stagione lirica 2020/21
“Theodora”HWV68
Oratorio in tre parti HWV68 (1750) per soli, coro e orchestra su libretto di Thomas Morell.

Musica di Georg Friedrich Händel
Theodora LISETTE OROPESA

Irene JOYCE DiDONATO
Septimius MICHAEL SPYRES
Valens JOHN CHEST
Didymus PAUL-ANTOINE BÉNOS-DJIAN
Messenger MASSIMO LOMBARDI
Orchestra e Coro “Il Pomo d’Oro”
Direttore e clavicembalo Maxim Emelyanychev
Esecuzione in forma di concerto

Milano, 20 Novembre 2021 
Il Teatro alla Scala si è assicurata una tappa del tour che i complessi corali e strumentali “Il Pomo d’Oro” stanno effettuando in alcune capitali europee, con l’oratorio l’handeliano Theodora. Nei nostri teatri, ma pure nelle nostre sale da concerto, è occasione rarissima ascoltare questi capolavori e quando ciò avviene è quasi sempre prodotto d’importazione. Il Pomo d’Oro ci presenta invece un prodotto perfetto con un insieme strumentale giovane ed eccellente. Gli strumentisti sono al  massimo livello con tecnica è sopraffina. Il coro di 16 elementi, 4 per ognuna delle 4 voci, risuona in teatro con la precisione da grande massa corale.
Maxim Emelyanychev, 33 enne direttore russo, da più di 10 anni fa parte del gruppo che regge con sensibile fermezza. La sua concertazione è  essenziale,  vivissima nella tensione del racconto e flessibile nell’accompagnare con estrema adesione il  canto. In accordo con il carattere dell’eroina protagonista la sua visione è di una condivisa e felice purezza. Il cast è di spicco. Già Handel era attentissimo a questo aspetto delle sue rappresentazioni, ne curava con preoccupazione e dedizione la realizzazioni  e la riuscita che doveva  sopravvivere e necessariamente essere redditizia altrimenti si chiudeva, come già  avvenne con il King’s Theater di Haymarket e l’opera italiana a Londra. Tornando al nostro cast, primeggia, con ben 6 arie e 3 duetti e con un oneroso numero di recitativi,  il soprano americano Lisette  Oropesa nelle vesti di Theodora. Voce lirico-leggera di bello smalto e di grande sensibilità. Forse, come tutte le martiri, un po’ “monodirezionale”, con un la grande soavità che vuole conquistare anche i cuori di pietra. Se vogliamo, forzatamente e di malavoglia, trovare una macchia in questo candido vestito virginale ci imbattiamo nella fissità di alcuni acuti (giustificabili forse per aderire a una prassi esecutiva che esclude il vibrato?) . Aspetto, eleganza e portamento sono comunque adeguati alla qualifica di protagonista. Nella coppia dei martiri c’è Dydimus, il controtenore Paul-Antoine Bènos-Djian, che con 5 arie e 2 duetti è, per impegno, subito dopo Theodora. Il timbro non è ammaliante e il non essere di madrelingua lo penalizza con una “u” troppo invadente che turba il fraseggio. La tecnica è buona e la voce suona  naturale, esente dall’artificiosità fastidiosa di molti falsettisti. Irene, (5 arie 1 duetto), ovvero la grandissima Joyce DiDonato ritornata in Scala dopo l’Elena e l’Octavian dell’11 e il concerto del’13. Gran signora in scena e grande voce dal timbro e dalla tecnica da mattatrice. Recitativi scolpiti, arie cesellate e sfumate con mille colori. C’è chi ritiene che “As with rosy steps the morn …” (scena IV dell’atto 1° sia il punto più alto dell’oratorio), ascoltata da lei, trattenute le lacrime, non ci sono dubbi. Gli applausi si scatenano. Come non concordare e non associarsi? L’altro nome forte della serata, reduce da recenti trionfi discografici e dai relativi battages pubblicitari, Michael Spyres è Septimius (4 arie), il ligio soldato romano dal cuore tenero. Per il baritenore del momento i suoi panni vanno un po’ stretti e ne penalizzano velleità e capacità. Tutto dentro al rigo, certo non può sfoggiare il suo acclamato registro acuto. Scolpiti i recitativi e, da attore navigato, la presenza scenica. Calorosi applausi ne salutano ogni aria. Il “cattivissimo” (fatica a esserlo, secondo noi) Valens (4 arie),  il biondissimo americano John Chest  dalla bella e corretta voce baritonale, di buona scuola. Unica voce italiana della serata Massimo Lombardi, membro del coro e messaggero nella sua unica aria ha messo in luce la  sua bella voce tenorile. Il coro è protagonista di spicco.  Non ripetiamo quanto detto in apertura per lodare la qualità della sua prestazione. Ha preso piede l’abitudine di allestire scenicamente gli oratori, tenendo in conto dei costi e della rarità di regie decenti (e sopportabili), non da ultimo, di quanto rappresenta di per sé la musica di Handel: la forma concertante non manca di nulla. Teatro gremito e pubblico prodigo di applausi anche dopo le arie.