Roma, Pantheon: “Oculus Spei” di Annalaura di Luggo

Roma, Pantheon
OCULUS SPEI
di Annalaura di Luggo
L’installazione multimediale interattiva “Oculus-Spei” di Annalaura di Luggo, ospitata nel Pantheon di Roma, rappresenta un esempio emblematico di come l’arte contemporanea possa interagire con spazi storici, simbolici e spirituali per veicolare messaggi di inclusione e riflessione universale. Quest’opera, concepita in stretta relazione con il tema della speranza, trova la sua matrice concettuale nell’incipit della bolla papale del Giubileo 2025, dove si afferma che “Spes non confundit” (“La speranza non delude”). La scelta del Pantheon come sede dell’intervento appare particolarmente significativa: luogo emblematico della classicità, esso è stato riconfigurato nei secoli come spazio sacro cristiano, costituendo un unicum nella stratificazione storica, culturale e simbolica della città di Roma. L’artista ha saputo cogliere e amplificare questa stratificazione, trasformando l’edificio in un laboratorio esperienziale dove arte, tecnologia e spiritualità si intrecciano per proporre una riflessione profonda sulla condizione umana. Il progetto si struttura intorno a un’interazione simbolica e fisica con il fascio di luce proveniente dall’oculus sommitale del Pantheon, elemento architettonico e simbolico di straordinaria potenza evocativa. Questo raggio luminoso diviene la guida che conduce i visitatori attraverso un percorso scandito da cinque porte, le cosiddette Porte Sante. Esse non sono semplicemente varchi materiali, ma piuttosto elementi carichi di significati simbolici, rappresentazioni di altrettante tappe di un viaggio spirituale e culturale. L’esperienza non si limita a una dimensione visiva, ma coinvolge attivamente il pubblico, chiamato a interagire con le porte, bussando concretamente a esse. Questo gesto fisico, apparentemente semplice, acquisisce una valenza metaforica profonda, rappresentando l’atto di ricerca, apertura e trasformazione interiore. Le guide in questo pellegrinaggio simbolico sono persone con disabilità, figure che, nella concezione della di Luggo, si configurano come veri e propri Virgilio moderni. La loro presenza non è puramente rappresentativa, ma parte integrante della narrazione proposta dall’artista. Essi illuminano il percorso dei visitatori, trasfigurati a loro volta dalla luce, incarnando il potenziale trasformativo della speranza e della resilienza. Questo incontro tra arte, spiritualità e inclusione sociale si traduce in uno “sguardo” inedito sulla realtà e sulla bellezza interiore, capace di superare i limiti imposti dalle convenzioni estetiche e culturali. Le quattro vele del logo del Giubileo 2025, simbolicamente associate ai quattro angoli del mondo, costituiscono il riferimento iconografico principale delle prime quattro porte. Ognuna di esse rappresenta una dimensione universale, un varco verso un altrove che invita alla scoperta, all’apertura e alla connessione. Il viaggio culmina nella quinta porta, situata idealmente presso il Carcere di Rebibbia, che Papa Francesco ha voluto simbolicamente elevare a Porta Santa aggiuntiva. In questa fase finale del percorso, il visitatore è messo di fronte a sé stesso attraverso un sistema tecnologico avanzato di gesture recognition, che permette di interagire in tempo reale con la propria immagine riflessa e con l’ambiente circostante. Questa esperienza, resa possibile dalla luce come medium principale, stimola una riflessione profonda sulla condizione umana, sul rapporto tra il sé e l’altro, e sul significato della speranza come motore di cambiamento. L’intera installazione può essere letta come una metafora della spiritualità universale, un invito a superare le barriere culturali, sociali e personali attraverso un linguaggio artistico che coniuga profondità simbolica e accessibilità esperienziale. L’opera, inoltre, si colloca nel contesto della Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità nei musei, sottolineando la necessità di rendere l’arte e la cultura strumenti inclusivi, capaci di promuovere pari opportunità e dignità per tutti. La scelta della di Luggo di affidare alle persone con disabilità un ruolo centrale nel progetto non è meramente decorativa, ma rappresenta un atto politico e culturale, un richiamo alla responsabilità collettiva verso una società più equa e solidale. In termini estetici e concettuali, Oculus-Spei si pone come un esempio paradigmatico di come l’arte contemporanea possa dialogare con i grandi temi della tradizione senza cadere nella banalizzazione o nella retorica. L’affermazione di Gerhard Richter secondo cui “L’arte è una forma di speranza” trova in quest’opera una realizzazione tangibile. La di Luggo declina questa speranza in una molteplicità di forme: dall’invito alla riflessione personale alla proposta di una visione collettiva e universale, passando per l’interazione tecnologica che amplia le possibilità percettive ed emotive del pubblico. Le porte stesse, con la loro presenza imponente e il loro significato simbolico, diventano elementi enigmatici e affascinanti, capaci di suscitare l’immaginazione e di stimolare una riflessione sul rapporto tra il visibile e l’invisibile. Esse si configurano come totem arcaici che, attraverso il loro disvelamento progressivo, conducono a una rivelazione epifanica. In questo contesto, la luce gioca un ruolo fondamentale, non solo come elemento fisico e tecnologico, ma anche come simbolo della conoscenza, della speranza e della trasformazione interiore. L’artista utilizza la luce per “attivare” gli spazi, rendendoli vivi e capaci di interagire con il pubblico in modi profondamente significativi. L’intero progetto si inserisce nel percorso artistico di Annalaura di Luggo, caratterizzato da una costante attenzione ai temi della sostenibilità, dell’inclusione e della trasformazione sociale. Le sue opere precedenti, come “Blind Vision” e “Napoli Eden”, testimoniano un impegno costante nel coniugare arte e responsabilità etica. In “Oculus-Spei”, questo impegno si traduce in una proposta che non solo celebra il valore dell’arte come strumento di conoscenza e riflessione, ma la rende anche un mezzo per promuovere un cambiamento reale nella percezione e nella comprensione del mondo. L’opera, infine, rappresenta un esempio emblematico di come l’arte possa essere un ponte tra tradizione e innovazione, tra spiritualità e laicità, tra dimensione individuale e collettiva. Oculus-Spei non è solo un’installazione artistica, ma un’esperienza trasformativa che invita a ripensare il ruolo dell’arte nella società contemporanea e a riscoprire il valore della speranza come forza generatrice e rigeneratrice. Essa ci ricorda che l’arte, quando autentica e profondamente radicata nei valori umani universali, può davvero rappresentare una forma di resistenza all’omologazione e un faro luminoso in un mondo sempre più frammentato e complesso.