Opera in un atto su libretto di Max Meyrfeld dall’omonimo dramma di Oscar Wilde. John Lundgren (Simone), Ausrine Stundyte (Bianca), Nikolai Schukoff (Guido Bardi). Netherlands Philharmonic Orchestra, Marc Albrecht (direttore). Registrazione: 14-24 novembre 2017, Amsterdam Dutch National Opera & Ballet. 1 CD Pentatone PTC 5186 739
La Vienna a cavallo tra Ottocento e Novecento è culturalmente uno degli ambienti più stimolanti d’Europa, fucina di riflessioni filosofiche e di sperimentazioni artistiche forse senza confronti al tempo. In questa realtà Alexander von Zemlinsky è pianamente inserito ma al contempo ci appare come defilato, un passo indietro rispetto alle figure emergenti. Stimatissimo direttore, sommo didatta, musicista di vaglia ma sempre a metà del guado tra tradizione e innovazione, tra passato e futuro. Questa dualità che al tempo non giocava a suo favore oggi riesce invece ad affascinare proprio per quel suo essere anello di transizione tra due mondi ormai pienamente storicizzati.
“Eine florentinische Tragödie” opera in un atto andata in scena a Stoccarda nel 1917 è esemplare di questa stratificazione linguistica. La trama al netto dei preziosismi dell’ambientazione rinascimentale è un dramma di adulterio, gelosia e vendetta non così lontana dalle esperienze del verismo italiano, per certi aspetti può ricordare un “Tabarro” in chiave decadente. La musica è pienamente tardo romantica. L’orchestra è di grandi proporzioni e trattata con maestria, la ricchezza cromatica e timbrica della partitura è uno dei dati migliori della scrittura di Zemlinsky che raggiunge vertici di autentico virtuosismo – si ascolti la diafana fragilità che accompagna la descrizione dei cristalli di Simone. Il riferimento a Richard Strauss e a “Salome” è onnipresente fin dalla scelta di adattare un dramma di Wilde ma mentre Strauss giunto sul margine di quell’abisso si è ritirato, conscio che oltre quel limite si apriva un mondo ancoro tutto da definire e mentre Schömberg in quell’abisso si è gettato cercando di razionalizzarlo matematicamente, Zemlinsky continua a girargli attorno, incapace di affrontarlo ma al contempo magneticamente attratto.
La nuova produzione Pentatone ha la fortuna di disporre di uno dei massimi specialisti di questo periodo come Marc Albrecht. Il direttore amburghese è di questo repertorio uno dei massimi conoscitori e la presente registrazione mostra al meglio sia il senso stilistico sia la qualità della sua lettura. Certo a voler essere pignoli Albrecht non brilla di fantasia, il suo approccio è quello di un austero kappelmeister legato fino in fondo a una grande tradizione non ha però paura di gettarsi in un lavoro in cui l’eccesso retorico e sempre dietro l’angolo dandone una lettura imponente, austera e drammatica, tesissima dalla prima all’ultima nota ma capace anche di dare ragione a tutte le preziosità che Zemlinsky sparge sul funereo mantello della partitura. Netherlands Philharmonic Orchestra suona magnificamente con una pienezza di suono e una ricchezza di colori semplicemente ideali per una musica come questa.
Il cast non è purtroppo sempre all’altezza della parte orchestrale. Gran parte dell’opera pesa sulle spalle del perfido Simone, assoluto protagonista della vicenda, figura cupa e terribile in cui sembrano incontrarsi Hunding e il Michele del “Tabarro” calati nella pece più nera. John Lundgren ha una voce possente e l’accento sprezzante e implacabile richiesto dal ruolo. Va anche detto che il timbro appare un po’ impersonale privo di quella cupezza timbrica che si vorrebbe per il ruolo. L’emissione non sempre ortodossa lo porta a compromettere la linea musicale con una drammaticità forzata. Nelle poche oasi liriche dove il canto si fa più ampio e il cantante si fa apprezzare. Sicuramente in teatro l’imponenza vocale può risultare di grande impatto ma il disco ne evidenzia purtroppo le pecche.
Ausrine Stundyte presta a Bianca una vocalità solida che domina la massa orchestrale con una facilità quasi imbarazzante. Cercheremmo però invano nel suo canto la sensualità che Bianca dovrebbe esprimere sostituito da un accento sempre estremo e parossistico, molto più congeniale a Elektra che a una seduttrice corrotta e decadente. Il più convincente risulta alla fine Nikolai Schukoff che nel ruolo in fondo più stereotipato – quello di Guido Bardi amante di Bianca – fa però valere una voce tenorile bella e squillante, di una franca sincerità che conquista l’ascoltatore.
Ottima la qualità della registrazione e ben curato il booklet di accompagnamento che oltre alle note di presentazione riporta il libretto integrale – in inglese e tedesco – cosa ormai non così scontata.
Alexander von Zemlinsky (1871 – 1942): “Eine florentinische Tragödie” (1917)
