Roma, Teatro Argentina: “Ragazzi irresistibili”

Roma, Teatro Argentina
I RAGAZZI IRRESISTIBILI
di Neil Simon
traduzione Masolino D’Amico
regia Massimo Popolizio
con Umberto Orsini, Franco Branciaroli
Flavio Francucci, Chiara Stoppa, Eros Pascale, Emanuela Saccardi
Roma, 21 gennaio 2024
Nel vasto panorama della drammaturgia del Novecento, Neil Simon è una di quelle figure che più ha saputo intrecciare la leggerezza di una scrittura brillante con una profonda riflessione sulla natura umana. The Sunshine Boys, scritto nel 1972 e divenuto immediatamente un classico, è forse uno dei suoi testi più emblematici, un’opera che coniuga ironia e malinconia, comicità irresistibile e sguardi impietosi sulla fragilità del successo e delle relazioni umane. Il titolo italiano, I ragazzi irresistibili, restituisce con efficacia quel senso di nostalgia beffarda che attraversa la pièce, divenuta celebre anche grazie all’adattamento cinematografico del 1975 diretto da Herbert Ross, con Walter Matthau e George Burns. Al centro della vicenda, due anziani attori di varietà, Willy Clark e Al Lewis, un tempo compagni inseparabili sul palcoscenico e celebrità del vaudeville americano. Separati da un litigio mai davvero chiarito, vengono convocati, molti anni dopo, per una trasmissione televisiva celebrativa. La proposta riapre ferite, rianima rivalità, ma soprattutto costringe i due protagonisti a confrontarsi con il passare del tempo, la perdita della gloria e la difficoltà di ritrovare una sintonia che sembra svanita per sempre. Il testo, intriso di battute fulminanti e situazioni comiche irresistibili, non si limita a intrattenere: con la sua struttura apparentemente leggera, scava nel cuore di quel mistero che è l’animo umano, dove il riso e la lacrima si fondono in un’unica, struggente verità. A questa complessa e raffinata macchina teatrale, Massimo Popolizio offre una regia che non solo rispetta la profondità del testo, ma la esalta, trasformando il palco del Teatro Argentina in un prisma capace di scomporre ogni emozione in un arcobaleno di sfumature. In questa visione, il vaudeville diventa una metafora dell’esistenza: un gioco di luci e ombre, dove la comicità non è altro che una maschera che rivela, anziché nascondere, le fragilità dell’essere. La scenografia di Maurizio Balò, vero e proprio poema visivo, delinea con pochi ma essenziali tratti il mondo fatiscente di Willy e Al: una stanza d’albergo, con la tappezzeria che si scolla come una memoria che sfuma, una finestra opaca che sembra riflettere il tempo anziché la luce, arredi semplici e logori che diventano emblema di un passato glorioso ridotto in polvere. Ogni dettaglio scenico è un tassello di questa narrazione, un frammento di un mosaico che restituisce non solo uno spazio fisico, ma una dimensione esistenziale. Franco Branciaroli e Umberto Orsini, due giganti della scena italiana, si muovono in questo spazio con una naturalezza che è il frutto di anni di esperienza e di una sapienza interpretativa che sfiora la perfezione. Branciaroli, nei panni di Willy, dipinge un ritratto straordinariamente complesso di un uomo ferito dall’oblio, ma incapace di arrendersi al proprio destino. La sua interpretazione è un intreccio di ironia tagliente e malinconia straziante, un equilibrio perfetto tra il riso che esorcizza e il dolore che resta. Orsini, dal canto suo, restituisce al personaggio di Al una grazia che è insieme fisica e metafisica. La sua voce, dapprima tremante, acquista progressivamente forza, come se il personaggio risorgesse dalle ceneri del passato per rivendicare la propria identità. Ogni gesto, ogni pausa, ogni sguardo è un’esplosione di significati, una danza di emozioni che attraversa il palco come un’onda, travolgendo il pubblico in un abbraccio al contempo tenero e implacabile. Accanto ai protagonisti, il cast di supporto si distingue per precisione e vivacità. Flavio Francucci è straordinario nel ruolo del nipote Ben, un giovane affettuoso e al contempo esasperato dall’irriverenza di Willy. La sua capacità di modulare i toni, passando dall’affettuoso al determinato, rende il personaggio credibile e accattivante. Chiara Stoppa, nel ruolo dell’infermiera, è spassosa e implacabile, con un cinismo tagliente e tempi comici perfetti. Emanuela Saccardi e Eros Pascale, in ruoli secondari ma fondamentali, arricchiscono la scena con interventi che, pur brevi, lasciano il segno. La cura di ogni dettaglio tecnico è evidente: i costumi di Gianluca Sbicca distinguono con precisione i vari registri narrativi, le luci di Carlo Pediani aggiungono profondità e suggestione visiva, mentre il suono di Alessandro Saviozzi si integra perfettamente con l’azione scenica. Anche i cambi di scena, realizzati a vista da personaggi che sembrano usciti da un fumetto noir, si muovono con ironia e ritmo, enfatizzando l’attenzione alla perfezione formale. Quando il sipario cala, il successo è palpabile: un trionfo di applausi e standing ovation travolge gli attori, richiamati in scena più volte. Branciaroli e Orsini, smessi i panni dei loro personaggi, appaiono come figure senza tempo, intrise di una passione che illumina ogni gesto, ogni sorriso. Il pubblico, conquistato dalla maestria e dall’autenticità della rappresentazione, celebra non solo due interpreti eccezionali, ma anche il teatro come luogo di meraviglia e riflessione. I ragazzi irresistibili non è solo uno spettacolo: è un’esperienza teatrale che si imprime nell’anima, un esempio luminoso di come l’arte possa rivelare, con ironia e dolcezza, le infinite sfumature dell’umanità. Photocredit @Nicolo’Feletti