Teatro del Maggio Musicale Fiorentino: “Mavra” & “Gianni Schicchi”

Firenze, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino – Settembre-Dicembre 2024
MAVRA”
Opera buffa in un atto su libretto di Boris Kochno tratto dal poema “La casetta di Kolomn” di Aleksandr Puskin

Musica di Jgor Stravinskij
Paraša JULIA MUZYCHENKO

La madre KSENIA NIKOLAIEVA
La vicina ALEKSANDRA METELEVA
L’ussaro IVÁN AYÓN RIVAS
GIANNI SCHICCHI”
Opera in un atto su libretto di Gioachino Forzano

Musica di Giacomo Puccini
Gianni Schicchi ROBERTO DE CANDIA

Lauretta JULIA MUZYCHENKO
Zita VALENTINA PERNOZZOLI
Rinuccio IVÁN AYÓN RIVAS
Gherardo HOU YAOZHOU
Nella NIKOLETTA HERTSAK

Gherardino GREGORIE ZARIC
Betto di Signa GONZALO GODOY SEPÚLVEDA
Simone ADRIANO GRAMIGNI

Marco YURII STRAKHOV
La Ciesca ALEKSANDRA METELEVA
Maestro Spinelloccio / Ser Amantio Di Nicolao DAVIDE SODINI
Pinellino HUIGANG LIU
Guccio MICHELE GIANQUINTO
Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Francesco Lanzillotta
Regia, scene, costumi, luci Denis Krief
Firenze, 22 dicembre 2024
Secondo Puccini le leggi fisse in teatro sono: «interessare, sorprendere e commuovere o far ridere bene»; pertanto Mavra è stato un autentico divertissement e Gianni Schicchi lascia percepire l’auspicio «di ridere e di far ridere». In Mavra le immagini proiettate (film del 1913: La casetta a Kolomna dall’omonimo racconto di Puškin, regia di Pёtr Čardynin) che accompagnavano l’azione e l’idioma utilizzato, oltre alla regia di Denis Krief, molto attenta ad offrire una narrazione asciutta benché ancorata alla tradizione tout court, dichiarano l’autenticità russa, risaltando così la dedica di Stravinskij “A la mémoire de Pouchkine, Glinka, et Tchaikovsky”. La direzione composta e sicura di Francesco Lanzillotta ha restituito sonorità belle e smaglianti dell’Orchestra del Maggio, garantendo altresì un buon equilibrio con le voci. Il lavoro, dalla scrittura non complessa con simmetrie anche nel canto, evocando il tematismo delle romanze da salotto italiano del primo Ottocento nella versione lirico-sentimentale russa, è risultato uno spettacolo godibile. A rendere tutto fruibile e nei giusti toni la minuziosa cura dei rapporti tra i vari aspetti drammaturgici ove – grazie al regista che ha curato anche scene, costumi e luci – si poteva seguire chiaramente in itinere l’azione, il ruolo dei personaggi, i vari elementi di spettacolarizzazione e quant’altro. Una bella e divertente interpretazione dei quattro personaggi ove spiccava la presenza scenica e resa musicale di Julia Muzychenko (Paraša) e di Iván Ayón Rivas (L’ussaro) oltre all’avvincente partecipazione di Ksenia Nikolaieva (La madre) e di Aleksandra Meteleva (La vicina) che completavano il quartetto ben equilibrato, pur con gli spigolosi interventi dell’orchestra e qualche incursione jazzistica. Il pubblico, decisamente coinvolto nella storia d’amore tra Paraša e Vasilij, ha accennato a qualche risata. Il giovane innamorato, pur di vivere sotto lo stesso tetto della sua amata, si traveste da donna, presentandosi come la domestica Mavra. Dopo un duetto d’amore dei due giovani, Vasilij, restando solo, ne approfitta per radersi la barba. Sorpreso dal rientro improvviso delle due donne, la madre di Paraša, accortasi dell’inganno, cade perdendo i sensi, mentre il giovane fugge dalla finestra e la ragazza urla «Vasilij, Vasilij!» sembrando un finale sospeso.

Gianni Schicchi, terza parte del Trittico ben distinta dalle altre sul piano compositivo, consta di una narrazione da commedia dell’arte in versione moderna in cui dall’episodio dantesco (Inferno, XXX) si arguisce il raggiro di Schicchi verso i parenti della famiglia del defunto Buoso Donati. Invitato a risolvere il problema della loro esclusione dall’eredità, siccome Betto rivela che a Signa «Ci son delle voci…[…] dal Cisti fornaio: “Se Buoso crepa, pei frati è manna!”/ Diranno: pancia mia, fàtti capanna!» l’astuto Schicchi, interpretato da un ottimo e versatile Roberto De Candia, pur di assicurare alla figlia Lauretta la dote per sposare Rinuccio Donati, di ceto sociale superiore – interpretato da Iván Ayón Rivas, una delle più belle voci della serata – è convinto dalla ragazza e, prendendo il posto nel letto del defunto, detta un falso testamento all’ignaro notaio. A fare da sfondo, creare la giusta ambientazione e rendere tutto più toscano è la Firenze medievale con l’immagine del Ponte Vecchio esaltata nel canto di Rinuccio: «Firenze è come un albero fiorito» poco prima della fine nell’emozionante e sentimentale Duetto tra i giovani che, abbracciandosi, esclamano «…Firenze da lontano/ci parve il Paradiso!». A percepire maggior ‘profumo’ toscano sono stati i precisi riferimenti toponomastici (Signa, Fucecchio, Figline, Prato, Empoli, ecc.) oltre all’uso di toscanismi. Alcuni effetti onomatopeici, grazie ai sicuri ed efficaci interventi degli strumenti, contribuivano a rendere più fruibile la narrazione come, per esempio, quando Schicchi invita Lauretta a portare del cibo all’ uccellino. Il ‘cinguettare’ del flauto ricorda la copiosa letteratura dedicata e associata allo strumento o quando Schicchi – nell’indicare il lascito testamentale – pronuncia la mula, la casa e i mulini: il tremolo degli archi allude all’agitazione dei presenti, ecc. La celeberrima aria “O mio babbino caro”, interpretata con un fraseggio impeccabile dalla Muzychenko, riusciva a far commuovere e convincere il padre, ma allo stesso tempo ‘obbligava’ il pubblico alla concentrazione con lo sguardo e l’ascolto tanto da riscuotere un meritato applauso. Ancora una volta il pieno controllo della partitura di Lanzillotta, il bel fraseggio e colore dell’orchestra (archi con inserimenti dei legni che raddoppiano il melos del soprano e il lungo tappetto di arpeggi dell’arpa) esaltava l’incanto della musica di Puccini unitamente alla bella interpretazione di tutti dell’Andantino ingenuo. Nel pregevole lavoro di squadra si è apprezzata la direzione sempre controllata senza escludere un gesto più funzionale per episodi brillanti, il rispetto dei colori della partitura e la valorizzazione delle singole sezioni dell’orchestra che, ancora una volta, hanno dimostrato l’ottimo livello senza dimenticare l’intero cast dei cantanti che, oltre all’interessante vocalità, ha ben interpretato i vari personaggi. A chiudere questo racconto sembrava che il pubblico guardasse i due innamorati con gli stessi occhi di Gianni. Quest’ultimo, commuovendosi, sorridendo e rivolgendosi al pubblico, recita: «se/ stasera vi siete divertiti, concedetemi voi …/ … l’attenuante!». I ripetuti applausi di un pubblico molto divertito hanno suggellato il meritato successo per tutti.