Roma, Teatro dell’Opera, Stagione 2024/2025
“CARMEN”
Balletto in due atti da Prosper Mérimée
Musica Georges Bizet, Manuel De Falla, Isaac Albéniz, Mario Castelnuovo-Tedesco, Gabriele Bonolis
Elaborazioni e orchestrazioni Gabriele Bonolis
Direttore Manuel Coves
Coreografia Jiří Bubeníček
Assistenti alla coreografia Allister Madin, Lienz Chang
Scene e luci Gianni Carluccio
Costumi Anna Biagiotti
Orchestra, Étoiles, Primi ballerini, Solisti e Corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma
Carmen Federica Maine
Don José Claudio Cocino
Lucas Simone Agrò
Scrittore Giuseppe Schiavone
Roma, Teatro Costanzi, 30 gennaio 2025
Commissionata originariamente da Eleonora Abbagnato a Jiří Bubeníček nel 2018, la produzione coreografica dedicata alla leggendaria Carmen è tornata in scena in questi giorni al Teatro dell’Opera di Roma. «Carmen nel mio balletto è una donna forte e attraente, è uno spirito libero, simile a un cavallo che non si può domare. Non appartiene a niente e nessuno – spiega il coreografo –. Ho iniziato questo lavoro leggendo Prosper Mérimée e mi sono reso conto che il personaggio della novella è molto più ricco di quello che ho potuto cogliere dal libretto dell’opera». In effetti, la dimensione narrativa è nello spettacolo molto potente, e si incarna nel personaggio dello scrittore, interpretato nella recita di oggi da Giuseppe Schiavone, presente sia all’inizio che alla fine dello spettacolo. Quasi a voler suggerire che la storia di cui siamo venuti a rintracciare i noti elementi di indomita passione e di crudezza estrema sia una semplice invenzione, destinata forse a restare in secondo piano rispetto alla realtà quotidiana della vita degli spettatori, o magari meglio a imprimersi nelle loro menti, donando loro una guida nei momenti di quiete e riflessione. A chiedere giustizia narrativa è però qui la figura di Don José, oggi interpretato dal Primo ballerino Claudio Cocino, che si rivolge a Mérimée in attesa di essere impiccato. La nostra Federica Maine nelle vesti di Carmen è un personaggio intento ad esplorare la propria leggiadra sensualità ora attraverso uno sguardo fugace ora attraverso la lascivia della scia del fumo di una sigaretta.
La sua personalità inizia ad emergere nel confronto con il contornante corpo di ballo delle sigaraie, che nei loro fluidi movimenti convertono il ripetitivo lavoro in una metafora musicale pregna della cifra coreografica di Bubeníček, formatosi come danzatore nella compagnia di John Neumeier, e dedicatosi successivamente a tempo pieno alla coreografia dal 2015. Se Carmen inizia ad acquisire un’aura di fatale ribellione nella rissa con le compagne, Don José invece acquista in romantico lirismo, quando ripensa al primo duetto con Carmen una volta in prigione. A guidarci nella lettura dello spettacolo è soprattutto la redazione della partitura musicale che accosta l’originale di Bizet a varie interpolazioni. I momenti più accesi sono dedicati alla passione, agli scontri, alle gelosie, ma di fondo è presente un certo languore che conduce lo spettatore verso il godimento visivo della corporeità dei danzatori. La scena è spoglia ed essenziale. Pochi i richiami scenici alla temporalità del racconto, e l’arrivo di un enorme cavallo in scena sembra quasi il segno di un lieve scadere nella pura letteralità. Il primo atto si era concluso con l’omicidio furioso del Tenente (Valerio Marisca). Nel secondo l’elemento chiave è il trio che accosta alla Bianchi e a Cocino un incisivo Simone Agrò nel ruolo di Lucas. Grande è la forza che si sprigiona. Cocino rivela al meglio le sue potenzialità attoriali nello scontro con il valido antagonista. La Maine cerca di dirimere il contrasto, ma finisce per essere colpita a morte alla fine del balletto. A Don José non rimane che il suicidio. Come già detto, il finale addolcisce il tutto, a nostro avviso per dare maggiore enfasi al lato lirico della musica, anche se tale soluzione toglie forza espressiva alla storia dei personaggi. Foto Fabrizio Sansoni-Teatro dell’Opera di Roma
Roma, Teatro dell’Opera: “Carmen”
