Torino, Auditorium RAI “Arturo Toscanini”: Andrea Battistoni con l’Orchestra della Rai e la violoncellista Anastasia Kobekina

Auditorium RAI “Arturo Toscanini”, di Torino stagione sinfonica 2024/25
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Direttore Andrea Battistoni
Violoncello Anastasia Kobekina
Organo Luca Benedicti

Leone Sinigaglia: “Le baruffe chiozzotte” op.32 Ouverture per orchestra. Pëter Il’ič Čajkovskij: Variazioni su un teme rococò per violoncello e orchestra, op.33. Camille Saint-Saëns: Sinfonia n.3 in do minore, op.78. Sinfonia per organo.
Torino, 9 gennaio 2025.
A circa un mese dalla sua designazione a Direttore Musicale del Teatro Regio, il Maestro Andrea Battistoni si presenta sul podio dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, con un programma inusuale e molto particolare. Apertura di serata con lOuverture per le goldoniane Baruffe chiozzotte di Leone Senigaglia; c’è la sola Ouverture, l’opera completa da Senigaglia non fu mai composta e il pezzo viene forse qui eseguito come omaggio del direttore alla terra ospitante. Senigaglia, famiglia dell’alta borghesia ebraica subalpina, visse tra gli ultimi decenni dell’ottocento e, braccato dai nazisti, morì tragicamente, a Torino, nel 1944. Notevole una sua raccolta di canti popolari piemontesi e, per orchestra, Rapsodie, Danze e Suite con l’aggettivo piemontese nei titoli. Queste opere suscitarono l’interesse e furono interpretate da alcuni grandi direttori del tempo: Toscanini, Furtwängler e Barbirolli, tra gli atri. Da anni sono però scomparse dalle sale da concerto e probabilmente non c’è più nessuno che ancora se le ricordi. L’Ouverture è di otto minuti complessivi e, tra due vivaci elaborazioni di piccoli temi pseudo-popolari, racchiude una breve parentesi sentimentaleggiante. Battistoni e gli strumentisti dell’Orchestra Nazionale RAI ne danno una soddisfacente interpretazione, avvolta in ritmi vivaci e gioia di vivere. Seguono col loro splendore, volutamente rococò, le 8 variazioni danzanti che Čajkovskij scrisse per violoncello e orchestra. Come è consuetudine e dovere, in questi casi, l’orchestra può interloquire lasciando però al solista mano libera e preminenza. Così è stato. La russa Anastasia Kobekina, elegantissima, affascinante e sorniona, dotata di una stratosferica perizia tecnica, col supporto della voce sfolgorante dello Stradivari 1717 che imbraccia, si è subito accaparrata i favori e le simpatie del pubblico. Il suono, il ritmo, la tecnica sono di livello fantastico e riescono a promuovere una composizione nata, in collaborazione con Wilhelm Fitzenhagen, violoncellista amico del compositore, soprattutto per dar lustro alle grandi doti tecniche del solista. Battistoni, avendo ben compresi il gioco, pur disponendo della fantastica Orchestra della RAI, non la mette mai in contrasto, sovrastandolo, con lo strumento solista. Successo indiscusso e due bis annunciati con il sorriso e la simpatia strabordanti della Kobekina. Un pezzo pseudo popolare, per tamburello e violoncello, scritto dal padre della Kobekina, anch’esso musicista, a cui la figlia rende omaggio in diretta. Lo Stradivari 1717, Italian Lady (!?) come affettuosamente lo nomina l’artista, è nelle sue disponibilità da soli dieci giorni ma, come lei afferma, è già nato tra loro un love affair. Lo stesso violoncello era stato, nel passato, fra gli strumenti suonati da Pablo Casals e da Sol Gabetta. Soprattutto riferito a Casals, che, come preghiera mattutina, ci suonava Bach, il secondo bis è stato il Preludio dalla Prima Suite del Kantor. Esecuzione molto libera e personale, che accantona le acribie della prassi informata, ma, al contempo, rende il pezzo affascinante e di indiscutibile presa. Applausi scroscianti dal pubblico che, come contropartita, riceve smaglianti sorrisi, svolazzanti abiti rossi e simpatiche corsette d’uscita. Pezzo forte, a chiudere la serata: La sinfonia n.3 con organo di Camille Saint-Saëns. Un esempio di grande gigantismo fonico e strumentale di fine 800. La dedica a Liszt ne dà anche la cifra stilistica, si tratta infatti di una pseudo Sinfonia: in luogo dei tradizionali quattro movimenti ci sono due parti con varie articolazioni al loro interno. L’organico è rinforzato da raddoppi, da un pianoforte suonato a quattro mani e dall’organo che, se nella prima parte fa da sfondo ad archi cha sussurrano, all’inizio della seconda parte, con un accordo maestoso, dà l’avvio a sezioni più mosse ed agitate. L’inizio della prima parte è immerso in atmosfere wagneriane e, nonostante il diniego dell’autore, francesi. Non pare che ne nasca un racconto, ma si procede nell’indeterminatezza di disparate parentesi melodiche arricchite da timbri cangianti e da ritmi sinuosi. Nella seconda parte, introdotta dal potente accordo in fortissimo dell’organo, l’atmosfera si fa più vitalistica e pare abbozzarsi quasi un racconto. I suggestivi e ripetuti rimandi al Dies irae non sono solo degli utili espedienti retorici messi a giustificare gli episodi fugati e l’elaborazione contrappuntistica. Non si coglie comunque un carattere definito e specifico dell’opera. Battistoni, che l’ha certamente ben studiata, guida, a memoria e senza carta, l’Orchestra sulle strade del vitalismo energetico ed entusiasta. Brillano le prime parti nei tratti solistici come, con chiara evidenza, Luca Benedicti all’organo. Duole ricordare che in nessuna delle tre grandi sale da concerto torinesi c’è un organo funzionante, per cui, anche qui alla RAI, si è dovuto ricorrere, apparentemente senza eccessivi danni, a una consolle elettronica che attiva parecchi diffusori sparsi sul palco e in sala. La direzione briosa e sonora del saltellante Battistoni vince la sfida, il pubblico gli tributa, con sincero entusiasmo, un caldo successo. È stata sicuramente una benaugurante accoglienza e un viatico incoraggiante per la prossima imminente attività che il Novello Direttore Musicale si appresta ad avviare nel vicino teatro di Piazza Castello.