Napoli, Teatro di San Carlo: “Velluti: l’ultimo castrato”

DacNapoli, Teatro di San Carlo
VELLUTI: L’ULTIMO CASTRATO
Controtenore 
Franco Fagioli
Dirige 
George Petrou
Napoli, 30 gennaio 2025
“Quando canto, non sono più io: sono un respiro che si innalza verso il cielo.” Così Farinelli definiva l’atto sublime del canto, un’arte capace di trascendere la fisicità e di elevare l’animo umano verso una dimensione quasi divina. Questa visione trova una perfetta corrispondenza nell’esperienza offerta dal concerto-evento “Velluti: L’Ultimo Castrato”, recentemente andato in scena al Teatro di San Carlo di Napoli.
In questa cornice storica, il dialogo tra memoria e interpretazione si è espresso con straordinaria intensità, richiamando l’età d’oro del belcanto, un periodo in cui la vocalità dei castrati rappresentava l’apice di una tecnica raffinata e di una sensibilità espressiva unica. La figura del castrato, emblema di un’arte tanto sublime quanto controversa, nasceva da una pratica medica e sociale che prevedeva la castrazione di giovani ragazzi dotati di voci promettenti, al fine di preservare la loro tessitura acuta durante la maturità. Questa trasformazione consentiva di ottenere voci di straordinaria potenza, estensione e agilità, capaci di affrontare passaggi virtuosistici ineguagliabili. Tra i più celebri esponenti di questa tradizione, oltre al leggendario Farinelli, si annoverano nomi come Senesino, Gaetano Majorano detto Caffarelli e Antonio Bernacchi, ognuno dei quali ha lasciato un segno indelebile nella storia della musica e del teatro. Giovan Battista Velluti, ultimo grande castrato e protagonista di questo omaggio musicale, è figura emblematica del XIX secolo. Nato nel 1780 a Corridonia, nelle Marche, fu avviato giovanissimo alla carriera musicale, affinando una vocalità che univa potenza, flessibilità ed espressività drammatica. Velluti non fu solo un interprete straordinario, ma anche un innovatore: i suoi interventi nel repertorio operistico, come nell’ “Aureliano in Palmira” di Gioachino Rossini, dimostrano la sua capacità di piegare la scrittura musicale alle peculiarità della propria voce, introducendo variazioni di straordinario virtuosismo. Questo spirito creativo e indomito lo consacrò sui palcoscenici più prestigiosi d’Europa, rendendolo una figura cardine nel tramonto di questa tradizione. Sotto la bacchetta del direttore George Petrou, musicista dalla profonda sensibilità stilistica, e grazie all’interpretazione magistrale del controtenore argentino Franco Fagioli, si è aperto un universo sonoro di rara bellezza. Fagioli ha saputo coniugare un controllo impeccabile della tecnica vocale con una capacità espressiva che ha lasciato il pubblico profondamente coinvolto. La sua vocalità, che si distingue per un’estensione eccezionale e una straordinaria omogeneità timbrica, è capace di affrontare con sicurezza le più ardue colorature del repertorio barocco e rossiniano, donando ad ogni frase musicale una chiarezza cristallina e una carica emotiva palpabile. Il timbro caldo e denso di armonici, capace di alternare dolcezza e brillantezza, ha saputo restituire pienamente la complessità emotiva del repertorio affrontato. Tuttavia, il vibrato marcato e la teatralità enfatica che contraddistinguono le sue interpretazioni non mancano di suscitare opinioni contrastanti: se da un lato amplificano l’impatto drammatico, dall’altro possono apparire eccessivi per i puristi della filologia barocca. Fagioli, tuttavia, utilizza questi elementi con intenzione precisa, facendo della sua voce uno strumento che sfida le convenzioni e ridefinisce il ruolo del controtenore nel panorama contemporaneo. La sinergia tra voce e orchestrazione è stata uno degli aspetti più notevoli della serata. Petrou ha saputo bilanciare con maestria l’accompagnamento orchestrale, valorizzando le linee vocali senza mai sovrastarle. Gli archi hanno creato un tessuto sonoro avvolgente, caratterizzato da una cantabilità espressiva e una precisione negli attacchi, mentre i fiati, intagliati con delicatezza, hanno offerto colori timbrici che dialogavano con la voce solista. La scelta di tempi calibrati e dinamiche ben ponderate ha dato vita a un equilibrio perfetto tra l’orchestra e il controtenore, garantendo una resa musicale di straordinaria raffinatezza. Il programma del concerto ha offerto un viaggio attraverso celebri pagine rossiniane e gemme meno note di compositori come Paolo Bonfichi, Giuseppe Nicolini, Nikolaos Mantzaros, Johann Simon Mayr e Saverio Mercadante. Ogni brano è stato affrontato con una cura filologica e un’espressività che hanno illuminato la ricchezza di un repertorio spesso relegato ai margini della memoria musicale. Tra i momenti più significativi della serata, l’esecuzione della Sinfonia di “Tancredi” e la scena di Arsace da “Aureliano in Palmira” hanno rappresentato vertici di perfezione formale ed espressiva, mentre i brani di Bonfichi e Nicolini hanno offerto un’affascinante scoperta, rivelando la varietà e l’originalità della scrittura musicale per castrati. Il Teatro di San Carlo, con la sua acustica sontuosa e la sua storia secolare, è stato il luogo ideale per questa celebrazione. Non si è trattato solo di un omaggio a una tradizione lontana, ma di un atto d’amore verso un repertorio che, nelle mani di interpreti come Petrou e Fagioli, continua a pulsare di vitalità e a parlare al presente. La serata, lungi dall’essere un esercizio accademico, ha riaffermato la capacità della musica di trascendere il tempo, restituendo al pubblico la bellezza e la conoscenza di un patrimonio senza tempo. A suggellare questa rinascita musicale, Franco Fagioli ha recentemente pubblicato il disco The Last Castrato. Arias for Velluti (Château de Versailles Spectacles), uscito il 21 gennaio 2025. Affiancato dall’Orchestre de l’Opéra Royal e dal Chœur de l’Opéra Royal sotto la direzione di Stefan Plewniak, Fagioli esplora con maestria il repertorio dedicato all’ultimo grande castrato, offrendone una lettura moderna che combina rigore filologico e intensa espressività. Questo lavoro, già destinato a diventare un punto di riferimento per gli appassionati, è una celebrazione definitiva di un’epoca irripetibile e dell’arte sublime di un interprete unico nel suo genere. Phocredit Luciano Romano