“Ernani” torna all’Opera di Roma

Teatro dell’Opera di Roma Stagione di Opere e Balletti 2021/2022
“ERNANI”
Dramma lirico in quattro atti libretto di Francesco Maria Piave dal dramma di Victor Hugo.

Musica di Giuseppe Verdi 
Ernani (don Giovanni D’Aragona), il bandito FRANCESCO MELI
Don Carlo, re di Spagna LUDOVIC TEZIER
Don Ruy Gomez de Silva, Grande di Spagna EVGENY STAVINSKY
Elvira, sua nipote e fidanzata ANGELA MEADE
Giovanna, di lei nutrice MARIANNA MAPPA*
Don Riccardo, scudiero del re RODRIGO ORTIZ*
Jago, scudiero di Don Ruy Gomez ALESSANDRO DELLA MORTE*
*dal progetto Fabbrica Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma
Coro e Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Marco Armiliato
Maestro del coro Roberto Gabbiani
Regia scene e costumi Hugo de Ana
Luci Vinicio Cheli riprese da Valerio Alfieri
Movimenti mimici Michele Cosentino
Allestimento del teatro dell’Opera di Roma in coproduzione con Sydney Opera House
Roma, 03 giugno 2022
Ripresa dello spettacolo già proposto con notevole successo nel 2013 questo Ernani di Verdi con la regia le scene ed i costumi curati da Hugo de Hana e in questa occasione la direzione di Marco Armiliato.  La vicenda è immersa in una sorta di capriccio di architettura rinascimentale mobile dal colore del travertino che nei vari atti, scorrendo, crea l’ambientazione richiesta, fatta di bugnati, lesene, timpani che riecheggiano l’esterno della basilica di San Pietro, il futuro Escurial o più semplicemente un ideale palazzo nobiliare o reale dall’aspetto vetusto, segnato dal tempo ed opprimente al quale però manca la contrapposizione con l’ambiente all’aperto delle montagne d’Aragona del primo quadro dal quale si dovrebbe vedere, in opposizione geografica ed ideale, lo spazio chiuso del castello dei Silva. In ogni caso l’effetto visivo è assolutamente emozionante e notevoli sono sia il contrasto cromatico dei costumi sullo sfondo del travertino sia la cura per i movimenti scenici delle masse e dei protagonisti, sempre congrui e mai in contrasto con il fluire della musica e della narrazione. Davvero esemplare la capacità di narrare in modo diretto e lineare la vicenda senza nulla di inutilmente sovrapposto che possa distrarre o distorcere lo scorrere del racconto. Oltretutto una simile ricerca di essenzialità nella recitazione oltre a esaltare la capacità espressiva della musica aiuta anche a rendere più comprensibile una vicenda che, in tempi di relativismo culturale in cui le ragioni dei tolemaici valgono quanto quelle dei copernicani, può di primo acchito apparire astrusa, priva di logica pratica o legata a codici comportamentali superati ma viceversa è espressione del turbamento di una generazione per molti versi non dissimile da quello dei tempi che stiamo attraversando. Splendidi i costumi sia per la cura dei dettagli e sia per l’armonizzazione coloristica.
Vivacissima la direzione del maestro Armiliato il quale a memoria e con piglio energico ma senza mai cadere nel bandistico offre una lettura di quest’opera chiara e teatrale che riesce a creare con il giusto rispetto per le pause l’attesa delle note e amate melodie che la costellano, i colori della malinconia che intride di sè tutta la vicenda o l’emozione trascinante delle strette quando la situazione lo richiede. La versione scelta è quella della Chicago University Press, senza quindi la cabaletta di Silva e con tutti i “da capo” eseguiti pedissequamente nonostante il caldo, la oggettiva onerosità delle parti e l’inutile fatica a cui sono sottoposti gli interpreti senza a nostro avviso aggiungere molto sul versante espressivo. Di assoluto rilievo la prestazione del coro diretto dal maestro Roberto Gabbiani, a pieno titolo quinto personaggio dell’opera che è parso in ottima sintonia con l’orchestra e particolarmente accurato nell’espressione dei vari momenti. Nel ruolo eponimo il tenore Francesco Meli ha offerto una lettura del personaggio giovanile con voce musicalissima e dal timbro affascinante ma con qualche fatica di troppo nel registro acuto che però non ne ha compromesso la più che emozionante resa espressiva complessiva. Il baritono Ludovic Tézier ha disegnato in modo convincente il personaggio di don Carlo con un fraseggio ampio, morbido e regale risolvendo i momenti più esposti più con l’accento e una notevole capacità attoriale che non con puntature interpolate o il mero volume sonoro. Ottima Elvira è stata Angela Meade forse poco fantasiosa nel fraseggio ma assolutamente stupefacente per ampiezza del volume, omogeneità di colore e di suono e sicurezza dell’emissione. Inappuntabile il basso Evgeny Stavinsky per la musicalità, la oggettiva bellezza del timbro vocale e della figura scenica ma dalla assai limitata capacità espressiva. Molto bravi i tre interpreti dei ruoli di Giovanna, don Riccardo e Jago rispettivamente Marianna Mappa, Rodrigo Ortiz e Alessandro della Morte tutti e tre allievi e vanto del progetto “Fabbrica” del teatro. Infine davvero interessante e utile la raccolta di saggi e di immagini presentate nel curatissimo programma di sala. Lunghi e meritati applausi per tutti alla fine di una serata ricca di emozioni. Foto Fabrizio Sansoni