Novara, Teatro Carlo Coccia, Stagione lirica 2025
“OTELLO”
Dramma lirico in quattro atti di Arrigo Boito dall’omonima tragedia di William Shakespeare
Musica di Giuseppe Verdi
Otello ROBERTO ARONICA
Jago ANGELO VECCIA
Casso ORONZO D’URSO
Roderigo ANDREA GALLI
Lodovico SHI ZONG
Montano LORENZO LIBERALI
Un araldo LORENZO MARIA DEGIACOMI
Desdemona IWONA SOBOTKA
Emilia NIKOLINA JANEVSKA
Orchestra Filarmonica Italiana
Direttore Christopher Franklin
Coro del Teatro Municipale Piacenza
Maestro del coro Corrado Casati
Coro Voci Bianche Piacenza
Maestro del coro Giorgio Ubaldi
Regia Italo Nunziata
Scene Domenico Franchi
Costumi Artemio Cabassi
Luci Fiammetta Baldiserri
Novara, 24 gennaio 2025
“Otello” è opera da far tremare i polsi. Punto di arrivo della drammaturgia tragica verdiana e paradigma di un mito verdiano che suscita timore anche solo ad avvicinarsi. Allestire “Otello” specie fuori dai grandi circuiti è impresa che richiede coraggio e una certa dose di follia. Entrambe non sono mancate al Teatro Coccia che proprio con quest’opera ha deciso di inaugurare la stagione 2025. Un azzardo ma nel complesso la scommessa è stata vinta.
Lo spettacolo conta sulla mano sicura ed esperta di Christopher Franklin che guida il tutto con solido rigore. Il direttore punta a una lettura essenziale ma nel complesso efficacie. Garantisce un’ottima tenuta tra buca e palcoscenico e gestisce con bravura il problema dei pesi sonori tra un’orchestra di grandi dimensioni – è stato necessario disporre anche dei palchi di proscenio – e un teatro piccolo e dall’ottima acustica. L’Orchestra Filarmonica Italiana – presenza ormai abituale a Novara – e il Coro del Teatro Municipale di Piacenza forniscono il loro contributo di solida professionalità alla riuscita complessiva.
Roberto Aronica arriva a capo del cimento rappresentato dal protagonista. Il tenore sfoggia una voce sicura e robusta, molto sonora e ottimamente proiettata. Al netto di qualche nota “sporca” nel II atto – quasi inevitabile in certi passaggi – padroneggia la parte con sicurezza e forte senso drammatico con risultati particolarmente convincenti nel IV atto dove trova accenti di sincera e accorata commozione. Il timbro non è bellissimo e nel corso egli anni si è in parte indurito per un repertorio forse troppo pesante per un materiale di natura più lirico ma presenza vocale e facilità di canto restano una sicurezza.
Vera rivelazione della serata la polacca Iwona Sobotka, cantante attiva quasi esclusivamente in patria – in Occidente conta come presenza di rilievo solo un “Requiem” verdiano diretto da Muti in Francia – ma in possesso di un materiale di prim’ordine. La sua è una Desdemona di vecchia scuola, lontana da letture più intime e liriche e impostata su una vocalità doviziosa e possente, con uno spessore quasi da soprano drammatico. Una Desdemona guarda ai lontani modelli della Caniglia e della Tebaldi nel tipo di vocalità e nel gusto interpretativo. La voce è non solo grande e sonora ma molto bella come timbro e colore e facilissima negli acuti, potenti e ricchissimi di suono. Questo “Otello” novarese potrebbe essere un meritato trampolino di lancio. Cantante ben noto al pubblico novarese Angelo Veccia mostra come Jago di aver raggiunto una piena maturità artistica. Baritono dalla voce robusta anche se un po’ grezza ha nella nitidezza della dizione e nelle doti attoriali le sue armi migliori. Il suo è uno Jago deciso e di forte personalità che trova il momento più riuscito in un Credo reso con grande autorevolezza di accenti, feroce e granitico nella sua malvagità senza cedimenti. Dove manca qualcosa è nel canto alato del Sogno, nelle trine del terzetto della “Ragna” dove servirebbe una vocalità più raffinata. Bel timbro e squillo sicuro per il Cassio di Oronz D’Urso. Perfettamente funzionali Andrea Galli (Roderigo), Lorenzo Liberali (Montano) e Nikolina Janewska (Emilia). Coretto anche se timbricamente un po’ anonimo il Lodovico di Shi Zang. La regia di Italo Nunziata (con scene di Dmenico Franchi e costumi di Artemio Cabassi) si concentra sui rapporti tra i personaggi, sacrificando le componenti eroiche per focalizzarsi sulle emozioni più intime. La sua è una visione da dramma
borghese enfatizzata anche dai costumi che traportano la vicenda in ambientazione tardo-ottocentesca, più o meno coeva alla composizione dell’opera. L’impianto scenico è antinaturalistico, dominato di quindi scure e rugose che tendono a chiudersi in modo sempre più opprimente man mano che il delirio serra tra i suoi artigli la mente di Otello. Pochi e stilizzati elementi simbolici arricchiscono l’impianto scenico così come essenziali sono gli arredi. Belli i costumi, di un’eleganza sobria e raffinata con una precisa volontà di connotare con i dettagli ciascun personaggio. L’ambientazione più intima aiuta un lavoro di recitazione attento e molto curato. La stagione novarese si apre con il miglior viatico possibile arricchito da una sala gremita e da un calorosissimo successo per tutti gli interpreti.
Novara, Teatro Carlo Coccia: “Otello”
