Milano, MTM – Teatro La Cavallerizza, Stagione 2024/25
“5 CENTIMETRI D’ARIA. Storia di Cristina Mazzotti e dei figli rapiti”
un progetto di Nando Dalla Chiesa su testo di Paola Ornati
con LUCIA MARINSALTA
Regia Marco Rampoldi
Produzione Rara Produzione / Manifatture Teatrali Milanesi
Milano, 28 gennaio 2025
Piccola avvertenza iniziale: questa è probabilmente la più difficile recensione che io mi trovi a scrivere, perché, contrariamente a una regola che ho rispettato sempre nel valutare uno spettacolo, sarà un pezzo inevitabilmente piuttosto personale. “5 centimetri d’aria”, infatti, in scena alla Cavallerizza di Milano, parla dei sequestri di persona in Lombardia degli anni Settanta, e specialmente del sequestro – finito tragicamente – di Cristina Mazzotti, adolescente nel 1975, tenuta segregata tra novarese e varesotto e poi (accidentalmente?) uccisa con un mix di tranquillanti, sebbene il padre avesse provveduto al pagamento di un riscatto. Io, in questo spettacolo, ci sono: c’è la mia famiglia, alcuni amici di famiglia e alcune famiglie di amici; in questo spettacolo c’è un’atmosfera che mi riguarda, un passato, una serie di luoghi, persino un accento. Io ci sono, in “5 centimetri d’aria”, ma non dalla parte dei Torrielli, dei Rossi, degli Alemagna, dei Campari, né dei Mazzotti. Sono dall’altra parte: sono in quel varesotto, sono in quella Calabria, sono in quella cosa che si chiama ‘ndrangheta, sono in quei versamenti di migliaia di banconote da diecimila lire in Svizzera. Sono anche in un paio di nomi pronunciati, ma molto di più in un paio omessi dall’autrice – e le sono grato. Per questo non posso essere obiettivo riguardo questo spettacolo, ma soprattutto non sento di doverlo essere: “5 centimetri d’aria” parla di un dolore indicibile e inimmaginabile che anche la mia gente ha inflitto a tante famiglie; famiglie convinte di stare al sicuro, lontane dal Sud, a volte anche lontane dall’Italia; famiglie come tante che hanno avuto l’unica colpa di emanciparsi economicamente probabilmente in maniera più vistosa di altre. Ne parla attraverso la forma più diretta e semplice di teatro, il monologo, su una piattaforma delle esatte dimensioni della cella di detenzione, a Castelletto Ticino, di Cristina Mazzotti. Per questo Lucia Marinsalta (formidabile interprete unica) non si alza mai in piedi, perché in 145 cm non si poteva stare in piedi, ma al limite contorcersi, piegarsi, esattamente come fa la protagonista.
Eppure non importa quanto sia grande il talento dell’attrice, non importa la bellezza e l’efficacia della messa in scena, e nemmeno l’esattezza dei molti dati che vengono sibilati, gridati, snocciolati durante lo spettacolo: importa il silenzio assurdo che ancora accompagna queste vicende, dettato da benaltrismo, da una piccola dose di cinismo, e, soprattutto, da una scioccata, incredula vergogna, che ancora oggi le accompagna. La mafia , d’altronde, in Lombardia non esiste, anzi no: esiste, ma da poco, ha infilato i suoi gangli nella funzione pubblica, nelle turbative d’asta, nella corruzione dei politici; roba da XXI secolo. Ecco perché, ancora oggi, a dieci anni dal suo debutto, a cinquant’anni dalla morte di Cristina Mazzotti, “5 centimetri d’aria“ è quello che si definisce un testo necessario, soprattutto alla Lombardia. La scoperta che ho fatto stasera è che è senza dubbio ancor più necessario a quei lombardi di prima generazione, come me, cresciuti nel mito di una stirpe di braccianti che al Nord hanno saputo emanciparsi col lavoro, con la fatica, contro insulti e discriminazione quotidiana, ma che ha avallato, contribuito, o perlomeno taciuto sul sequestro, la tortura, a volte la morte, di più di 600 persone. Foto Laila Pozzo
Milano, MTM – Teatro La Cavallerizza: ” 5 centimetri d’aria. Storia di Cristina Mazzotti e dei figli rapiti”
