Milano, Teatro Carcano: “L’Empireo”

Milano, Teatro Carcano, Stagione 2024/25
“L’EMPIREO” (The Welkin)
di Lucy Kirkwood
Traduzione Monica Capuani e Francesco Bianchi
Elisabeth ARIANNA SCOMMEGNA
Sally VIOLA MARIETTI
Helen ANAHÌ TRAVERSI
Peg Carter ARIANNA VERZELETTI
Sarah Smith MATILDE FACHERIS
Charlotte MARIA PILAR PEREZ ASPA
Ann VIRGINIA ZINI
Kitty GIULIA AGOSTA
Hannah MARIKA PENSA
Mary FRANCESCA MUSCATELLO
Judith CHIARA STOPPA
Sara Hollis SANDRA ZOCCOLAN
Emma VALERIA PERDONO
Mr. Coombs ALVISE CAMOZZI
Regia Serena Sinigaglia
Dramaturg Monica Capuano
Produzione Teatro Carcano, Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile di Bolzano, LAC – Lugano Arte Cultura, Teatro Bellini di Napoli
Milano, 26 gennaio 2025
Contrariamente ad altri generi letterari, la drammaturgia europea gode di un momento piuttosto fortunato, un trentennio che ha prodotto importanti autori e testi già diventati capitali. Il mondo anglofono, manco a dirlo, detiene senz’altro una certa supremazia, dovuto probabilmente a una cultura dell’entertainment in sostanza diversa da quella delle altre nazioni: andare a Londra e non andare a teatro non è solo un peccato, ma è un’idiozia che può capitare solo a un ragazzino in gita. Lucy Kirkwood è dunque una degna esponente di questo universo drammaturgico, che non ricusa la parola come mezzo d’elezione, ma si pone in maniera ferocemente critica nei confronti dell’umanità che l’ha stimolata. “The Welkin” – tradotto da Monica Capuano come “L’Empireo“ – si pone poi in aperto dialogo con un grande classico del Novecento, “Il crogiolo“ di Arthur Miller: siamo infatti in un simile contesto storico e giudiziario, nel quale un gruppo scelto di cittadine di un villaggio è chiamato a giudicare se una ragazza “perduta”, già prossima all’impiccagione, sia veramente incinta e quindi possa ottenere salva la vita almeno per alcuni mesi. Quello che naturalmente c’è in Kirkwood e manca Miller è il female touch: il drammaturgo americano, infatti, non ha mai pensato che un consesso di sole donne, in una società repressiva e che proprio sulla donna si accanisce specificamente, possa trasformarsi in un irripetibile occasione di incontro, confronto, riconoscimento. Questo è “L’empireo”: la rosa dei santi che in terra sono sovente stati perseguitati, in questo caso è il teatro delle donne che riscoprono la propria autenticità di fronte alla legge, al giudizio superiore. Passare in rassegna ogni singola interprete delle tredici (più un unico maschio) in scena, praticamente tutte allo stesso livello, è impensabile: ci basti dire che in più di due ore di spettacolo non c’è stato offerto nulla che non fosse perfetto e perfettamente congegnato per la più totale e profonda fruizione di questo testo magnifico; naturalmente, tuttavia, non possiamo esimerci dal constatare come Arianna Scommegna sia ormai diventata un punto di riferimento imprescindibile per la nuova generazione di attrici: la sua Elizabeth, protagonista poiché levatrice del paese, quindi più esperta del caso in questione, è una forza trascinante, che sa passare repentinamente dai ritmi più comici alla disperazione più annichilente, offrendo un range vocale e mimico tanto vasto quanto naturale; è chiaro non solo che la Scommegna sia ormai un’interprete matura ed autorevole, ma che le si prospettino gli anni della meritata gloria, e ci auguriamo che nessuno la ostacoli in alcun modo. L’altra interprete che inevitabilmente spicca dal gruppo è Viola Marietti, nella parte di Sally, cattiva ragazza prossima alla forca: la fisicità androgina, la voce contraltile, i capelli arruffati, le movenze che sembrano non conoscere vergogna, delineano un personaggio straordinario, eppure così frequente ancora oggi nelle piccole comunità, cioè il capro espiatorio, la cattiva in quanto geneticamente tale, la cui riprovazione diventa un elemento unificante della comunità, e che a sua volta si adegua a interpretare la parte che le è stata affibbiata. Ultima, immancabile, menzione va alla regista Serena Sinigaglia, non più una giovane promessa, ma una solidissima realtà del nostro teatro: le regia di Sinigaglia hanno sempre il merito di tenere in perfetto equilibrio tradizione e sperimentazione, prediligendo comunque sempre il teatro di parola contestualizzato in un progetto estetico altamente significativo; “L’empireo” non fa eccezione: la scelta del semicerchio di sedie nere e dell’impostazione da “lettura scenica” che si evolve in una regia vera e propria sono vincenti, proprio perché supportate da un solido lavoro sul testo e l’interpretazione. In conclusione, non possiamo che augurarci che nella tournée che si prospetta questo testo sappia conquistarsi il più vasto consenso possibile, e diventi anch’esso un nuovo classico contemporaneo. Foto Serena Serrani