Genova, Teatro Carlo Felice: “Andrea Chénier”

Genova, Teatro Carlo Felice, Stagione 2024-2025
“ANDREA CHÉNIER”
Dramma di ambiente storico in quattro quadri su libretto di Luigi Illica.
Musica Umberto Giordano
Andrea Chénier FABIO SARTORI
Carlo Gérard ENKHBATYN AMARTÜVSHIN
Maddalena di Coigny MARIA JOSE’ SIRI
La mulatta Bersi CRISTINA MELIS
La Contessa di Coigny SIRAMUSH KHACHATRYAN
Madelon MANUELA CUSTER
Roucher NICOLO’ CERIANI
Pietro Fléville MATTEO PEIRONE
Fouquier Tinville MARCO CAMASTRA
Il sanculotto Mathieu LUCIANO ROBERTI
Un “Incredibile” DIDIER PIERI
L’Abate GIANLUCA SORRENTINO
Il maestro di Casa FRANCO RIOS CASTRO
Dumas ANGELO PARISI
Schmidt ANDREA PORTA
Balletto Fondazione Formazione Danza e Spettacolo “For Dance”ETS
Orchestra, Coro e Tecnici dell’Opera Carlo Felice di Genova
Direttore  Donato Renzetti
Maestro del coro Claudio Marino Moretti
Regia Pier Francesco Maestrini
Scene e Video Nicolás Boni
Costumi Stefania Scaraggi
Luci Daniele Naldi Coreografia Silvia Giordano
Allestimento della Fondazione Teatro Comunale di Bologna e Dell’Opéra Garnier di Monte-Carlo.
Genova, 15 febbraio 2025.
La scena d’apertura è in un salotto delle Coigny che si fa spazio in un idillio campestre alla Watteau. La cornice del dipinto, ormai a pezzi, è il tragico segnale che quel mondo è finito e che si merita le inevitabili fiamme distruttrici con cui un magico video di Nicolás Boni chiude l’atto primo e con esso censisce il crepuscolo di una società di cavalier serventi e di abatini pettegoli. Il ritratto della Rivoluzione è poi una piazza invasa da macerie, con un gigantesco busto marmoreo, in corso di completamento, di Marat. Si è di fronte all’Hôtel de Ville saccheggiato e ridotto a ricovero temporaneo del trionfante Robespierre, osannato dalla folla. Il tribunale del terzo atto e la prigione del quarto sono suggeriti con simboli essenziali: una staccionata che separa il tavolo dei giudici dalla folla dei curiosi e una massiccia inferriata che rinchiude i condannati. L’adeguato impianto scenico, come le azzeccate e discrete video animazioni, portano la firma del già citato Nicolás Boni. Le luci di Daniele Naldi e i giusti costumi d’epoca di Stefania Scaraggi hanno completato un assetto visivo congruente e apprezzabile che, non tradendo l’epoca, nel contempo valorizza l’azione di masse e singoli che la regia di Pier Francesco Maestrini ben indirizza e governa. Meno convincente, nell’intermezzo salottiero del primo atto, il trio danzante con la coreografia di Silvia Giordano, che propone un anacronistico “pomeriggio di Fauno”. Il coro dell’Opera Carlo Felice si è distinto per l’efficace correttezza che il maestro Claudio Marino Moretti sempre coltiva e implementa. Determinanti per l’ottima riuscita dello spettacolo e al conseguente entusiasmo del gran pubblico del sabato pomeriggio, l’identificazione e l’esaltazione dell’azione drammatica data dall’Orchestra del Carlo Felice che ha avuto in Donato Renzetti, esperto profondo di questo repertorio, il più convinto e convincente promotore. Per la riuscita delle recite di Chenier si deve assolutamente contare sulla qualità delle voci che qui, al Carlo Felice, ha potuto avvalersi di due sperimentati e validissimi mattatori. Nel ruolo del titolo Fabio Sartori ha sfoggiato tutta la sua tenorilità senza paure e senza cedimenti. La linea è ferma e lo squillo eroico. Caratterialmente più un combattente che un poeta, più uso alla spada che all’introspezione e alla sfumatura. Le vele sono alzate al vento e il suo sacrificio contribuirà, non ci son dubbi, ad uno splendido futuro. Più ombre di consapevolezza si annidano nel generoso petto del Gérard, sempre comunque prorompente, di Amartuvshin Enkhbat. La mole di suono che, alcuni anni fa, ai debutti novaresi, ci aveva colti felicemente alla sprovvista, si è certamente conservata ancorché rafforzata da una inaudita consapevolezza drammatica e psicologica. Gli applausi al suo “Nemico della Patria” con ripetute richieste, peraltro non soddisfatte, di un bis hanno fermato la recita per lunghi istanti. Ci si augura che l’attenuazione sonora, mostrata nella recita da Maria Josè Siri, sia di stretta congiuntura e che si dissipi in breve. Il personaggio vive comunque della sua passione interiorizzata e sfumata, ma ancor più soffre per la vivace contemporaneità eroica di uno Chénier al fulmicotone e di un Gérard sia ardente di passione che virilmente compassionevole. La correttezza stilistica e la meticolosa preparazione emergono comunque intatti dal canto e dall’azione del soprano uruguaiano. Tra i gli altri ruoli, tutti di gran presenza ed eccellenza attoriale, si fanno citare il Roucher di Nicolò Ceriani, l’Incredibile di Didier Pieri e il Mathieu di Luciano Roberti. Commovente ed appropriata la Madelon di Manuela Custer, qualche cedimento occasionale nella Bersi di Cristina Melis e qualche libertà tonale di troppo nella Contessa di Coigny di Siramush Khachatryan. A dispetto del sopracciglio inarcato con cui molti guardano al repertorio “verista”, l’Andrea Chénier continua ad esercitare una grande attrattiva sul pubblico, che lo ama e che, con grandi applausi, lo approva incondizionatamente.