Bergamo, Teatro Donizetti: “L’elisir d’amore”

Bergamo, Teatro Donizetti, Festival Donizetti Opera 2021
“L’ELISIR D’AMORE”
Melodramma giocoso in due atti su libretto di Felice Romani da “Le philtre” di Eugene Scribe
Musica di Gaetano Donizetti
Adina CATERINA SALA
Nemorino JAVIER CAMARENA
Belcore FLORIAN SEMPEY
Dulcamara ROBERTO FRONTALI
Giannetta ANAÏS MEJÍAS
Maestro delle cerimonie MANUEL FERREIRA
Orchestra Gli Originali – Coro Donizetti Opera
Direttore Riccardo Frizza
Maestro del coro Fabio Tartari
Regia Frederic Wake-Walker
Scene Federica Parolini
Costumi Daniela Cernigliaro
Luci Fiammetta Baldiserri
Bergamo, 5 dicembre 2021
L’elisir d’amore” l’opera più nota, più rappresentata, più amata di Donizetti riproposta all’interno del festival sembrava una scelta fin troppo banale, una concessione al grande pubblico che quasi tradiva il senso stesso del festival. Invece è stata una scommessa vinta. Quello visto a Bergamo è stato un “Elisir d’amore” diverso da quanto si è soliti ascoltare, capace di farci scoprire un altro volto di un’opera pur così conosciuta.
L’opera è stata eseguita non solo nella sua totale integralità compresa la seconda parte del quartetto con coro del II atto comprensiva delle circa dieci battute recuperate da Zedda a Parigi ma anche con la proposta della grande scena di bravura di Adina “Ah l’eccesso del contento” composta nel 1839 per la ripresa parigina con Fanny Tacchinardi Persiani monche alcune varianti su cadenze e variazioni recuperate dai manoscritti dell’autore.
La parte musicale è stata affidata all’orchestra Gli Originali che come dice il nome suona rigorosamente su strumenti d’epoca che danno un colore e una tinta assolutamente originale alla partitura. Rispetto alle più pulite sonorità delle orchestre moderne qui si ascoltano sonorità meno nitide, più rustiche e dirette che si sposano alla perfezione con le atmosfere dell’opera. Riccardo Frizza sfrutta al meglio tutte le possibilità offerte fornendo una lettura brillantissima,  coinvolgente e in cui il più assoluto rigore filologico si è perfettamente sposato con una vitalità teatrale irresistibile.
Ottima la compagnia di canto. Javier Camarena è uno dei tenori di punta della scena attuale e purtroppo rarissime sono le sue presenze sui nostri palcoscenici. Il debutto bergamasco era quindi l’occasione per valutarlo dal vivo e le attese non sono andate deluse. Voce nitida, luminosissima, che si muove con la più assoluta naturalezza in tutta la gamma, dizione italiana molto buona. Quello che incanta più di tutto è la qualità del legato, il controllo del fiato, la musicalità naturalmente impeccabile. Culmine della prestazione “Una furtiva lagrima” – eseguita nella recuperata versione in sol minore con le variazioni scritte di pugno da Donizetti – eseguita con un’essenzialità espressiva assoluta, un canto purissimo e perfetto assolutamente emozionante nel suo rigore.
È nata una stella? La domanda è più che legittima di fronte alla prova di Caterina Sala. La cantante lombarda ha solo ventun anni ma ha mostrato una qualità tecnica e una personalità da  veterana. La voce è agile, squillante, sorretta da un controllo sul fiato impeccabile che le permette di muoversi con estrema naturalezza fino agli estremi acuti. L’esecuzione di “Ah l’eccesso del contento” – che nota grazie all’incisione in studio con Joan Sutherland – fa di Adina un’autentica prima donna belcantista e la Sala supera tutte le difficoltà della parte senza mostrare la minima incertezza. Sul palcoscenico si muove con una sicurezza da artista consumata e non è difficile prevedere per lei un futuro radioso.
Ottimo il Dulcamara di Roberto Frontali tolto da ogni stereotipo comico e reso nella sua natura sostanzialmente cinica. Il tono caramelloso con cui turlupina i paesani nasconde un personaggio freddo e calcolatore e proprio per questo ancora più incredulo dell’apparente successo del suo elisir. La voce è più da autentico baritono che da basso-baritono ma è ancora ricca e sonora. L’ottima dizione e il gesto misurato e incisivo completano un ritratto di prim’ordine.
Florian Sempey è un Belcore di giovanile gagliardia vocalmente e scenicamente. Bel timbro di baritono chiaro, voce sonora e scorrevole, innegabile presenza scenica caratteristiche perfette per il vanesio sergente. Interessanti le variazioni eseguite nella cabaletta del duetto con Nemorino. Anaïs Mejiás è una godibile Giannetta.
L’allestimento di Frederic Wake-Walker è un omaggio a Bergamo e alla sua voglia di reagire dopo i tragici mesi dell’epidemia che hanno duramente colpito la città. La vicenda si svolge di fronte al teatro Donizetti e nella piazza antistante. Il coro e Giannetta indossano all’inizio abiti dimessi dal taglio vagamente anni 50 che si fanno più colorati con il procedere dell’opera, simbolo di una voglia di vivere che ritorna a sbocciare. I costumi dei personaggi principali sono invece tradizionali e molto colorati con un tocco felliniano per Nemorino, quasi una versione maschile della Gelsomina de “La strada” il cui assoluto candore diventa cartina di tornasole per tutti coloro che lo circondano.Il resto è abbastanza convenzionale, una regia godibile e leggera che si abbandona al racconto con gioia senza inutili complicazioni. Lo spettacolo è stato preceduto da una rappresentazione di burattini nel piazzale del teatro che introduceva all’opera. All’entrata gli spettatori ricevuta una bandierina con il testo di “Cantiam, facciamo un brindisi” trovavano sul palco un maestro di cerimonie – Manuel Ferreira – con il quale veniva fatta una piccola prova del coro. All’inizio del secondo atto il pubblico era chiamato a sventolare le bandiere e a cantare insieme al coro il brano citato – per altro con esiti migliori del prevedibile – partecipazione di un’intera comunità al bisogno di riappropriarsi dei propri spazi sociali e della propria dimensione collettiva. Foto Gianfranco Rota