Siena, Teatro dei Rinnovati: “Tosca”

Siena, Teatro dei Rinnovati – Siena in Opera 2024
TOSCA”
Melodramma in tre atti su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, dal dramma “La Tosca” di Victorien Sardou.
Musica di Giacomo Puccini
Floria Tosca VALENTINA BOI
Mario Cavaradossi SAMUELE SIMONCINI
Il barone Scarpia FRANCESCO LANDOLFI
Cesare Angelotti SIMONE REBOLA
Il sagrestano CLAUDIO MUGNAINI
Spoletta ROCCO SHARKEY
Sciarrone / Un carceriere PAOLO BREDA BULGHERINI
Un pastorello VERONICA NICCOLINI
Orchestra del Festival Puccini di Torre del Lago
Unione Corale Senese “Ettore Bastianini”
Direttore Marco Severi
Regia Lorenzo Lenzi
Scene Orfeo in Scena
Costumi Il Chiacchierino
Luci Samuele Batistoni
Produzione Teatri di Siena in collaborazione con AMAT
Siena, 18 dicembre 2024
Designato a essere il cuore pulsante della vita culturale-artistica senese, il Teatro dei Rinnovati riporta l’opera a Siena con “Tosca”. La regia del giovane emergente Lorenzo Lenzi, corretta e in linea con l’epoca della vicenda, muove a favore di uno scavo più realistico dei personaggi e conta su una serie di proiezioni neoclassiche di sfondo (tra cui l’originale interno della basilica di Sant’Andrea della Valle) che, quando non definiscono l’ambiente, favoriscono la descrizione emotiva dei singoli momenti. Originale l’idea di mostrare il sagrestano in persona a Palazzo Farnese, intento a firmare la sua confessione per Scarpia, e di mettere in risalto l’impulsività del gesto omicida di Tosca. Con selezionati elementi scenici, la “romanità” di Tosca emerge anche dal taglio più simbolico che filologico delle scene di Orfeo in Scena e dai pregevoli costumi de Il Chiacchierino, ricercati in storicità e manifattura (si segnala tra tutti la notevole cappa in velluto blu di Tosca a Palazzo Farnese), entro un impianto illuminotecnico a tratti statico. Dalla buca, la decisa direzione di Marco Severi fa leva sull’orchestra del Festival Puccini di Torre del Lago, non esente da qualche punto di minor compattezza, con la quale il maestro mostra più sintonia rispetto al suo rapporto con le voci. Frequenti i momenti di spiccata prevaricazione: un’arma sicuramente a doppio taglio, che da una parte ha reso meno fruibile qualche inserto vocale, ma dall’altra ha permesso di gustare con coinvolgimento i passi più maestosi di queste grandi pagine pucciniane. L’attenzione pressoché costante a tempi scorrevoli e a oscillazioni dinamiche appena accennate ha enfatizzato la rilettura di una vicenda per certi aspetti moderna e “cinematografica”, leggermente a scapito dei ritardi previsti in partitura per connotare la solenne sacralità di alcuni passaggi o di una più eterea resa del notturno, non agevolata dalla reboante acustica del teatro. Più incerto il coro di donne dell’Unione Corale Senese “Ettore Bastianini”, preso abbastanza alla sprovvista nell’unirsi alla cantoria, sebbene lo scompiglio sia rientrato al momento della cantata da fuori scena del secondo atto. Dal palco, Francesco Landolfi domina la compagnia di canto dando vita a un barone Scarpia dal portamento autorevole e signorile, sostenuto da un fraseggio personalizzato e da uno strumento vocale omogeneo, a cui si poteva chiedere qualche momento di maggiore spinta. La credibile resa vocale ben rende l’innestarsi del germe della vendetta durante il Te Deum, per acquistare ancor più spessore nel secondo atto. Qui, infatti, l’inventiva drammaturgico-dinamica rimane ben saldata all’intrinseca duttilità timbrica, capace ora di ammorbidirsi sui sornioni scambi di contrattazione con Tosca, ora di saltare con occhio rapace alla gola di Cavaradossi, per estorcere con determinazione d’accenti la sua confessione. Più convenzionale la resa dei due protagonisti, in cui vi è margine di approfondimento. Nel ruolo del titolo, Valentina Boi possiede il timbro lirico richiesto, maggiormente risonante e consono nell’area centrale ma, tra tutto l’ampio ventaglio interpretativo che costella la parte, ci presenta una Tosca tiepidamente passionale, dal canto equilibrato, senza eccessi. Al suo fianco, Samuele Simoncini esibisce qua e là la lama tenorile di Mario Cavaradossi, ma si concentra su un’irruenta gestione delle frasi che culminano in acuto, dando prevalentemente una connotazione guerresca al suo personaggio.
Discreto l’apporto complessivo delle parti secondarie, a partire dall’anticonvenzionale sagrestano di
Claudio Mugnaini, ben timbrato e determinato a fraseggiare con gusto, e dai chiari e schietti interventi di Rocco Sharkey come Spoletta. In assenza di un coro di voci bianche, è stato il soave timbro sopranile di Veronica Niccolini a fare le veci del canto del pastorello, peraltro con intensa immedesimazione nella trovata registica di eligere questo intervento a estremo vaneggiamento di una condannata a morte. Completavano il cast il reattivo Angelotti di Simone Rebola (a tratti dall’emissione un po’ ingolata) e il diligente Paolo Breda Bulgherini come Sciarrone e carceriere. La serata si conclude oltre la mezzanotte, con applausi garantiti per tutte le maestranze coinvolte. Foto Filippo Franchi.