Napoli, Teatro di San Carlo, Inaugurazione Stagione d’opera e danza 2024/25
“RUSALKA”
Fiaba lirica in tre atti su libretto di Jaroslav Kvapil
Musica di Antonín Dvořák
Il Principe ADAM SMITH
La Principessa straniera EKATERINA GUBANOVA
Rusalka ASMIK GRIGORIAN
Vodník GABOR BRETZ
Ježibaba ANITA RACHVELISHVILI
Padre di Rusalka (nel libretto originale, Il guardacaccia) PETER HOARE
Madre di Rusalka (nel libretto originale, Lo sguattero) MARIA RICCARDA WESSELING
Prima ninfa JULIETTA ALEKSANYAN
Seconda ninfa IULIA MARIA DAN
Terza ninfa VALENTINA PLUZHNIKOVA
Il cacciatore ANDREY ZHILIKHOVSKY
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo
Direttore Dan Ettinger
Maestro del Coro Fabrizio Cassi
Regia e Scene Dmitri Tcherniakov
Costumi Elena Zaytseva
Luci Gleb Filshtinsky
Video Designer Alexej Poluboyarinov
Lead Animation Artist Maria Kalatozishvili
Drammaturgia Tatiana Werestschagina
Nuova Produzione del Teatro di San Carlo
Napoli, 20 novembre 2024
È possibile osservare e vivere il teatro d’opera come un esperimento «artistico». Ciò, però, può avvenire soltanto se una rappresentazione diventa zona-esperimento, per dirla con Gilles Deleuze, di «interdisciplinarità»: uno spazio «creativo», entro cui possono convergere vari linguaggi e mezzi espressivi, anche formalmente «diversi» tra loro. L’incontro genera irrimediabili «contraddizioni», apparentemente risolvibili soltanto se lo spettatore accetta di osservare «emotivamente» l’evento teatrale, e non «razionalisticamente»; risolvibili, dunque, soltanto accettando l’inevitabile separazione del teatro d’opera (e dell’arte, in generale) dalla realtà empirica, parafrasando Theodor Adorno. Il teatro d’opera non può (e non deve, in fondo) riprodurre o restituire la realtà in un modo coerentemente realistico. Pertanto, eventuali inverosimiglianze sono strutturalmente inevitabili, soprattutto quando un’opera lirica ha già un’essenza totalmente favolistica. Parliamo di Rusalka, fiaba in tre atti composta da Antonín Dvořák nel 1900, la cui prima rappresentazione ebbe luogo il 31 marzo del 1901, al Teatro Nazionale di Praga. L’opera, che ha inaugurato la Stagione 2024/25 del Teatro di San Carlo, appare come un momento poeticamente irrealistico: il progetto registico e scenografico, firmato da Dmitri Tcherniakov, assume la forma d’un irrisolvibile teorema – perché nega a se stesso una eventuale possibilità di essere «totalmente» e definitivamente qualcosa. La natura potentemente frammentaria della rappresentazione risiede nell’ibridismo linguistico che la determina, e sembra alludere all’indefinita identità della protagonista, Rusalka: una creatura acquatica che ama come una donna, ma non ha un corpo per farlo effettivamente. Questa eterogeneità riguarda anche la struttura corporea della rappresentazione, determinata non soltanto dal linguaggio teatrale, ma anche da quello cinematografico (organizzato da Tatiana Werestschagina, autrice della drammaturgia); una rappresentazione caratterizzata da una disposizione «verticale» dei due linguaggi: immagini fumettistiche (curate anche da Alexej Poluboyarinov e Maria Kalatozishvili) proiettate su di una tenda nera che, all’occorrenza, si apre in strette forme geometriche e «finestre»; in micro spazi (determinati dalle nitide luci di Gleb Filshtinsky), entro cui i personaggi cantano soltanto, perché l’azione è totalmente demandata alle proiezioni di immagini animate. La trama del «film animato» pretende di risolvere i fatti favolistici immergendoli in una realtà contemporanea. La cosa può apparire innovativa, ma, come detto sopra, può anche creare inevitabili contraddizioni «strutturali», perché le due trame (quella operistica e quella fumettistica) non si intrecciano, ma si sovrappongono. Il taglio cinematografico dell’opera, però, è costantemente sostenuto e vivificato da un continuum sonoro romanticamente drammatico e seducente, che Dan Ettinger, alla testa dell’Orchestra del San Carlo, riesce nitidamente a governare: pura materia sonora, determinata da momenti d’estrema introspezione affettiva e da un espressionistico ricorso a scatenamenti d’una energia pressoché mitica e «primitiva»; elementi stupendamente riecheggianti non soltanto la natura graziosamente magica e fiabesca dell’opera, ma anche i «disagi» psicoanalitici, come la frantumazione dell’Io, che iniziavano a determinare le opere fin de siècle. Figure melodiche tragicamente espanse, cariche d’una disperata sensualità, conferiscono inventiva coloristica alla strumentazione; rarefatte e suggestive atmosfere sonore riescono a restituire, invece, il carattere espressivo e l’integrità compositiva di un’impostazione stilistica tardo-romantica, organicamente costituita da elementi strutturali tipicamente wagneriani (come, ad esempio, le omogenee transizioni da un motivo all’altro) e i dati poetici di matrice folclorica e popolare (boema e slava) del libretto, scritto da Jaroslav Kvapil. Esito felice per la compagnia canora. Il soprano Asmik Grigorian risolve la parte di Rusalka con un linguaggio melodico intriso di drammatica maturità. Voce teatralmente «accogliente» e morbida, soprattutto quando sfocia in un seducente e romantico sentimentalismo e in un lirismo carico d’affetto (come accade nell’aria lunare dell’Atto I). Vanta, dunque, una voce cromaticamente variegata – caratterizzata da un’interessante polivalenza drammatica, che garantisce all’attrice-cantante di restituire appropriatamente anche la disperazione d’una creatura acquatica costretta in un non-corpo che detesta. Un mirabile dinamismo vocale, determinato da omogeneità d’emissione e purezza stilistica. Lei, perdutamente innamorata del Principe, interpretato da Adam Smith. Il tenore garantisce al suo personaggio una voce potentemente declamante e un’efficace duttilità espressiva. Sfoggia un temperamento energico, vigorosamente proteso a soddisfare le esigenze drammatiche della parte, quella d’un personaggio dall’Io irrimediabilmente fratturato, perché determinato da atteggiamenti scattanti e momenti d’estrema introspezione sentimentalista. Una personalità dal carattere variegato, la cui natura riecheggia anche nell’ampio ventaglio timbrico, notevolmente governato anche nelle zone impervie della tessitura acuta. Nel ruolo di Ježibaba, invece, Anita Rachvelishvili: il mezzosoprano presta alla strega un timbro marcatamente scuro, dall’innegabile bellezza, e un’intensità di volume che l’artista utilizza teatralmente per la costruzione d’un personaggio dal temperamento sorprendentemente glaciale, determinato da accenti vigorosi e un uso «espressionistico» della voce, soprattutto nella zona grave. Parimenti ottima l’interpretazione del mezzosoprano Ekaterina Gubanova, che garantisce alla sua Principessa straniera un atteggiamento scenico intriso di febbrile sensualità, caratterizzato da solidità vocale ed efficacia interpretativa. Il baritono Gabor Bretz (Vodník) padroneggia, invece, un’energica e tonante vocalità. Validi, scenicamente e vocalmente, anche gli altri interpreti: Peter Hoare (Padre di Rusalka; nel libretto originale, Il guardiacaccia), Maria Riccarda Wesseling (Madre di Rusalka; nel libretto originale, Lo sguattero), Julietta Aleksanyan (Prima ninfa), Iulia Maria Dan (Seconda ninfa), Valentina Pluzhnikova (Terza ninfa), Andrey Zhilikhovsky (Il cacciatore). Tutti avvolti nei particolari e colorati costumi di Elena Zaytseva. Ottimo anche l’apporto del Coro del San Carlo, vocalmente inappuntabile, magistralmente preparato da Fabrizio Cassi. Al netto di contestazioni rivolte soprattutto alla «novità» rivoluzionaria dell’allestimento, la rappresentazione è stata accolta dal pubblico con vivo entusiasmo. Repliche fino al 7 dicembre. Foto Luciano Romano