Teatro dell’Opera di Roma Stagione Lirica 2024/25
“LUCREZIA BORGIA”
Melodramma in un prologo e due atti
Libretto di Felice Romani da Victor Hugo
Musica di Gaetano Donizetti
Alfonso I d’Este CARLO LEPORE
Lucrezia Borgia ANGELA MEADE
Gennaro ORESTE COSIMO
Maffio Orsini TERESA IERVOLINO
Jeppo Liverotto RAFFAELE FEO
Don Apostolo Gazella ARTURO ESPINOSA
Ascanio Petrucci ALESSIO VERNA
Oloferno Vitellozzo EDUARDO NIAVE*
Gubetta ROBERTO ACCURSO
Rustighello ENRICO CASARI
Astolfo ROCCO CAVALLUZZI
Usciere GIUSEPPE RUGGIERO
*diplomato “Fabbrica”, Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Roberto Abbado
Maestro del Coro Ciro Visco
Regia Valentina Carrasco
Scene Carles Berga
Costumi Silvia Aymonino
Luci Marco Filibeck
Nuovo allestimento del Teatro dell’Opera di Roma
Roma, 19 febbraio 2025
La ripresa di Lucrezia Borgia di Gaetano Donizetti al Teatro dell’Opera di Roma ha visto alternarsi in scena due compagnie di canto, confermando la solidità di una produzione che si distingue per l’equilibrio tra aderenza stilistica e impatto teatrale. Il cast alternativo, qui in oggetto, ha offerto un’esecuzione più che funzionale, delineando con precisione ed espressività il raffinato gioco di contrasti che caratterizza il capolavoro donizettiano. Nel ruolo di Lucrezia Borgia, Angela Meade si presenta con una vocalità che, pur mantenendo una certa imponenza timbrica, appare oggi segnata da un evidente indebolimento. La sua voce, un tempo caratterizzata da un’estensione notevole e da un dominio tecnico invidiabile, si mostra ora meno coesa e incline a una certa discontinuità nel controllo del suono. Il fraseggio, piuttosto generico e privo di un’indagine profonda sulle intenzioni espressive, manca di quell’incisività necessaria a scolpire la parola e la linea melodica, limitandosi a una declamazione corretta ma priva di reale introspezione drammatica. La sua esecuzione tende così a risolversi in una lettura più concertistica che teatrale, con un’interpretazione scenica inevitabilmente penalizzata dai limiti fisici, che riducono l’impatto drammaturgico e la tridimensionalità del personaggio. Ciò che un tempo la rendeva un’eccellente esecutrice del belcanto – la precisione stilistica, il controllo del fiato, la fluidità del legato – appare oggi compromesso da un’emissione meno rifinita e da un’articolazione vocale divenuta disordinata. Carlo Lepore offre, invece, un’interpretazione di Alfonso I d’Este di rara efficacia teatrale, con una presenza scenica magnetica e un fraseggio di straordinaria fantasia. La sua voce, caratterizzata da una brunitura timbrica avvolgente e da un’ampia estensione, si distingue per l’omogeneità tra i registri e per la duttilità nel legato, consentendogli di plasmare ogni frase con un’eloquenza musicale di grande finezza. La sicurezza nell’emissione e la capacità di modulare il suono con sapiente controllo dinamico esaltano le sfumature espressive del personaggio, rendendo la sua interpretazione irresistibile per pregnanza drammatica e ricchezza di colori vocali. Chiamato a sostenere il ruolo di Gennaro in una sostituzione improvvisa, Oreste Cosimo affronta la prova con dedizione, offrendo un’emissione curata e un fraseggio attento, capace di restituire il lirismo donizettiano con un legato scorrevole e un timbro pastoso. Tuttavia, alcune esitazioni dinamiche e una proiezione vocale ancora prudente hanno limitato l’ampiezza del suono, soprattutto nei passaggi di maggiore slancio eroico. Sul piano scenico, una certa rigidità attoriale ha attenuato l’impatto drammatico dell’interpretazione, segno di una preparazione necessariamente ridotta. Nel complesso, una prova di buon livello, che con maggiore agio avrebbe potuto restituire un Gennaro più incisivo e vibrante. Resta comunque lodevole la disponibilità dell’interprete, che ha saputo affrontare con professionalità una sfida non semplice, e si auspica di poterlo riascoltare in contesti più favorevoli, dove possa esprimere appieno le sue potenzialità. Teresa Iervolino si distingue per un timbro mezzosopranile di notevole omogeneità, caratterizzato da una pasta brunita e una solida proiezione vocale, che conferiscono al suo Maffio Orsini un’autorevolezza timbrica ben definita. La sua linea di canto si avvale di un legato impeccabile e di una musicalità curata con precisione, mentre il registro centrale, ampio e duttile, mantiene una consistenza fonica che valorizza la profondità espressiva del personaggio. La padronanza della coloratura, eseguita con precisione e controllo, si unisce a un’articolazione degli abbellimenti di grande pulizia tecnica, elementi che rendono Il segreto per esser felici un perfetto esempio di virtuosismo stilistico e rigore esecutivo. A completare il cast, un ensemble di interpreti che ha restituito con coesione e chiarezza il tessuto drammatico della vicenda. Jeppo Liverotto (Raffaele Feo), Don Apostolo Gazella (Arturo Espinosa), Ascanio Petrucci (Alessio Verna), Oloferno Vitellozzo (Eduardo Niave), Gubetta (Roberto Accurso), Rustighello (Enrico Casari), Astolfo (Rocco Cavalluzzi) e l’Usciere (Giuseppe Ruggiero) hanno offerto prove di grande rilievo, con una buona interpretazione sia dal punto di vista vocale che scenico. La lettura di Lucrezia Borgia offerta da Roberto Abbado si distingue per un’acuta sensibilità stilistica e una concertazione che privilegia il rigore strutturale senza sacrificare l’incisività drammatica. Attraverso una gestione calibrata delle masse sonore, ha esaltato la scrittura orchestrale donizettiana, conferendole una plasticità timbrica che ha saputo sostenere e amplificare le linee vocali. L’attenzione meticolosa alla costruzione delle arcate espressive, unita a un controllo assoluto delle dinamiche e delle agogiche, ha consentito di mantenere una tensione narrativa uniforme, evitando qualsiasi dispersione del tessuto musicale. Abbado ha saputo modellare il suono con grande duttilità, mettendo in rilievo non solo il lirismo dell’opera ma anche le sue tensioni drammaturgiche, con un fraseggio orchestrale sempre nitido e perfettamente in sintonia con il palcoscenico. La sua direzione, però, si è contraddistinta anche per un’energia sonora particolarmente robusta, con un volume orchestrale talvolta spinto al limite, rischiando di sovrastare le voci in alcuni passaggi. Questo approccio, pur conferendo impeto e grandiosità alla narrazione musicale, ha occasionalmente ridotto il respiro teatrale dell’esecuzione. L’energia e la passione che hanno permeato l’intera serata si sono comunque riflesse in un’atmosfera di grande coinvolgimento, culminata in applausi scroscianti e sentiti da un pubblico non numeroso ma partecipe. Photocredit Fabrizio Sansoni
Roma, Teatro dell’ Opera: “Lucrezia Borgia” (Cast Alternativo)
