Torino, Teatro Regio: “Le nozze di Figaro”

Torino, Tetro Regio, stagione d’opera e balletto 2024-25
“LE NOZZE DI FIGARO
Dramma giocoso in quattro atti su libretto di Lorenzo Da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Il Conte di Almaviva VITO PRIANTE
La Contessa d’Almaviva RUZAN MANTASHYAN
Figaro GIORGIO CAODURO
Susanna GIULIA SEMENZATO
Cherubino JOSE’ MARIA LO MONACO
Marcellina CHIARA TIROTTA
Bartolo ANDREA CONCETTI
Basilio JUAN JOSE’ MEDINA
Don Curzio CRISTIANO OLIVIERI
Antonio JANUSZ NOSEK
Barbarina ALBINA TONKIKH
Prima contadina EUGENIA BRAYNOVA
Seconda Contadina DANIELA VALDENASSI
Orchestra e coro del Teatro Regio
Direttore Leonardo Sini
Maestro del coro Ulisse Trabacchin
Maestro al fortepiano Carlo Caputo
Regia Emilio Sagi
Scene Daniel Bianco
Costumi Renata Schussheim
Luci Eduardo Bravo
Coreografie Nuria Castejon
Torino, Teatro Regio, 26 novembre 2024
Il Regio apre la stagione in grande stile con una produzione de “Le nozze di Figaro” giustamente sontuosa per l’importante occasione. La parte scenica è la ripresa dello storico spettacolo realizzato nel 2009 da Emilio Sagi per il Teatro Real di Madrid e che rimane nonostante gli anni trascorsi semplicemente splendido. Sagi non forza, non attualizza, non si mette mai in contrasto con il testo e la musica quello che fa è mettere in scena la Spagna del tardo Settecento al massimo della sua bellezza, una produzione che si fa pittura visiva senza rinunciare a essere teatro. Quello che ritroviamo nella regia di Sagi è quello stupore del bello cui troppo spesso il teatro moderno rinuncia. Le grandi sale del castello con le teorie di archi e i muri decorati di azulejos che sembrano vibrare alla calda luce del meriggio mediterraneo; il lussureggiante giardino – quasi un eden impregnato di voluttà – su cui si alza una radiosa luna estiva. Altrettanto belli i costumi, curati fino al minimo dettaglio, si nota un’attenzione quasi manicale per i tessuti, per le decorazioni, per gli ornati che sono sempre semplici e rigorosi – come la nuova moda neoclassica imponeva – ma sempre raffinatissimi.
La bellezza visiva si unisce a una lettura moderna nel senso migliore del termine fatta di una recitazione spigliata e naturale, lontanissima dalle ciprie e dalle statuine di biscuit cui troppo a lungo si è ridotto Mozart ma vibrante di vita, di energia, di calore. Una splendida dimostrazione di come la tradizione possa essere viva e moderna, un perfetto equilibrio che potrebbe servire da lezione. Nel taglio dello spettacolo non stona il carattere fortemente spagnolo – con tanto di nacchere di accompagnamento – con cui Nuria  Castejon rilegge il fandango del III atto.Bellissima sorpresa Leonardo Sini, giovane direttore al debutto al Regio. Il suo gesto molto bello, ampio, morbido si ritrova nelle scelte stilistiche. Un suono chiaro, limpido, autenticamente mediterraneo, una leggerezza mai superficiale, una vivacità sempre pienamente controllata e mai fine a se stessa e sempre soffusa di un trepido lirismo. Ottimamente diretta l’orchestra del Regio suona al meglio delle proprie possibilità e sempre impeccabile è la prova del coro. Il cast ha purtroppo dovuto fare i conti con una stagione particolarmente infida. Principale vittima è stata Monica Conesa costretta a rinunciare alle prime recite e sostituita in extremis da Ruzan Mantashyan. La cantante armena ha una voce timbricamente assai piacevole e potenzialmente ideale per il ruolo, soffre però di un vibrato non sempre ben controllato che inficia in parte i momenti di abbandono più lirico. Sul piano interpretativo s’impegna ma sicuramente la situazione non l’agevola. Bellissima ed elegante giustifica almeno sul piano visivo le infatuazioni di Cherubino. Non ci è parsa al meglio delle condizioni neppure Giulia Semenzato (Susanna) che ha regolarmente cantato e assai bene ma una certa prudenza era palese. La Semenzato è forse uno dei talenti più puri sulla scena attuale nel campo dell’opera barocca e settecentesca e l’identificazione con il personaggio di Susanna è assoluta, però è innegabile che i problemi di salute le creino qualche opacità e la costringano a essere molto prudente nelle discese al grave. Ha però le qualità per venirne a capo e la sicura forza comunicativa le permette di costruire un personaggio teatralmente riuscito. Solo lodi per il Cherubino di José Maria Lo Monaco. La voce mezzosopranile ma chiara e luminosa è perfetta per il ruolo di cui trasmette tutta l’efebica freschezza. Il canto è impeccabile, precisissimo, di una musicalità assoluta e l’interprete sfoggia un fraseggio vario e articolato capace di cogliere il senso di ogni frase, di ogni parola giocando sul peso vocale, sui colori, sull’agogica – quanto stupita inquietudine nel rallentando di “E, se non ho chi m’oda, parlo d’amor con me”. Impeccabile il Conte di Vito Priante che nel ruolo oggi conosce pochi rivali. Non solo la voce è perfetta per la parte nel suo nobile calore timbrico, non solo l’emissione è solidissima ma soprattutto è la capacità di cogliere l’essenza più vera del personaggio. Un Conte godereccio ma mai triviale, sempre aristocratico e signorile, padrone delle proprie emozioni e solo incapace di adattarsi al mondo che cambia; il suo “Contessa perdono” è di un’intensità tale da non lasciare dubbi sulla sincerità del suo cuore. Giorgio Caoduro è un Figaro dalla voce chiara ma è bella e sonora, magistrale il lavoro sulla parola e sugli accenti. La dizione nitidissima, il fraseggio mercuriale, la ricchezza e la sincerità espressiva arrivano al cuore. Non a caso è forse nel IV atto che il suo Figaro emerge in tutta la sua umanità, nella frustrazione di “Aprite un po’ quegli occhi” cui però segue il trionfo di una vivissima intelligenza capace di trionfare sul caos della vita.Andrea Concetti cesella in modo magistrale la parte di Bartolo; Chiara Tirotta è forse un po’ troppo giovanile timbricamente come Marcellina ma canta in modo squisito l’aria del IV atto giustamente reinserita. Avrebbe meritato la sua anche il Basilio di Juan José Medina, benissimo cantato e ancor meglio interpretato. D’incantevole freschezza la Barbarina di Albina Tonkikh, un po’ troppo caricato l’effetto balbuzie del Don Curzio di Cristiano Olivieri e ottime le parti di contorno, tutti membri – come la stessa Tonkikh – del Regio Ensemble. Repliche fino all’1° dicembre