99° Arena di Verona Opera Festival 2022: “Nabucco”

99° Arena di Verona Opera Festival 2022
“NABUCCO”
Dramma lirico in quattro parti su libretto di Temistocle Solera
Musica di 
Giuseppe Verdi
Nabucco LUCA SALSI
Ismaele RICCARDO RADOS
Zaccaria RAFAL SIWEK
Abigaille DANIELA SCHILLACI
Fenena VASILISA BERZHANSKAYA
Il Gran Sacerdote di Belo ADOLFO CORRADO
Abdallo GIACOMO LEONE
Anna
ELENA BORIN
Orchestra e Coro della Fondazione Arena di Verona
Direttore Daniel Oren
Maestro del coro Ulisse Trabacchin
Regia e Costumi Arnaud Bernard
Scene Alessandro Camera
Luci Paolo Mazzon
Verona, 3 settembre 2022
Torna nell’anfiteatro veronese uno degli allestimenti più discussi degli ultimi anni, quel Nabucco di Arnaud Bernard trasposto nella Milano occupata dagli austriaci, proprio nel periodo storico in cui l’opera di Verdi andò in scena la prima volta. Quella Milano dove si invocava la libertà combattendo sulle barricate, dove spesso si tentava di issare il tricolore e dove sui muri compariva la celebre scritta “Viva Verdi” che in realtà celava l’acronimo che inneggiava anche al sovrano d’Italia. Ancora una volta si pone il problema di far coesistere, nello stesso allestimento, il libretto e le didascalie originali con l’idea registica e spesso questo può generare una certa confusione soprattutto per quella parte di pubblico che va a teatro senza un’adeguata preparazione. Al posto degli ebrei oppressi abbiamo i milanesi mentre i babilonesi sono le truppe di occupazione austriaca; Bernard trova comunque un punto di incontro e di coerenza con l’opera verdiana proprio nel momento culminante, il coro “Va’ pensiero”, immaginandolo durante una rappresentazione al Teatro alla Scala. Una parte del coro canta con i costumi di ebrei e leviti, un’altra parte con le divise dell’esercito asburgico e un’altra ancora con le vesti del popolo che occupa il loggione. Un’idea sostanzialmente innovativa, che ha fatto storcere il naso ai melomani più incalliti e agli esegeti del libretto ma che ha accontentato i gusti del pubblico areniano, sempre in cerca di emozioni forti. E le emozioni sono arrivate, con tanto di spari, colpi di cannone e il tripudio di tricolori al termine della rappresentazione al ripetuto grido di “Viva l’Italia!”. Bernard assolto, dunque, grazie anche ai suoi costumi e alle scene di Alessandro Camera che riproducevano l’esterno del Teatro alla Scala il quale, ruotando su sé stesso, rivelava l’interno con tanto di palcoscenico, palchetti e loggione. Molto bene anche le luci di Paolo Mazzon, ben mirate alla sottolineatura dei momenti forti della vicenda. Nel ruolo principale Luca Salsi ha delineato un Nabucco protervo e, a tratti, tronfio; si vede una certa sicurezza nel ruolo, capace anche di trovare gli accenti accorati nei momenti di fragilità e di smarrimento tanto che la sua invettiva “Dio di Giuda!” è risultata di particolare intensità drammatica. Al suo fianco Daniela Schillaci, chiamata all’ultimo momento a sostituire la prevista Maria Josè Siri, non ha fatto rimpiangere la collega anche se il ruolo di Abigaille, impervio vocalmente quanto scenicamente, richiede una certo generico disprezzo; considerata tuttavia la sostituzione a ridosso della recita (un’ora prima, pare) si può considerare la sua come una prestazione di tutto rispetto, soprattutto nella dolcezza dell’aria “Anch’io dischiuso un giorno”. Rafal Siwek è un superbo Zaccaria, dal canto nobile e paterno, che riesce a trovare il giusto equilibrio tra il momento d’ira e di vendetta e il dolce afflato nei momenti di conforto al popolo di Israele smarrito; di particolare bellezza “Tu sul labbro dei veggenti”. Pur non avendo un ruolo di particolare peso, l’Ismaele di Riccardo Rados risulta convincente soprattutto negli insiemi, tanto nel terzetto del primo atto quanto nella scena dei Leviti nel secondo. Lo stesso si può dire di Vasilisa Berzhanskaya, una Fenena regale ma anche caparbia nel duro confronto con il padre e votata al martirio con gli Ebrei. Bene anche le parti minori, Adolfo Corrado (Il Gran Sacerdote di Belo), Giacomo Leone (Abdallo) e Elena Borin (Anna). Sul podio la guida sicura e decisa di Daniel Oren, che ormai veste Nabucco come una seconda pelle (lo dirige in Arena dal 1989), ha dato una quadratura musicale godibile nei volumi sonori e soprattutto nei suoi consueti ritmi incalzanti. Ad alzare ulteriormente l’asticella del gradimento vi è l’ormai definitiva rinuncia ad una gestualità nevrotica e a tratti compulsiva a favore di un maggior controllo nei movimenti; del resto è un direttore istintivo e anche fermandosi qualche istante l’orchestra e il palcoscenico gli rispondono sempre in maniera impeccabile. Il coro, apparso stanco e con qualche scollatura tra le sezioni, ha comunque dominato la scena: del resto Nabucco è un grande affresco corale che trova in “Va’ pensiero” il suo apogeo, giustamente (e da tradizione) bissato. Pubblico numerosissimo, nonostante la serata settembrina, a conferma della grande popolarità di cui gode il titolo verdiano. Foto Ennevi per Fondazione Arena