Roma, Museo Ara Pacis
FRANCO FONTANA. RETROSPECTIVE
curata da Jean-Luc Monterosso
Roma, 12 dicembre 2024
La mostra Franco Fontana. Retrospective, inaugurata il 13 dicembre 2024 al Museo dell’Ara Pacis di Roma, si presenta come un affresco visivo che, attraverso il colore, trasforma la realtà in una narrazione astratta e universale. Passeggiando tra le sale luminose del museo, ogni fotografia diventa un invito a entrare in un universo che non esiste solo nella natura delle cose, ma anche nella loro reinterpretazione personale e poetica. L’ambiente, con la sua modernità sobria e lineare, amplifica l’effetto di contemplazione, offrendo al visitatore un’esperienza quasi meditativa, lontana dal rumore della quotidianità. Franco Fontana, nato a Modena nel 1933, non è mai stato un semplice fotografo: è un osservatore del mondo che, attraverso l’obiettivo, non si limita a registrare ciò che vede, ma cerca di svelarne la sua essenza nascosta. Comincia a fotografare nel 1961, frequentando i “Fotoclub“, ambienti che, pur nella loro natura amatoriale, rappresentavano un luogo di condivisione e sperimentazione. Tuttavia, sin da subito Fontana si distingue per la sua ricerca estetica unica, rivolta non tanto al dettaglio o alla documentazione, ma a un’esplorazione cromatica che, in quegli anni, era ancora un territorio in gran parte inesplorato.
Il suo percorso prende una svolta decisiva nel 1963, con la partecipazione alla Terza Biennale Internazionale del Colore a Vienna, evento che lo introduce al panorama artistico internazionale. L’anno seguente, la prestigiosa rivista Popular Photography pubblica un suo portfolio, accompagnato da un testo critico di Piero Racanicchi, sancendo il riconoscimento ufficiale della sua visione innovativa. Nel 1965 espone per la prima volta a Torino, presso la Società Fotografica Subalpina, e nel 1968 nella sua Modena, presso la Galleria della Sala di Cultura. Quest’ultima esposizione segna una svolta decisiva: il fotografo non è più solo un visionario, ma un interprete del colore, capace di reinventare l’idea stessa di fotografia. Il viaggio attraverso la retrospettiva al Museo dell’Ara Pacis permette di attraversare i decenni della carriera di Fontana, esplorando non solo le sue opere più celebri, ma anche i momenti di ricerca e sperimentazione che ne hanno segnato l’evoluzione. Le fotografie esposte, oltre 200, non seguono una cronologia rigida, ma sembrano disporsi in un dialogo fluido e continuo, come se ogni immagine fosse una parola di un discorso più grande.
Le facciate colorate di Modena, le strade polverose della Route 66 americana, le piscine dagli specchi d’acqua vibranti e le architetture razionaliste del Palazzo della Civiltà Italiana sono molto più che soggetti: sono metafore visive. Ogni scatto rivela la capacità di Fontana di trasformare il quotidiano in straordinario, di prendere il familiare e renderlo alieno, non attraverso un’alterazione forzata, ma semplicemente cambiando il punto di vista. “La fotografia non è ciò che vediamo, è ciò che siamo,” ha detto Fontana. E questa frase sembra risuonare in ogni angolo della mostra. Le sue immagini non rappresentano mai la realtà oggettiva, ma piuttosto una rielaborazione soggettiva che combina composizione rigorosa, saturazione cromatica e un senso di equilibrio formale che sfida le convenzioni visive tradizionali.
La sua fotografia diventa così una riflessione sull’atto stesso del vedere, un invito a interrogarsi su ciò che si osserva e, di conseguenza, su ciò che si è. La sezione dedicata alle piscine è forse la più emblematica di questa poetica. Qui, l’acqua diventa uno specchio che non riflette, ma frammenta. I corpi umani si dissolvono e si ricompongono in un gioco di luci e ombre, creando immagini che esaltano la sensualità senza mai cadere nella banalità. Allo stesso modo, le sue Polaroid offrono un’intimità che contrasta con l’imponenza delle sue opere più celebri: piccoli frammenti di luce e colore che racchiudono, in formato ridotto, la stessa forza espressiva delle sue composizioni più ambiziose. Ma Fontana non è solo il poeta del colore e della luce. Negli anni Ottanta, esplora l’assemblaggio fotografico, una tecnica che gli permette di scomporre e ricomporre la realtà in modi nuovi e inattesi. Questi lavori, meno noti al grande pubblico, rivelano un lato analitico e costruttivista del suo lavoro, che dialoga con l’astrazione pittorica e con le avanguardie artistiche del XX secolo.
Il Museo dell’Ara Pacis, con i suoi spazi moderni e luminosi, si presta perfettamente a valorizzare questa pluralità di linguaggi. L’allestimento, attento e misurato, permette a ogni opera di respirare, creando un ritmo espositivo che alterna momenti di contemplazione a spazi di riflessione. Le installazioni video e le ambientazioni immersive amplificano questa esperienza, trasformando la mostra in un viaggio sensoriale che coinvolge non solo la vista, ma anche l’immaginazione. Fontana non è mai stato confinato al mondo dell’arte accademica. Ha collaborato con riviste prestigiose come Time-Life, Vogue e Il Venerdì di Repubblica, e ha firmato campagne pubblicitarie per marchi iconici come Fiat, Versace, Sony e Canon. Queste esperienze, lungi dal banalizzare il suo lavoro, dimostrano la versatilità di un artista capace di dialogare con contesti diversi senza mai perdere la propria identità. Mentre si conclude il percorso della mostra, una domanda sembra emergere naturalmente: cosa significa davvero vedere? Per Fontana, vedere non è un atto passivo, ma un processo attivo, una creazione che coinvolge non solo l’occhio, ma anche la mente e il cuore. Ogni sua immagine è un invito a guardare oltre, a scoprire la bellezza nascosta nelle linee, nei colori, nei contrasti. In un mondo dove l’immagine è spesso effimera e superficiale, il lavoro di Fontana ci ricorda che il vero potere della fotografia non sta nella sua capacità di catturare il momento, ma nella sua abilità di trasformarlo, di renderlo eterno, universale, umano. Con questa retrospettiva, Fontana non solo celebra la sua carriera, ma ci offre uno specchio in cui riflettere non solo ciò che vediamo, ma ciò che siamo capaci di essere.
Roma, Museo dell’Ara Pacis:”Franco Fontana. Retrospective”
