Venezia, Teatro Malibran: Alpesh Chauhan sul podio dell’Orchestra del Teatro La Fenice

Venezia, Teatro Malibran, Stagione Sinfonica 2024-2025 della Fondazione Teatro La Fenice
Orchestra del Teatro La Fenice
Direttore Alpesh Chauhan
Felix Mendelssohn Bartholdy: Meeresstille und glückliche Fahrt op. 27; Darius Milhaud: “Le bœuf sur le toit” op. 58; Louise Farrenc: Ouverture n. 2 in mi bemolle maggiore op. 24; Robert Schumann: Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore op. 97 “Renana”
Venezia, 24 gennaio 2025
Dopo aver diretto, nel febbraio del 2024 l’Ottava di Bruckner, Alpesh Chauhan è tornato a Venezia, in occasione del quinto appuntamento della nuova Stagione Sinfonica della Fondazione Teatro La Fenice. Davvero intrigante il programma del concerto – svoltosi al Teatro Malibran –, che coniugava arditamente il pathos romantico – diversamente declinato nell’evocativa Ouverture da concerto Meeresstille und glückliche Fahrt, frutto della creatività di un Mendelssohn appena diciottenne; nella struggente Ouverture n. 2 op. 24 di Louise Farrenc, autorevole rappresentante del genio femminile in un contesto ottocentesco pervicacemente maschilista; infine nella Sinfonia “Renana”, affettuoso omaggio di Robert Schumann alla patria tedesca – con la scanzonata gaiezza che percorre Le bœuf sur le toit, un divertissement costruito dall’“antiromantico” Darius Milhaud, esponente del francese Gruppo dei Sei, utilizzando ritmi e melodie popolari del Brasile. Diffusamente brillante, energica, autorevole – come nella sua precedente esibizione alla Fenice – la prova offerta dal direttore britannico – nato a Birmingham da una famiglia di origine indiana – che, nonostante la giovane età si è già affermato nel panorama internazionale, grazie alle sue eccezionali doti musicali. La finezza interpretativa di Chauhan si è pienamente apprezzata in Meeresstille und glückliche Fahrt, ispirata da una coppia di poesie di Goethe, dalle quali Mendelssobn trasse l’intonazione lirica e il sentimento della natura, oltre alla struttura stessa dell’Ouverture, formata da una lenta introduzione (Adagio), seguita da un esteso Molto allegro e vivace. Duttile, l’Orchestra ha assecondato l’esplicito gesto direttoriale: dall’ampia e serena frase melodica d’apertura – che nel fraseggio e nell’atmosfera armonica prelude a Wagner – alla scintillante fanfara dei fiati, al tema vero e proprio dell’ouverture – appassionato, nonché disseminato di spunti e riecheggiamenti beethoveniani –, il cui ampio sviluppo è culminato nella squillante fanfara delle trombe, interrotta da una brevissima ripresa conclusiva della distensione melodica iniziale. L’Orchestra ha brillato di luce propria, in ogni sua sezione, nel successivo Le bœuf sur le toit, variopinto rondò orchestrale su temi e ritmi popolari soprattutto brasiliani, scritto da Milhaud nel 1919 al suo rientro in Francia dopo i due anni passati a Rio de Janeiro come funzionario d’ambasciata, accanto a Paul Claudel. Va comunque precisato che il tema ricorrente nel pezzo come il refrain di un rondò è stato composto ex novo dallo stesso Milhaud, cui appartengono anche le armonie politonali, i sapienti intrecci del materiale musicale, i nitidi colori dell’orchestra, tipici del suo stile, che nasconde spesso un intento provocatorio. Un acceso pathos romantico ha percorso l’esecuzione della breve Ouverture in mi bemolle maggiore op. 24 di Louise Farrenc – allieva di Antonin Reicha –, che ha la struttura tradizionale della forma-sonata e nella quale – dopo la lenta introduzione – si è colta la tipica contrapposizione tra la concitazione del primo tema e la scorrevole cantabilità del secondo. Veramente straordinaria è risultata l’esecuzione della Sinfonia “Renana”, a conferma della perfetta simbiosi tra l’Orchestra e il Direttore, che hanno saputo rendere, in particolare, la ricchezza di colori e di atmosfere emotive racchiusa nell’ultima partitura sinfonica di Robert Schumann, composta nel 1850 (quella pubblicata, nel 1851, come Quarta era già stata portata a termine dieci anni prima). Questa sinfonia risente della felicità provata da Schumann nei primi mesi trascorsi a Düsseldorf – dove si era trasferito nel 1850 per assumere la carica di Direttore dei concerti – e rappresenta la trasfigurazione musicale del paesaggio renano, che valse alla sinfonia la denominazione che la distingue. In effetti la Stimmung, il carattere della Terza Sinfonia si lega al germanesimo di Schumann, al culto romantico della patria tedesca, il cui simbolo per eccellenza è il Reno, che ne rappresenta la memoria storica, l’arte, la natura sentita misticamente e poeticamente. La lettura di Chauhan ha esaltato la gioia e la commozione con cui Schumann esprime il proprio attaccamento alle radici nazionali così come l’originalità del linguaggio musicale della partitura, improntato a maggiore trasparenza e chiarezza rispetto a quello delle sinfonie vicine. Intensissimo era lo slancio del tema che apre la sinfonia senza alcuna introduzione, legato a un originale profilo ritmico (combinazione di tempi binario e ternario), cui si è contrapposto il lirismo del secondo tema, più breve, che ha assunto maggiore rilievo nel corso del vasto sviluppo, fondato in gran parte sulla elaborazione dei motivi del tema iniziale. Archi e legni hanno brillato nello Scherzo dal ritmo di Ländler, privo del Trio, e nel terzo movimento, Nicht schnell, un breve Intermezzo, che aveva l’intonazione intima di certe pagine pianistiche di Schumann, mentre nel movimento successivo, Feierlich, ha primeggiato, per nitore di suono e intonazione, la sezione degli ottoni, che in una sorta di Corale – basato su un motivo non troppo lontano da quello della “Todesverkündigung”, l’annuncio di morte del secondo atto della Walküre – hanno solennemente evocato la maestà del Duomo di Colonia, emblema di una Germania gotico-cavalleresca. Lo slancio del primo tempo, insieme ad alcuni suoi spunti tematici, è tornato nel movimento finale, che si è chiuso in un tono grandioso e affermativo. Scroscianti applausi hanno festeggiato il Direttore e l’Orchestra a fine serata.