Milano, Teatro alla Scala, Stagione 2024/25
“L’ORONTEA”
Dramma per musica su libretto di Giacinto Andrea Cicognini e Giovanni Filippo Apolloni
Musica Antonio Cesti
Orontea STÉPHANIE D’OUSTRAC
Creonte MIRCO PALAZZI
Silandra FRANCESCA PIA VITALE
Gelone LUCA TITTOTO
Aristea MARCELA RAHAL
Alidoro CARLO VISTOLI
Giacinta MARIA NIZAROVA
Corindo HUGH CUTTING
Tibrino SARA BLANCH
Orchestra del Teatro alla Scala
Direttore Giovanni Antonini
Regia Robert Carsen
Scene e Costumi Gideon Davey
Luci Robert Carsen e Peter van Praet
Nuova produzione Teatro alla Scala
Milano, 30 settembre 2024
L’operazione di ripresa dell’opera barocca portata avanti dalla Scala è decisamente tiepida: un’opera all’anno è francamente poco, considerato i quattordici titoli di una stagione. Tuttavia le produzioni fino ad ora proposte sono di un livello difficilmente raggiungibile in un contesto meno prestigioso. Questa Orontea non fa eccezione: un cast strepitoso si incarica di rinverdire l’opera sentimentale di Cesti, che non sembra accusare i colpi del tempo, anche grazie ad alcuni tagli operati dal Maestro Giovanni Antonini – il più vistoso dei quali, l’intera rimozione del Prologo, senza dubbio aiuta ad entrare nel vivo dell’azione fin dall’inizio, ma lascia indietro un elemento tipicamente barocco dell’opera. Questa Orontea rappresenta senz’altro il battesimo di fuoco scaligero di Carlo Vistoli, che nel ruolo ambiguo di Alidoro si distingue per le doti che lo hanno già portato tra i più grandi controtenori di oggi – una ineccepibile tecnica, che si esprime nell’accuratezza delle agilità, e un suono caldo e omogeneo, capace di piegarsi su un ricco fraseggio. Accanto a lui riluce l’astro di Stéphanie d’Oustrac, che da molto tempo frequenta il repertorio barocco, nonostante la vocalità tonda e il suono spesso ne tradiscano le origini più
postromantiche; Orontea è un ruolo che le calza a pennello proprio per il temperamento appassionato, per i molti afflati patetici che la d’Oustrac sa caratterizzare anche con grande trasporto scenico. Accanto ai due protagonisti, gli interpreti della seconda coppia della vicenda (la frivola Silandra e l’innamorato Corindo) pure si mettono positivamente in luce: Francesca Pia Vitale è un soprano dalla vocalità morbida ed ispirata, contraddistinta da piacevoli armonici e suoni piacevolmente smaltati; il controtenore Hugh Cutting, d’altra parte, è caratterizzato da un bel colore chiaro e dalla linea di canto particolarmente omogenea. Il personaggio del servo ubriaco Gelone è abilmente delineato dal basso
Luca Tittoto, che all’indole naturalmente istrionica non fa mai mancare il sostegno della ben nota vocalità profonda dalla dizione scolpita. Pure i ruoli di lato hanno rivelato interpretazioni singolarmente pregevoli: ben in parte e vocalmente presente a se stesso anche il bassoo Mirco Palazzi, nel ruolo del consigliere di Orontea, Creonte; il soprano spagnolo Sara Blanch dà una resa del servitore Tibrino singolarmente a fuoco, sia sul piano dell’intonazione che su quello dell’espressività; prove senz’altro positive, per quanto più generiche, anche quelle di Marcela Rahal (Aristea) e Maria Nizarova (Giacinta). La concertazione del maestro Giovanni Antonini ha puntato – come già anticipato – a una piena fruizione della vicenda, mantenendo ritmi serrati (senza per questo perdere mai la piena coesione con la scena) e sottolineando i momenti più emotivamente
coinvolgenti; a tratti non sembra nemmeno un’opera barocca, e non sappiamo dire se questo sia un bene o un male, se per riempire il teatro sia necessario ridurre ai minimi termini la componente seicentesca o se sia meglio conservare tutto il carattere antico della composizione, a scapito anche di una più immediata fruizione. Per quanto riguarda il sontuoso assetto scenico a firma Robert Carsen, vorremmo poter dire di più, ma ci siamo trovati in una posizione dalla visibilità assai limitata: possiamo solo dire che trasportare la vicenda in una galleria d’arte milanese è un’idea per nulla peregrina, dato che il protagonista maschile (Alidoro) è un pittore, e che parte dell’azione si sviluppa proprio attorno a dei ritratti da lui dipinti. Per il resto ipotizziamo una buona regia e un buon coinvolgimento scenico da parte del cast. Foto Brescia & Amisano – Teatro alla Scala
Milano, Teatro alla Scala: “L’Orontea”
