Torino, Teatro Regio, Stagione d’opera 2024-2025
“LE NOZZE DI FIGARO”
Dramma giocoso in quattro atti di Lorenzo da Ponte da La Folle Journée, ou le Mariage de Figaro di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais
Musica Wolfgang Amadeus Mozart
Conte d’Almaviva JARRETT OTT
Contessa d’Almaviva KIRSTEN MACKINNON
Susanna MARTINA RUSSOMANNO
Figaro CHRISTIAN FEDERICI
Cherubino SIPHOKAZI MOLTENO*
Marcellina CHIARA TIROTTA
Don Bartolo GIOVANNI ROMEO
Don Basilio JUAN JOSE’ MEDINA*
Don Curzio CRISTIANO OLIVIERI
Barbarina ALBINA TONKIKH*
Antonio JANUSZ NOSEK*
Prima contadina CATERINA BORRUSO Seconda contadina IVANA CRAVERO Maestro al fortepiano CARLO CAPUTO *Artista del Regio Ensemble
Orchestra e Coro del Teatro Regio di Torino
Direttore d’orchestra Leonardo Sini
Maestro del coro Ulisse Tabacchin
Regia Emilio Sagi
Scene Daniel Bianco
Costumi Renata Schussheim
Luci Eduardo Bravo riprese da Vladi Spigarolo
Coreografie Nuria Castejon
Allestimento Teatro Regio di Torino. Produzione originale Teatro Real de Madrid (2009) in coproduzione con Asociasiòn Bilbaìna de Amigos de la Ópera (A.B.A.O.)
Torino, 24 novembre 2024
Il Maestro Leonardo Sini, tramite l’ottima e sonora Orchestra del Teatro Regio di Torino, parte con una entusiasmante velocissima, seppur a tratti rumorosa, sinfonia che fa ben sperare in un taglio delle Nozze che esalti gioventù e passione; che si tuffi anche in quelle cascate di pulsioni fisiche che Mozart sapeva consapevolmente far scrosciare dalle pagine del suo teatro. Nulla avviene: al levar del sipario ci si distende nella più inoffensiva e sbiancata delle storie. Il dialogo orchestra palcoscenico si snoda prudente e neppure gli interventi, troppo frenati, di Carlo Caputo al fortepiano, valgono a dargli brio. Per molti versi si è tornati allo stile salisburghese degli anni ’60: cura estrema delle arie (ma le voci non son più quelle!), precisione (ma qui con troppa cautela) dei concertati, inespressività (come se Muti fosse passato invano) dei recitativi. È pur vero che tre dei cinque protagonisti sono stranieri e quindi per loro la lingua italiana potrebbe rappresentare un impervio ostacolo al raggiungimento di scorrevolezza e mobilità psicologica. Si vedrà, nelle prossime recite, se l’espressività e la scioltezza in scena ne sortiranno migliorate. Al trentasettenne baritono Jarrett Ott, fisico e portamento ideali per il Conte d’Almaviva, è carente la protervia e l’arroganza vocale di un Grande di Spagna. Volume non debordante, seppur con timbro accattivante, ma in teatro “corre poco” e l’impaccio nei recitativi lo limita nell’efficacia comunicativa. Il soprano Kirsten MacKinnon, la Contessa, ha voce generosa che, quando forza, viene penalizzata da un suono metallico accentuato da un fastidioso vibrato. Parrebbe essere una voce più adatta ai picchettati glaciali della Regina della Notte che ai languori della Contessa. Le sue due grandi arie, sono state assai applaudite, ed è sempre efficace e ben caratterizzata negli insieme. Christian Federici, come Figaro, coniuga moderatezza brillante a vivacità controllata. Non strafà mai, né vocalmente né scenicamente, rende così evidente che, nonostante gli oscuri trascorsi, non è un barbiere di strada ma un figlio di dottore. Voce dal bel colore che, pur con qualche sporadica forzatura, riesce a farsi apprezzare. Il colore della voce, più scuro di quello del Conte, promuove una buona differenziazione delle personalità nei concertati. “Non più andrai.. non memorabile ma degno del lungo applauso che l’ha accolto così come il poco veemente “Aprite un po’ quegl’occhi …”. Martina Russomanno è una Susanna apprezzabile sia nella voce che nella recitazione. Ad un mese dalla sua brillante prestazione, sempre al Regio, come Manon in una replica del capolavoro di Massenet, ritorna sul palco di Piazza Castello con una prestazione più che ragguardevole. Giunse alfin il momento … Dé vieni non tardare … se non da antologia, comunque di un gran bel livello. Canto immacolato e preciso che coglie tutte le sfumature, e sono infinite, del personaggio. È un’amorosa appassionata con vene sensuali che fanno presagire soddisfazioni e felicità, almeno momentanee, della coppia. La giovane Siphokazi Molteno, membro del Regio Ensemble, impersona, con qualche discrepanza nell’aspetto, il giovane Cherubino. Tutti ci rifacciamo, da sempre, all’immagine di un paggio scattante, sfrontato e intemperante per cui non risulta facile superare lo scoglio di una personificazione che lo contraddice. La voce, sopranile con venature, seppur forzate ed artificiose di contralto, è bella e lo stile è corretto e ben educato. Le sue due arie, idiomatiche come poche altre, hanno il falstaffiano handicap di star curve come una buona lama di Bilbao in un panierin di dama. Pur senza capriole aggiuntive, riesce ad attirarsi le simpatie di gran parte del pubblico e con esse una certa oculata dose di applausi. Efficacemente in parte e in canto la Marcellina di Chiara Tirotta che ben dipana il duettino del primo atto con Susanna. Un poco più difficoltoso, per Giovanni Romeo, il sillabato della Vendetta di Bartolo tanto che, esausto, il proseguo se lo canta per sé stesso. A fuoco ed untuoso al punto giusto il Basilio di Juan José Medina, così come sono professionali e corretti il Don Curzio di Cristiano Olivieri e l’Antonio di Janutsz Nosek che vaga disperatamente per la scena coi suoi vasi di fiori ormai malamente calpestati da Cherubino in fuga. Caterina Borruso e Ivana Cravero sono le brave e festanti contadine che si emancipano dal Coro del Teatro Regio di Torino che Ulisse Trabacchin validamente regge. Albina Tonkikh dà infine un saggio della sua bravura nell’ambigua aria della … Spilla perduta. L’allestimento, scene di Daniel Bianco, luci di Eduardo Bravo e costumi di Renata Schussheim, originariamente (2009) del madrileno Teatro Real, con la Regia di Emilio Sagi, è forse troppo lineare e pulito per l’ambientazione rococò della commedia. Qualche intemperanza la si coglie solo nel decoro del letto della Contessa e nello strafloreale giardino del quarto atto; la sostituzione della provvidenziale poltrona del primo atto con il telaio del letto dei prossimi sposi costituisce una veniale deviazione dalla consolidata tradizione. Con gran gioia del botteghino, è il “tutto esaurito” di tutte le date. L’entusiasmo, senza riserve, che fortunatamente si coglie in tutte le occasioni mozartiane, esalta ulteriormente la recita.