Roma, Teatro dell’Opera : “Simon Boccanegra” (Cast Alternativo)

Teatro dell’Opera di Roma
Stagiona Lirica 2024- 2025
SIMON BOCCANEGRA
Melodramma in un prologo e tre atti

libretto di Francesco Maria Piave e Arrigo Boito
Musica di Giuseppe Verdi
Simon Boccanegra   CLAUDIO SGURA

Maria Boccanegra (Amelia) MARIA MOTOLYGINA
Jacopo Fiesco RICCARDO ZANELLATO
Gabriele Adorno ANTHONY CIARAMITARO
Paolo Albiani GEVORG HAKOBYAN
Pietro LUCIANO LEONI

Un capitano dei balestrieri ENRICO PORCARELLI
Un’ancella di Amelia CATERINA D’ANGELO
Coro e Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Michele Mariotti
Maestro del coro Ciro Visco
Regia Richard Jones
Scene e costumi Antony McDonald
Luci Adam Silverman
Coreografia per i movimenti coreografici Sarah Fahie
Maestro d’Armi Renzo Musumeci Greco
Nuovo Allestimento del Teatro dell’Opera
Roma, 29 novembre 2024
Proseguono al Teatro dell’Opera di Roma le repliche di Simon Boccanegra di Verdi, questa volta con il debutto del cast alternativo, occasione per analizzare più a fondo la proposta scenica. Richard Jones, con il supporto del talentuoso scenografo e costumista Antony McDonald, offre un’interpretazione visiva che mette in risalto soprattutto la profonda contrapposizione politica tra popolo e aristocrazia, nucleo centrale del dramma verdiano. La Genova ideata per questo allestimento assume tratti di un universo sospeso, con rimandi alle atmosfere metafisiche e surreali dei lavori di de Chirico e Carrà. I costumi, collocati in un vago scenario novecentesco, trovano una peculiare cifra stilistica nei mantelli dorati e ornati di pelliccia, simboli del potere dei notabili, che si trasformano in elementi quasi mascherati, contribuendo a una lettura più simbolica che introspettiva. La regia adotta un’impostazione minimalista e rarefatta, optando per una narrazione visiva essenziale che però, in alcune fasi, si traduce in una scarsa esplorazione delle sfumature psicologiche dei personaggi. Questa scelta, pur coerente con il disegno generale, si rivela talvolta incapace di generare una tensione drammatica pienamente coinvolgente, specialmente nel prologo e nel primo atto, dove le dinamiche appaiono statiche e poco incisive. Nel secondo e terzo atto, tuttavia, i duetti e i terzetti soffrono dell’assenza di un maggiore approfondimento emotivo, che avrebbe potuto conferire maggiore intensità alle relazioni tra i personaggi, rafforzando il loro spessore interpretativo. Nonostante queste riserve, la regia si fa apprezzare per una costruzione narrativa chiara e funzionale, che riesce a mantenere una coerenza drammaturgica. Tuttavia, il distacco emotivo che permea l’intera rappresentazione ne riduce l’impatto, ancorandola a una dimensione prevalentemente visiva e concettuale, che, seppur esteticamente valida, risulta poco coinvolgente sul piano emozionale.
Simon Boccanegra si conferma un’opera di straordinaria profondità, ricca di dettagli e di preziosità musicali che testimoniano il progresso evolutivo di Verdi verso una maturità artistica complessa e raffinata. Michele Mariotti, alla guida dell’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma, ne coglie pienamente la logica drammaturgica, esaltandola con una solidità strutturale che si fonde con un impetuoso slancio teatrale. La sua direzione si distingue per un’attenzione meticolosa ai particolari strumentali, che la partitura verdiana offre in abbondanza, e per una visione unitaria che restituisce un’interpretazione vivida e appassionata. Sotto la sua bacchetta, l’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma non si limita a una resa precisa e morbida, ma diviene il cuore pulsante della narrazione musicale. La ricca tavolozza cromatica, i timbri nitidi e la capacità di scolpire ogni dettaglio con chiarezza emergono con forza, rifuggendo da una sterile lettura metronomica. Mariotti riesce a dare respiro alla musica, facendo sì che l’orchestra ‘canti’ con intensità lirica e ‘galleggi’ sulle note, trasformando l’insieme in una vera costruzione teatrale di rara efficacia. Il Coro del Teatro dell’Opera di Roma, diretto con sicurezza da Ciro Visco, completa l’impresa con una performance impeccabile. La coesione e l’espressività corale si fondono armoniosamente con l’orchestra, accentuando la teatralità e il pathos richiesti dall’opera. Il risultato è un’esecuzione che si distingue per equilibrio, forza drammatica e una sensibilità musicale che rende piena giustizia alla grandezza dell’opera verdiana. Nel ruolo di Simone Boccanegra, Claudio Sgura dà vita a un ritratto vibrante di un uomo del popolo divenuto sovrano, diviso tra i conflitti con il fiero antagonista Jacopo Fiesco e la struggente tenerezza verso la figlia Amelia, ritrovata dopo anni di angosciosa separazione. Sgura si rivela un artista dalla tavolozza espressiva variegata: se da un lato la partitura verdiana esige slanci drammatici e accenti potenti, dall’altro richiede una capacità di introspezione e delicatezza che l’artista padroneggia con sorprendente sensibilità. Le sue esplosioni di rabbia e disperazione sono scolpite con autorità, ma è nei momenti di amore, speranza e malinconia che il suo timbro accarezza l’anima dell’ascoltatore. In particolare, nei registri acuti, Sgura regala un fraseggio morbido e sfumato che amplifica la dimensione umana del personaggio, fondendo tecnica impeccabile e un pathos vibrante che si imprime nella memoria dello spettatore. Maria Motolygina si distingue per una voce di straordinaria potenza, sapientemente controllata e calibrata in ogni sfumatura. Il timbro, pieno e luminoso, si sposa con una tecnica impeccabile, capace di affrontare con sicurezza le dinamiche più ardite senza mai sacrificare la qualità del suono. La sua esecuzione rivela una padronanza assoluta dello strumento vocale, unita a una sensibilità interpretativa che le permette di plasmare ogni frase con espressività e precisione. Una presenza scenica e musicale che lascia il segno per solidità e intensità. Riccardo Zanellato interpreta un Fiesco di straordinaria imponenza, scolpito da un timbro profondo e da una cavata vocale di notevole ampiezza. Il suo fraseggio, nobile e misurato, esalta la tensione drammatica del personaggio, mentre la padronanza tecnica si intreccia con una sensibilità interpretativa capace di restituirne la complessità emotiva. Con fierezza e sdegno, la sua presenza scenica incarna appieno l’autentico spirito verdiano, in un equilibrio che unisce forza espressiva e raffinatezza stilistica. Anthony Ciaramitaro ha saputo conquistare il pubblico con una pasta vocale di grande fascino, caratterizzata da un colore caldo e ricco di sfumature. Il fraseggio, intriso di passione e precisione, si è rivelato particolarmente adatto a dar vita al tormento e alla nobiltà di Gabriele Adorno. La sua espansione vocale e l’intensità interpretativa hanno conferito al personaggio una dimensione drammatica di notevole impatto, rivelando una rara capacità espressiva. Ben riuscito il Paolo Albiani di Gevorg Hakobyan, il quale si distingue per un’importante ampiezza vocale. Bene tutto il resto del cast. Photocredit FabrizioSansoni