Melodramma eroico in due parti su libretto di Domenico Gilardoni. Nicola Alaimo (Murena), Albina Shagimuratova (Argelia), Sergey Romanovsky (Settimio), Lluís Calvet i Prey (Publio), Kezia Bienek (Leontina), André Henriques (Lucio, Fulvio). Opera Rara Chorus, Stephen Harris (maestro del coro), Britten Sinfonia, Carlo Rizzi (direttore). Registrazione: Fairfield Halls, Croydon, maggio 2023. 2 CD OPERA RARA ORC64.
Gaetano Donizetti vantava nel 1828 già un buon numero di titoli ma nessun autentico successo e soprattutto sembrava ancora cercare una propria, autentica strada. La lezione di Rossini era ancora dominante così come la necessità di andare oltre al pur illustre modello. Una nuova commissione per il San Carlo era occasione prestigiosa per l’ancor giovane compositore ma il libretto de “L’esule di Roma” che Domenico Gilardoni aveva liberamente tratto dal dramma “Androclès ou le Lion reconnaissant” di Louis-Charles Caigniez (1804) ispirato all’apologo di Androclo e il leone presente in Eliano e Aulo Gellio non sembrava fornire l’opportunità ideale per far brillare il giovane compositore. Testo datato, ancora legato a un’estetica neoclassica che stava rapidamente declinando il libretto fornì invece a Donizetti inattese occasioni di sperimentazione. Come sarà più tardi con “Belisario” proprio questi testi più convenzionali sembrano spingere il compositore alla ricerca di nuovi equilibri formali in cui la tradizione si apre verso inattesi sperimentalismi. Si veda sul piano strettamente formale la chiusura del I atto dove il classico finale è sostituito da un intenso e drammatico terzetto con una soluzione che Bellini riprenderà per il finale primo di “Norma”. L’opera è però soprattutto l’occasione per il primo incontro di Donizetti con un tema che sarà centrale della sua poetica: quello della follia. Follia che qui però non è quella gorgheggiante e astratta delle future eroine sopranili ma quella declamatoria e baritonale del senatore Murena, schiacciato dai sensi di colpa per le ingiuste accuse verso Settimio – innamorato della figlia Argelia e rivale politico dello stesso Murena – nonché per essersi abbassato a esecutore delle perfide trame di Seiano contro un innocente. Una follia virile – tema che in Donizetti tornerà solo nel “Torquato Tasso” del 1833 e in forme indefinite tra realtà e simulazione nel “Furioso all’isola di San Domingo” dello stesso 1833 – in cui l’evidente modello dell’Assur rossiniano viene calato in una dimensione più umana e dolorosa, in cui l’eroismo oscuro del tiranno babilonese cede alla pietà paterna e al senso di colpa civile del senatore romano.
La presente edizione Opera Rara – registrata in occasione di alcune recite in forma di concerto – presenta per la prima volta la nuova edizione critica a cura di Roger Parker e si arricchisce del solito ricco apparato testuale che caratterizza le produzioni dell’etichetta inglese.
Carlo Rizzi è un collaboratore abituale di Opera Rara ma con quest’opera trova una particolare sintonia riuscendo a rendere alla perfezione il clima sospeso tra rigore neoclassico e accensioni romantiche che la caratterizza. Vantaggio non trascurabile il disporre di una compagine strumentale della qualità della Britten Sinfonia che esalta una scrittura orchestrale a tratti particolarmente ispirata. Si ascolti il magnifico andate “Vagiva Emilia ancora” il cui l’arpa e i fiati accompagnano il canto del baritono in una melodia non dimentica del finale del “Mosè in Egitto” rossiniano ma che riporta l’abbandono mistico di questi in un dolore vivo e prettamente umano. Molto positiva anche la prova del coro discretamente impegnato e con una scrittura di sapore quasi oratoriale.
Nel cast spicca Nicola Alaimo autore di una prestazione esemplare tanto sul piano vocale quanto su quello interpretativo. La morbidezza del canto, l’eleganza del fraseggio e la facilità degli acuti – tutti i da capo sono variati secondo la prassi esecutiva d’epoca – si uniscono infatti a una dizione di esemplare chiarezza, quanto mai importante in un ruolo tanto caratterizzato da ampi declamati e un canto di esemplare compostezza, mai plateale ma sempre raccolto e raffinato e proprio per questo ancor più incisivo del tratteggiare la dolente umanità del personaggio. La scena della follia è – anche al solo ascolto – un momento di autentico teatro grazie alle qualità di Alaimo. Il resto del cast rientra nell’ambito della correttezza. Sergey Romanovsky viene dall’Accademia Rossiniana di Pesaro e quindi ha il gusto aplomb stilistico per la parte di Settimio di cui coglie soprattutto il lato più lirico. Il canto è facile, gli acuti sicuri, la quadratura musicale estremamente corretta. Resta però un sentore d’incompiuto, come se tutto fosse fatto si bene ma in modo molto artificioso, priva di quella naturalezza che si vorrebbe. Vale per la dizione – pulita ma che sa un po’ d’inamidato. Nulla fuori posto ma non riesce a entusiasmare a lasciare il segno. Mancano – e non sarebbe dispiaciuto averle in appendice – le arie aggiunte per Donzelli nel 1840.
Albina Shagimuratova è notevole soprano di coloratura ma alle prese con una parte non ideale per la sua vocalità. Certo non manca di qualità e con acuti facilissimi, ottimo controllo del fiato e coloratura sgranate con abbagliante facilità a facile gioco a trionfare nel rondò finale. Questi pregi sono anche il suo limite perchè abbiamo una visione monodimensionale del personaggio, privo di una più autentica intensità drammatica che la parte sembra in più punti richiedere ma che facciamo fatica a trovare. Lluis Calvet i Prey fa buona impressione nei panni di Publio e molto valide tutte le parti di fianco. Resta comunque un’ottima occasione per conoscere un’opera poco documentata – in precedenza una sola edizione discografica – e ancor meno rappresentata ma non per questo priva d’interesse.