Como, Teatro Sociale, Stagione d’Opera e di Prosa 2024/25
“I CAPULETI E I MONTECCHI”
Tragedia lirica in due atti di Felice Romani.
Musica di Vincenzo Bellini
Giulietta FRANCESCA PIA VITALE
Romeo ANNALISA STROPPA
Tebaldo MATTEO FALCIER
Lorenzo MATTEO GUERZÈ
Capellio BAOPENG WANG
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Coro di OperaLombardia
Direttore Sebastiano Rolli
Maestro del Coro Diego Maccagnola
Regia Andrea De Rosa
Scene Daniele Spanò
Costumi Ilaria Ariemme
Luci Pasquale Mari
Nuovo allestimento in coproduzione Teatri di OperaLombardia, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia
Como, 19 gennaio 2025
La stagione di OperaLombardia si conclude con una produzione sorprendentemente positiva, sotto ogni punto di vista, quella di “I Capuleti e i Montecchi” di Vincenzo Bellini. Lo ammettiamo: le foto della cartella stampa ci avevano messo in allarme circa l’esito scenico curato da Andrea de Rosa, soprattutto per un Romeo in tuta Adidas e una Giulietta perennemente in sottoveste bianca – che da almeno trent’anni ci vengono propinati, vuoi con Shakespeare vuoi con Bellini. Invece, sebbene i costumi di Ilaria Ariemme non siano di nostro gusto, la messa in scena è molto coerente con se stessa e con il libretto, e quello che sembra uno spazio più o meno neutro, con l’andare del tempo, si rivela essere un cimitero, con tre lati del palco occupati da lastre marmoree incombenti sulla vicenda; anche il gioco di tiranti ideato da Daniele Spanò, che percorrono in verticale tutta la scena, attaccati a questi blocchi di marmo per poterli spostare, conferiscono dinamismo e trovano in più di un’occasione anche il modo di diventare partecipi dell’azione, e non rimanere ornamento puro; infine non possiamo non citare il monolite dorato che sovrasta la scena del finale, un sapiente tocco di colore che però, visto il tenore della scena, riesce a conferire una sontuosa ieraticità. La regia di Andrea De Rosa si muove con grande consapevolezza su questa scena, ed enfatizza le relazioni tra i personaggi e i rapporti di forza; forse non è proprio bellissimo l’uso di sciarpe come allo stadio per segnare l’appartenenza ai Capuleti o ai Montecchi, ma sicuramente è un metodo diretto ed efficace, ed è gestito cum grano salis – non viene introdotto nessun ulteriore simbolo, i colori delle fazioni sono cupi e per nulla sgargianti, e per il finale queste sciarpe vengono appese a mo’ d’epigrafe sulle lastre di marmo. Suggestivo, proprio perché calibratissimo (e suggestivamente illuminato da Pasquale Mari), anche l’utilizzo del cellophane per l’enorme velo da sposa di Giulietta, che ha giustamente più il senso di un soffocamento che quello di un abbellimento. La
compagnia musicale, dal canto suo, ha saputo fornire interpretazioni per lo più di altissimo livello, a cominciare dal direttore Sebastiano Rolli, capace di spremere la partitura come un frutto e ricavarne succhi ed essenze, un’esperienza inebriante e piena di carattere, capace di trascinare lo spettatore senza abbandonarsi mai alla routine. Francesca Pia Vitale è una Giulietta ideale: il suono è luminosissimo, ben proiettato, la linea di canto e di rara omogeneità; sul piano scenico la Vitale si muove con grande naturalezza nella piena consapevolezza del ruolo. Una prova riuscitissima. Sua degna partner, Annalisa Stroppa è un Romeo che si amalgama perfettamente con la voce della Vitale – sembra che le due siano fatte per duettare, per il trasporto che mostrano, nell’impasto vocale. La Stroppa sa mescolare sapientemente il pathos lirico al giusto tocco “eroico”, affrontato con il nerbo di un fraseggio più virile. La presenza scenica e la mimica della Stroppa riescono a dare un senso anche a certi passaggi di registro in acuto qua e là
tesi. Il Tebaldo di Matteo Falcier è complessivamente valido: le sue ben note doti di tenore lirico si mettono da subito in luce. Matteo Guerzè è un apprezzabile Lorenzo, sebbene questo sia il ruolo che la produzione mette meno in luce; la performance di Guerzè è contraddistinta da un bel fraseggio costruito su un suono ricco e tondo; infine Baopeng Wang è un Capellio un po’ sottotono, manchevole di una effettiva auctoritas di padre e leader; la voce c’è, ma la costruzione vocale del personaggio ci è parsa piuttosto generica. Bella prova di sé dà il Coro di Operalombardia, sempre diretto da Dario Maccagnola, forse più coinvolto nel momento funebre che in quelli più baldanzosi, ma comunque sempre coeso vocalmente e scenicamente ben espressivo. Un bel modo per il Sociale di Como, così come per gli altri teatri coproduttori, di concludere una stagione molto varia, non del tutto riuscita, ma sicuramente preziosa per il territorio e la cittadinanza – che giustamente ricopre di applausi entusiasti tutti alla fine della recita. Foto Alessia Santambrogio
Como, Teatro Sociale: “I Capuleti e i Montecchi”
