Roma, Piazza Pia: “Scoperte archeologiche rivoluzionano la realizzazione di Piazza Pia a Roma”

Roma, Piazza Pia
SCOPERTE ARCHEOLOGICHE RIVOLUZIONANO LA REALIZZAZIONE DI PIAZZA PIA A ROMA
Durante i lavori per la riqualificazione e pedonalizzazione, emergono una fullonica del II secolo d.C., mosaici e reperti vari, offrendo nuove prospettive sulla storia antica della capitale.
Dal cantiere di Piazza Pia a Roma sono emersi straordinari reperti archeologici, tra cui una fullonica risalente al II secolo d.C. Questo antico impianto a cielo aperto veniva utilizzato per lavare, smacchiare e preparare panni e vestiti. Restano visibili alcune vasche per il lavaggio e la spremitura, insieme a grandi vasi interrati, i dolia, impiegati per immergere i panni nel detergente, solitamente costituito da urina. La vicinanza al Tevere garantiva un approvvigionamento rapido e abbondante di acqua, essenziale per il funzionamento dell’impianto. La struttura all’aperto permetteva la dispersione dei miasmi, che dovevano essere notevoli, motivo per cui queste attività erano solitamente situate in aree periferiche dei centri urbani antichi. Il progetto di riqualificazione e pedonalizzazione di Piazza Pia, situata tra Castel Sant’Angelo e via della Conciliazione, è stato finanziato con 79,5 milioni di euro stanziati per il Giubileo. Questa trasformazione convertirà la piazza in una vasta area pedonale, creando un collegamento diretto tra Castel Sant’Angelo, via della Conciliazione e la Basilica di San Pietro. L’iniziativa mira a garantire ai pedoni una zona sicura e a migliorare il traffico veicolare mediante la costruzione di un sottopassaggio che si connetterà con il Lungotevere in Sassia. L’opera, gestita da Anas in collaborazione con Roma Capitale, dovrebbe essere completata entro dicembre 2024. Durante i lavori per il sottopassaggio, le indagini archeologiche hanno portato alla luce nuove scoperte che offrono una visione inedita della storia e dei paesaggi urbani di Roma. L’area in questione, in epoca antica, ospitava prestigiose residenze imperiali suburbane come gli horti Agrippinae e gli horti Domitiae. Queste dimore, situate sulla riva destra del Tevere, si affacciavano sul fiume in modo spettacolare, con portici, passeggiate e giardini. I resti archeologici scoperti saranno accuratamente rimontati e musealizzati nell’area di Castel Sant’Angelo, garantendo una connessione diretta con il loro contesto di rinvenimento. Il progetto prevede la creazione di un’area archeologica nei giardini del Castello e la musealizzazione dei reperti all’interno degli spazi di Castel Sant’Angelo. L’obiettivo è quello di reintegrare e valorizzare il significato culturale delle scoperte, migliorando l’accessibilità e la fruibilità sia museale che digitale. Questo approccio integrato consentirà ai visitatori di comprendere meglio l’importanza storica dei reperti in relazione al loro ambiente originale. “Piazza Pia ne uscirà ulteriormente arricchita”, ha dichiarato il sindaco di Roma Capitale, Roberto Gualtieri. “Questo è un esempio emblematico di come la collaborazione istituzionale e la giusta visione della tutela e valorizzazione dei nostri beni culturali possa portare a soluzioni doppiamente positive: grazie al cantiere abbiamo scoperto questa bellissima fullonica e altri ritrovamenti, che riusciremo a rendere conoscibili e a valorizzare, ma allo stesso tempo riusciremo anche a realizzare nei tempi previsti il sottopassaggio”. Questa parte di Roma sarà di nuovo resa visibile a tutti, e come cittadino non posso che esprimere un senso di profonda gratitudine. È significativo che, mentre stiamo creando per il Giubileo uno spazio per l’incontro tra le persone, sia stata ritrovata proprio una lavanderia, un luogo d’incontro per le persone e le donne dell’epoca”, ha affermato Monsignor Rino Fisichella. “Ringrazio anche perché i tempi di consegna dei lavori saranno mantenuti, nonostante i ritrovamenti che un tempo bloccavano tutto”. “L’archeologia di emergenza per la realizzazione del sottopasso di Piazza Pia deve in ogni caso tutelare ritrovamenti e scoperte”, ha spiegato la Soprintendente Speciale di Roma Daniela Porro. “La conservazione dei reperti attraverso la loro delocalizzazione deve portare anche a una valorizzazione: la Soprintendenza ha proposto di ricollocarli a Castel Sant’Angelo, in origine il sepolcro di Adriano costruito negli Horti di Domitia, il contesto dove probabilmente sorgevano le strutture ritrovate”. “È fondamentale salvaguardare la nostra storia e trovare un punto di equilibrio tra le esigenze di tutela e modernizzazione del tessuto urbano”, ha concluso il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Ma cosa erano le fullonicae? Il termine latino fullonica indica l’officina artigianale o l’impianto industriale in cui venivano svolte le diverse fasi della lavorazione dei tessuti. Qui si eseguiva sia il lavaggio e la smacchiatura degli abiti già usati, come nelle moderne lavanderie, sia la preparazione e il trattamento dei tessuti nuovi. Nelle officine di trattamento della lana, le fasi di lavorazione, ben documentate in alcune pitture parietali pompeiane, comprendevano la follatura, il candeggio e la garzatura o cardatura. Durante la follatura, i tessuti di lana venivano immersi in ampie vasche contenenti sostanze alcaline con proprietà detergenti e sgrassanti, come soda, creta fullonica e soprattutto urina fermentata. Il lavaggio proseguiva con il pestaggio dei tessuti da parte dei fullones in apposite vaschette. Questo processo chiudeva le piccole intercapedini presenti nei punti di intersezione tra i fili, rendendo il tessuto compatto e talvolta impermeabile. Successivamente, le stoffe venivano stese su gabbie semisferiche di vimini sotto le quali si collocava un recipiente contenente zolfo acceso per favorire il candeggio. Al termine di queste operazioni, i tessuti venivano spazzolati energicamente con spazzole di spine vegetali o pelle di porcospino. Il processo lavorativo si concludeva con la stiratura mediante una pressa in legno. Un’altra pratica comune nelle fullonicae era la tintura delle vesti con sostanze coloranti organiche, sia vegetali che animali, spesso realizzata in officine specializzate chiamate officinae tinctoriae. Le scoperte archeologiche di Piazza Pia sono un chiaro segnale di come la capitale sappia valorizzare il proprio passato mentre guarda al futuro, dimostrando al mondo intero la sua capacità di innovare rispettando le proprie radici. Un esempio splendente di come storia, cultura e modernità possano convivere e prosperare insieme.