Roma, Teatro Belli: “I trucchi del mestiere”

Roma, Teatro Belli
I TRUCCHI DEL MESTIERE
Di Ludovico Marcucci e Daniele Prato
Con Claudio Cammisa, Alberto Gandolfo, Camilla Paoletti
Regia di Saverio Barbiero
Produzione Società per Attori
Roma, 11 febbraio 2025

Avete presente quei maghi che fanno sparire conigli, seghettano assistenti e poi si prendono applausi scroscianti? Ecco, il Mago Maùs non è uno di loro. La sua carriera arranca e, per dare una svolta, decide di stringere un patto col diavolo – perché, si sa, quando le cose vanno male, tanto vale chiamare Barnaba, il luciferino di turno! Nel frattempo, cerca anche una nuova assistente, e tra le candidate si presenta Caterina, giovane e ingenua ragazza di campagna, ignara di ciò che l’aspetta… La scena è essenziale e ci porta direttamente nella camera da letto del mago Maùs. A destra un letto, a sinistra lo specchio, fulcro visivo e narrativo dello spettacolo. L’apparizione del diavolo attraverso lo specchio è una trovata affascinante, ma avrebbe potuto essere resa con maggiore impatto, magari sfruttando meglio giochi di luce e ombre per amplificare il mistero e attenuare l’effetto artificioso. L’ambientazione dei provini nella camera da letto di Maùs è una scelta insolita ma curiosa. Se da un lato sottolinea la sua condizione precaria, dall’altro crea una dinamica particolare tra i personaggi. Una maggiore caratterizzazione dello spazio o un accento sul disagio iniziale della candidata avrebbe reso la situazione ancora più credibile. Gli abiti contribuiscono a definire i personaggi e a raccontare, ancor prima delle parole, chi sono davvero. Maùs indossa un abito elegante, con la sua immancabile giacca da mago. Per Caterina, invece, Maùs ha scelto un vestito brillante, da vero spettacolo, come se bastasse il luccichio dei lustrini per trasformare un’aspirante assistente in una star. E poi c’è Barnaba, “il diavolo che veste Prada”, impeccabile e sofisticato, con un’eleganza che è quasi una dichiarazione di superiorità: nel suo mondo, il vero potere non ha bisogno di trucchi, né di illusioni. Gli attori si fanno notare. Claudio Cammisa (Mago Maùs) ironico e carismatico, regge bene la scena dall’inizio alla fine. Con il giusto equilibrio tra goffaggine e astuzia, rende il personaggio credibile e divertente. Alberto Gandolfo (Barnaba): spontaneo e senza eccessi, un diavolo più ironico che spaventoso, capace di giocare con le sfumature senza mai cadere nella macchietta. Brava Camilla Paoletti. La scelta dialettale la rende autentica e fresca. Il contrasto tra la sua ingenua vitalità e il cinismo del mondo che la circonda amplifica il colpo di scena finale. Saverio Barbiero dirige con ritmo fluido e senza tempi morti, mantenendo viva l’attenzione del pubblico fino alla fine. La gestione degli attori è solida e l’intreccio si sviluppa con leggerezza e ironia. Considerando il tema della magia, si sarebbe potuto osare di più con effetti visivi e scelte sceniche capaci di esaltare il contrasto tra l’inefficienza goffa di Maùs e la potenza oscura di Barnaba, amplificando così la distanza tra il mondo reale e quello soprannaturale. Ma è nel finale che lo spettacolo cambia registro, rivelando tutta la sua profondità. Quando Barnaba prende l’anima di Caterina, Maùs si trova di fronte a qualcosa che nessun trucco può risolvere: la ragazza è ancora lì, ma è svuotata, irriconoscibile. E lui, che della magia ha fatto la sua vita, si accorge di non poter più distinguere l’illusione dalla realtà. Una persona senza anima non è niente, così come un mago senza i suoi trucchi. Maùs rimane solo, disarmato. E mentre il sipario cala, resta un senso di vuoto, come se insieme a Caterina fosse svanita anche l’ultima scintilla di magia. Uno spettacolo brillante e ironico, ma con un retrogusto amaro che lo rende ancora più incisivo. La magia è solo un trucco, ma quando l’illusione si spezza, il prezzo da pagare è reale. Lo spettacolo scorre con leggerezza e ritmo, strappando risate al pubblico grazie ai dialoghi brillanti e alle dinamiche ben costruite tra i personaggi. L’ironia di Maùs, la spontaneità di Barnaba e la dolce freschezza di Caterina tengono viva l’attenzione. Alla fine, gli applausi scrosciano, segno di un racconto che ha saputo sorprendere e coinvolgere fino all’ultimo istante.