“Achille in Sciro” di Francesco Corselli rivive al Teatro Real di Madrid

Madrid, Teatro Real, Temporada 2022-2023
“ACHILLE IN SCIRO”
Opera drammatica in tre atti su libretto di Pietro Metastasio
Musica Francesco Corselli
Licomede MIRCO PALAZZI
Ulisse TIM MEAD
Deidamia FRANCESCA ASPROMONTE
Teagene SABINA PUÉRTOLAS
Achille / Pirra GABRIEL DÍAZ
Arcade KRYSTIAN ADAM
Nearco JUAN SANCHO
La infanta de España KATIA KLEIN
Monteverdi Continuo Ensemble
Orquesta Barroca de Sevilla
Coro Titular del Teatro Real
Direttore Ivor Bolton
Maestro del Coro Andrés Máspero
Regia Mariame Clément
Scene e costumi Julia Hansen
Luci Ulrik Gad
Coreografia Mathieu Guilhaumon
Nuova produzione del Teatro Real di Madrid, in collaborazione con il Theater an der Wien
Madrid, 23 febbraio 2022
“Habent sua fata” si può dire anche di alcune opere dalle vicende eccezionali. Francesco Corselli (1705-1778) era il figlio di un maestro di danza francese, impiegato presso la corte dei duchi di Parma; la sua carriera di compositore lo portò a Madrid, dove divenne Real Maestro di Cappella, incaricato di scrivere la musica per celebrare le nozze tra la infanta María Teresa Rafaela, figlia di Filippo V, e il Delfino di Francia Louis, figlio di Louis XV. Nacque così l’8 dicembre del 1744, presso il Coliseo del Buen Retiro (dove attualmente si trova il Museo del Prado), Achille in Sciro, sulla base di un libretto metastasiano risalente al 1736 (già scritto per celebrare il matrimonio dell’arciduchessa Maria Teresa, la futura imperatrice, e Leopoldo di Lorena, con la musica di Antonio Caldara). Per la terza volta Corselli intonava presso la corte madrilena un’opera celebrativa di nozze reali, avviandosi a diventare un compositore emblematico della trasversalità del melodramma italiano nelle grandi capitali europee. Grazie a un progetto di ricerca diretto dal musicologo Álvaro Torrente e alla direzione artistica del Teatro Real, agli inizi di marzo del 2020 era tutto pronto perché, dopo quasi trecento anni di oblio, Achille in Sciro tornasse a rappresentarsi a Madrid, ma la pandemia decise diversamente: due giorni prima della prima, il 17 marzo, tutto fu bloccato, e le scene preparate da Julia Hansen sotto la direzione di Mariame Clément rimasero montate sul palcoscenico per tre mesi, prima che risultasse inevitabile dover rinunciare (provvisoriamente) a presentare l’opera davanti al pubblico. Ora che quel tempo sembra lontano e superato, il Teatro Real propone finalmente Achille in Sciro, ma lo fa ricordando costantemente tutta la travagliata vicenda, perché non ci si dimentichi di coloro che nel 2020 avrebbero potuto assistere allo spettacolo e ora non possono più farlo. Come sempre, il Teatro Real dimostra non solo di essere all’altezza delle migliori case d’opera (l’anno scorso ricevette l’International Opera Award come “miglior teatro lirico al mondo”) ma anche di essere un modello di civiltà, educazione all’arte e rispetto di tutti i valori umanistici che la musica veicola. Naturalmente, le migliori intenzioni necessitano dei mezzi adeguati per sortire l’effetto voluto; per questo, la scelta di affidare ad Ivor Bolton la concertazione e direzione musicale di un complesso di strumenti originali, la Orquesta Barroca di Siviglia, è stata ottima. Sin dalle prime note della sinfonia e per tutti i numeri della partitura, Bolton imprime allo sviluppo drammaturgico una vivacità, un brio e un nervosismo, che rivelano la complessità e la genialità della scrittura musicale di Corselli. All’interno di una lettura molto coerente, il direttore sottolinea infatti il peso dei modelli a cui il compositore si era ispirato: si percepisce la poderosa influenza di Händel nelle strutture e nei giri armonici, ma anche l’eredità del barocco francese nella strumentazione. Oltretutto sono valorizzati anche momenti specifici, come l’intermezzo con clavicordo del III atto, poco prima del finale. La compagnia vocale è formata da specialisti del repertorio barocco ed è, generalmente, all’altezza del difficile compito. Purtroppo, nella parte del protagonista, l’interprete annunciato, il controtenore Franco Fagioli, è sostituito da Gabriel Díaz: pur credibile come personaggio e attore, non convince del tutto sul piano musicale. Nella prima aria di furia, per esempio, rivela tutti i difetti di una voce impostata con poca naturalezza, penalizzata dalla debolezza del registro basso (che obbliga il cantante a gridare) e troppo incline alle note fisse. Decisamente migliore la prova del secondo controtenore, Tim Mead, nella parte di Ulisse. Molto buoni i due soprani: Francesca Aspromonte (Deidamia) va crescendo nel corso della recita, fino all’aria di disperazione del III atto (una delle migliori dell’opera), eseguita con destrezza e sicurezza, e accompagnata da un’orchestra meravigliosa per accenti e ritmo. Sabina Puértolas (Teagene) brilla per le agilità e la spigliatezza attoriale. Il tenore Juan Sancho è un Nearco corretto, ma forse un po’ leggero rispetto alle esigenze della parte. Prudenti e corretti sono invece il basso Mirco Palazzi (Licomede) e il tenore Krystian Adam (Arcade). Esperta conoscitrice delle opere di Cavalli e di Händel, Mariame Clément ha saputo trasporre scenicamente Achille in Sciro con un sostanziale rispetto dello spirito metastasiano (e settecentesco in generale); per esempio, ha aggiunto una spettatrice curiosa e attentissima, quasi sempre presente sul palcoscenico, ossia la infanta dedicataria della partitura (l’attrice Katia Klein). Ma, soprattutto, ha saputo trovare un equilibrio tra i registri comico, erotico, eroico ed elegiaco che si alternano nel libretto (e nella musica), punteggiando con maliziose allusioni il tema fondamentale, che è l’ambiguità di genere. In parallelo all’attività del Teatro Real, alcuni social networks spagnoli hanno lanciato una provocatoria (ma legittima) campagna sull’opera barocca come momento fondazionale del queer; in effetti, quando il guerriero Teagene – promesso sposo di Deidamia, figlia del re di Sciro e innamorata di Achille, che aiuta a occultarsi sotto le vesti femminili di Pirra – si innamora a sua volta della presunta Pirra, gli spettatori vedono un soprano donna en travesti, che canta una parte maschile e duetta con un uomo travestito da fanciulla, che per giunta si esprime con il registro androgino del controtenore … L’opera è seria, “ma non troppo”; il registro è, a volte, licenzioso, “ma non troppo”. Lo spettacolo di Madrid, in cui sono presenti tutti gli elementi scenici e geografici previsti dal libretto, è comunque assertivo sul messaggio finale. L’amore trionfa, ma soltanto se sa accettare le sfide di un destino incerto, pericoloso e ambiguo. Achille/Pirra rinuncia a un’esistenza protetta dall’immortalità, ma statica e mortificante, per calarsi nella dimensione arrischiata di ogni essere umano, mortale e fragile, eppure signore, al pari degli dèi, della propria intelligenza e delle proprie passioni: «amabili catene […] già fabbricate in ciel».   Foto Javier del Real © Teatro Real de Madrid