Pensieri sparsi… sul “Don Giovanni” di Mozart

Il Don Giovanni è un’ opera modernissima. E questo in una duplice direzione. Da un lato i valori morali su cui si basa il testo, lungi dal costituire una ripetizione di archetipi quasi medievali nella loro assolutezza, sono già quelli della borghesia che di lì a poco prenderà il potere; si ricordi a questo proposito la santificazione beethoveniana del matrimonio. D’ altro lato la carica vitale del protagonista, uno slancio che sembra travolgere tutto e tutti, preannuncia il romanticismo ed è del tutto incompatibile con le figurine dell’ opera napoletana o con gli affetti incarnati in personaggi, tipici dell’ opera seria. Ma è uno slancio che si arresta, è bene non dimenticarlo, non nella morte che è trasfigurazione d’ amore (Wagner), non nell’ incendio dei sentimenti che bruciano se stessi nello scontro con un mondo che non può capirli (Verdi), ma nell’ incontro con un’ autorità cui è estranea la compassione per le debolezze umane.
Prima di Mozart, la figura di Don Giovanni era stata messa in scena dando maggiore attenzione, più che all’ aspetto del libertino amante di belle donne, a quello dell’ ateista che sfida la morte invitando l’ uomo che ha ucciso a banchettare con lui. Per citare due tra gli esempi più noti, in questo ultimo stile la figura del protagonista è delineata nella commedia di Tirso da Molina e nella prima opera musicale che tratta questo soggetto: L’ empio punito di Alessandro Melani, su testo di Giovanni Filippo Apolloni e Filippo Acciaiuoli, rappresentata per la prima volta a Roma, al Teatro di Palazzo Colonna, il 17 febbraio 1689.  Invece Mozart e Da Ponte, accanto a questo, approfondiscono e sviluppano altri aspetti della figura del cavaliere sivigliano.
Nella caratterizzazione mozartiana e dapontiana, Don Giovanni è prima di tutto un anticonformista e un ribelle che lancia apertamente la sua sfida alle convenzioni sociali. Se si guarda attentamente, anche altri personaggi del dramma compiono azioni in contrasto con la morale. Donna Anna ad esempio ammette pubblicamente di ricevere uomini in casa sua di notte: il tentato stupro che è il nucleo generatore della vicenda deriva dal fatto che lei stava aspettando Don Ottavio in camera da letto e fa entrare Don Giovanni perché lo aveva scambiato per lui. Donna Elvira si comporta allo stesso modo, essendo stata sedotta e accettando un incontro notturno adescata da una serenata. Zerlina flirta senza problemi con un altro uomo alla vigilia del suo matrimonio. La differenza rispetto a Don Giovanni è costituita dal fatto che gli altri personaggi vivono le loro azioni con il rimorso di aver trasgredito le regole morali, mentre il cavaliere non si pone affatto simili problemi. Lo dimostra anche il fatto che tratta il suo servo con familiarità e se ne fa addirittura un complice delle sue imprese.
Ma in estrema sintesi la differenza fondamentale tra il mondo di Don Giovanni e quello dei personaggi che lo circondano è riconducibile ad un solo aspetto. Don Giovanni vive in un eterno presente, non si cura del passato né del futuro e tutta la sua vita si svolge nella ricerca di nuovi piaceri e nel tentativo irrisolto di trattenere l’ attimo fuggente, un po’ alla maniera del Faust goethiano. Gli altri personaggi invece sono perseguitati da un passato che ne determina e dirige le azioni. Da ciò la sostanziale incomunicabilità tra questi due mondi, con il servo Leporello a costituire quasi una sorta di ponte tra essi.
Musicalmente, Mozart si pone, come sempre nel suo teatro, in una posizione di imparzialità. Il musicista non giudica mai e non adopera i mezzi musicali come una dimostrazione di tesi etiche e morali predeterminate, a differenza per esempio di un teatro come quello verdiano, nel quale i personaggi esistono in quanto dimostrazioni di principi ferrei. Può così succedere che la figura del libertino sia tratteggiata in maniera da divenire spesso irresistibilmente simpatica, un aspetto di cui si ricorderà Verdi alle prese con il Duca di Mantova: le analogie tra il depravato sovrano del Rigoletto e Don Giovanni sono state illustrate in maniera perfetta da Pierluigi Petrobelli nel saggio “Verdi e il Don Giovanni: osservazioni sulla scena iniziale del Rigoletto”, contenuta negli Atti del I Congresso di studi verdiani.
Mozart, in ogni caso, lascia a noi il giudizio, ed è questa a mio avviso una tra le ragioni della straordinaria attualità del suo teatro. Il Romanticismo respingeva questi aspetti preferendo sottolineare ancora una volta in Don Giovanni la figura del peccatore impenitente fulminato dalla giustizia divina. Questo era il senso del taglio della scena finale, praticato durante tutto l’ Ottocento, e del rifiuto della cinica morale conclusiva espressa in un bruciante fugato, che archivia semplicemente la fine del protagonista e invita a voltar pagina. Il finale secondo è invece fondamentale. Lungi dal costituire una presa in giro delle convenzioni sociali cui obbediscono coloro che sono venuti in contatto con Don Giovanni, è invece un’ ultima parola che ribadisce il carattere non convenzionale e anzi tragico di quella morale. Non c’ è sbocco pacifico al contrasto fra legge etica ed istinto erotico. Donna Anna, Don Ottavio e Donna Elvira ne avranno il cuore spezzato per sempre. Si salveranno soltanto la sensualità ingenua di Zerlina e Masetto e la cialtroneria di Leporello.
Nel successivo Così fan tutte, Mozart celebrerà in modo supremo questa filosofia, arrivando a risultati affascinanti nello scrivere una musica di molteplice lettura, che può tranquillamente contraddire o svelare altri significati rispetto a quello che si sta rappresentando sulla scena. Il tutto si può condensare nelle parole che chiudono quest’ ultima opera:
Fortunato l’ uom che prende
ogni cosa pel buon verso
e tra i casi e le vicende
da ragion guidar si fa.
In questo modo, Mozart costruisce un ponte che scavalca l’ Ottocento e si congiunge idealmente con l’ ambiguità erotica del teatro di Richard Strauss, che con Salome e Der Rosenkavalier sarà il primo a raccoglierne il testimone.