Torino, Teatro Regio: “Norma”

Torino, Teatro Regio, stagione d’opera e balletto 2022
“NORMA”
Tragedia lirica in due atti su libretto di Felice Romani dalla tragedia “Norma, ou L’infanticide” di Louis-Alexandre Soumet.
Musica di Vincenzo Bellini
Norma GILDA FIUME
Pollione DMITRY KORCHAK
Oroveso FABRIZIO BEGGI
Adalgisa ANNALISA STROPPA
Flavio JOAN FOLQUÉ
Clotilde MINJI KIM
Orchestra e coro del Teatro Regio di Torino
Direttore Francesco Lanzillotta
Maestro del coro Andrea Secchi
Regia Lorenzo Amato
Scene Ezio Frigerio
Costumi Franca Squarciapino
Luci Vincenzo Raponi
Video Antonio Stellone
Torino, Teatro Regio, 26 marzo 2022.
Norma” è tornata più volte nel corso degli anni sul palcoscenico del Regio, nelle ultime riprese con la produzione molto bella di Alberto Fassini; in quest’occasione si è decisa di cambiare la parte scenica importando dal San Carlo di Napoli lo spettacolo di Lorenzo Amato, produzione anch’essa d’impianto tradizionale e dal taglio kolossal che ha ottenuto la più sincera approvazione del pubblico.
La regia di Amato in verità è apparsa piuttosto carente con movimenti stereotipati e scarso lavoro sugli attori di solito lasciati a se stessi e alla loro sensibilità individuale. Quello che s’impone è la forza visiva dell’impianto scenico del compianto Ezio Frigerio che il teatro non ha perso occasione di commemorare nell’occasione. Quello di Frigerio è un allestimento che fonde in modo magistrale tradizione e innovazione. La prima nelle scelte estetiche e di ambientazione rispettose del contesto del libretto – pur con qualche spruzzata fantasy – il secondo nel raffinato uso delle proiezioni e degli artifici scenotecnici. All’interno di una quinta di rovine architettoniche e alle spalle di un palco popolato da pochi ed essenziali elementi scenici il fondale con le sue proiezioni è il vero è protagonista. Gli elementi dominanti sono le sacre foreste e le quinte rocciose della casa di Norma. Le prime vedono un progressivo degradarsi con il procedere della vicenda, i danni della guerra già percepibili all’inizio si fanno palesi nel secondo atto dove la distruzione e gli incendi hanno ormai devastato quei luoghi – ricordiamo che è Pollione stesso a promettere “Arderò le rie foreste” – cui fa da contrasto la calma ancora incontaminata del tempio. Molti gli effetti di grande suggestione come la protome lateniana ingigantita che rappresenta lo scudo di Irminsul che si amplia fino a occupare l’intero spazio visivo, manifestazione della presenza del Dio o il grande incendio che tutto avvolge nel finale con suggestioni da “Gotterdammerung”. I costumi di Franca Squarciapino partecipano perfettamente al clima sospeso tra storia e saga dello spettacolo.
Francesco Lanzillotta al debutto torinese offe una prova più che apprezzabile. In primo luogo il direttore esegue l’opera integralmente e con i da capo variati nelle cabalette. Il direttore raggiunge un buon equilibrio tra intensità drammatica e rigore stilistico, riuscendo a non cadere in una lettura troppo romantica della partitura anche nei momenti più concitati. Il gioco delle dinamiche è ricco con un voluto contrasto tra i tempi molto tesi dei momenti marziali e l’allargamento cantabile di quelli più lirici. Lanzillotta mostra un’apprezzabile attenzione al canto e garantisce una piena tenuta del rapporto tra orchestra e palcoscenico. In un’opera che conosce molto bene l’orchestra del Regio si mostra pienamente all’altezza suonando in modo preciso e attento, come sempre molto valida la prestazione del coro che sotto la guida di Andrea Secchi ha pienamente mantenuto gli alti standard cui eravamo abituati.
Il cast è complessivamente apprezzabile anche se è proprio la protagonista a destare qualche perplessità. Gilda Fiume è una giovane cantante dotata di buone qualità e in crescita, rispetto a “La traviata” della scorsa stagione. La Fiume ha alle spalle una scuola di altissimo livello – la cantante campana e allieva di Mariella Devia – e sul piano tecnico non c’è molto da eccepire. Canto elegante e musicalissimo, linea raffinatamente tornita, perfetto controllo dell’emissione. Forse qualche acuto non è apparso centratissimo ma si trattava di problemi di poco conto. Quello che manca è l’interprete. Norma richiede una personalità e un temperamento che al momento non c’è, è una parte che va vissuta e non solamente ben cantata. La Fiume cerca con intelligenza di valorizzare maggiormente la componente più lirica del ruolo inserendosi al riguardo sulla linea esecutiva della Devia ma questa sapeva anche  mostrare uno scatto da autentica leonessa che la Fiume ancora non possiede. Il grande recitativo “Sediziose Voci” o il duetto con Pollione hanno mostrato questi limiti. La Fiume ci è parsa più addentro nei “rossinismi” dei duetti con Adalgisa e, come abbiamo già detto, nella dimensione lirica del ruolo.  Anche sul piano attoriale le avrebbe giovato un più attento lavoro di regia.
Sorprende in positivo la prova di Dmitry Korchak. Ricordavamo il tenore russo interprete rossiniano con buone doti di agilità ma dal colore un po’ acidulo. La voce in questi anni è maturata e si è fatta più ricca e corposa e la parte è affrontata con sicurezza disponendo di un certo corpo vocale e di acuti di una certa brillantezza. Korchak ha anche il merito offririci un Pollione in chiave prettamente belcantista che recupera il modo di porgere dei baritenori rossiniani senza quelle inflessioni “veriste” sfoggiate da  tanti interpreti.Annalisa Stroppa è una pregevole Adalgisa. Voce calda e morbida ma sempre luminosa, con una freschezza giovanile che non rende troppo matronale il personaggio. La linea di canto è sempre elegante, piena l’aderenza stilistica unite a una piena assimilazione del personaggio di cui coglie ogni sfumatura, dominata dallo slancio vitale di una giovinezza generosa e appassionata. Il quadro risultava pienamente completato dall’eleganza del gesto e della figura.
Fabrizio Beggi (Oroveso) ha una voce di buona qualità, complessivamente efficace, anche se è mancata una maggior morbidezza di canto. Brava la Clotilde di Minji Kim dotata di buon materiale vocale mentre un po’ flebile anche se corretto il Flavio di Joan Folqué.