Domenico Cimarosa (1749 – 1801): “Le astuzie femminili” (1794)

Opera in due atti su libretto di Giuseppe Palomba. Rocco Cavalluzzi (Don Gianpaolo Lasagna), Eleonora Bellocci (Bellina), Matteo Loi (Don Romualdo), Valentino Buzza (Filandro), Martina Licari (Ersilia), Angela Schisano (Leonora). Theresia Orchestra, Alessandro De Marchi (direttore). Registrazione: Rieti, Teatro Flavio Vespasiano, 6-8 ottobre 2022. 2 CD CPO 555 595-2
Domenico Cimarosa nel 1794 – al culmine della maturità artistica e reduce dai trionfi a Vienna e in Russia – porta in scena al teatro dei Fiorentini, tempio dell’opera buffa napoletana, “Le astuzie femminili” su libretto di Giuseppe Palomba che seppur meno nota de “Il matrimonio segreto” in nulla sfigura per qualità musicale – la vena melodica di Cimarosa raggiunge qui alcuni dei suoi apici assoluti – e per originalità musicale e compositiva.

L’opera s’inserisce pienamente nel genere dell’opera buffa napoletana di cui fa propri gli elementi essenziali. La trama – con la coppia di giovani amanti e i vecchi pretendenti alla fine burlati – e in fondo assai convenzionale e anche la contrapposizione tra i personaggi “seri” parlanti italiano e quelli buffi chiamati a esprimersi in vernacolo (fa in parte eccezione il leguleio Don Romualdo in cui il linguaggio volutamente aulico non è privo d’intonazione caricaturale) affonda nella tradizione. Cimarosa investe e stravolge però questo canovaccio con un’originalità che a torto spesso non gli viene riconosciuta. Il compositore di Aversa inserisce nella sua musica echi delle esperienze maturate in Europa – una melodia russa fa capolino fin dall’ouverture – così come più ricca e raffinata si è fatta la scrittura orchestrale che sorregge una facilità melodica semplicemente irresistibile.
Anche sul piano formale Cimarosa gioca con gli stilemi e quasi spiazza l’ascoltatore del tempo abituato a certe formule standardizzate. La struttura rimane a pezzi chiusi ma si nota una volontà di superare moduli troppo rigidi, compaiono scene più libere – come quella iniziale – forzature delle forme tradizionali – si ascolti l’ampio duetto tra Filandro e Bettina che occupa quasi metà del finale primo, un uso più variato dei recitativi con tanto di brani accompagnati. Altri elementi sono oggi meno evidenti ma all’epoca dovevano avere una portata dirompente, la collocazione della cavatina di Filandro – così definita in partitura – era una rottura totale con tutte le convenzioni.

La presente registrazione eseguito in occasione delle recite in occasione del Reate festival 2022 presenta per la prima volta l’edizione critica eseguita su strumenti originali. Protagonista dell’iniziativa è Alessandro De Marchi, tra i massimi specialisti italiani della prassi filologica che si avvale per l’occasione della Theresia Orchestra compagine con sede a Lodi e composta da giovani musicisti accuratamente selezionati e impegnati su strumenti originali. De Marchi mostra un’ottima intesa con la compagine orchestrale che suona davvero molto bene ed esalta con elegante naturalezza la scrittura di Cimarosa.
Composto da giovani anche il cast. Voci fresche e brillanti ma rette da ottima formazione e impeccabile senso stilistico che affrontano con grande proprietà la partitura unendovi una vivacità espressiva godibile anche al semplice ascolto.
Semplicemente incantevole la Bellina di Eleonora Bellocci. Soprano lirico dal timbro cristallino e mai aspro, dalla musicalità impeccabile e dall’innegabile temperamento. La voce è morbida e duttile, con bella omogeneità su tutta la gamma, impeccabili il controllo sul fiato e la pulizia dell’emissione. Una ragazza di sicuro talento destinata a far parlare di se nei prossimi anni. Colpisce meno l’amato Filandro di Valentino Buzza. Voce solida e piacevole ma apparentemente già proiettata verso un repertorio più spinto. Nonostante un lavoro interessante sul fraseggio e sull’accento il materiale vocale manca un po’ di eleganza nel contesto generale. Nulla da ridire sull’altro tenore Matteo Loi che affronta la parte buffa di Don Romualdo con voce agilissima e dizione impeccabile. Il giovane tenore riesce inoltre a rendere molto bene la caricata prosopopea del personaggio.

L’altro buffo – più canonicamente basso – è Rocco Cavalluzzzi nei panni di Don Gianpaolo Lasagna che come da tradizione si esprime in vernacolo partenopeo. Forse il più esperto tra gli interpreti e va valere la sua maturità in un ruolo dove le doti interpretative prevalgono su quelle vocali. La dizione è molto nitida – pur con i problemi dati da una lingua volutamente molto popolaresca e quindi difficile fuori da quel contesto – e i rapidi sillabati di cui la parte non manca hanno la giusta brillantezza esecutiva. Cavalluzzi riesce a rendere anche quei momenti più patetici che Cimarosa dona al personaggio, quasi anticipando una visione più ricca e umana del buffo che si affermerà pienamente con Rossini. Martina Licari è un’Ersilia fresca e vivace, cantata con brio e ottimo gusto mentre Angela Schisano nella parte di Leonora fornisce la componente grave al terzetto femminile senza però risultare impropriamente troppo matura. Registrazione molto pulita – tanto più trattandosi di una ripresa dal vivo – e libretto di accompagnamento completo e puntuale, con testi anche in lingua italiana.