Roma, Teatro Palladium: “Viro” di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni

Roma, Teatro Palladium
“VIRO”
di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni
Roma, Stagione Danza 2025 “In Levare” di Orbita/Spellbound Centro Nazionale di Produzione della Danza a cura di Valentina Marini in collaborazione con Fondazione Musica per Roma – Festival Equilibrio
Coreografia Antonella Bertoni
Regia Michele Abbondanza
Con Cristian Cucco e Filippo Porro
Disegno luci Andrea Gentili
Direzione tecnica Claudio Modugno
Musiche Byetone – Death of a Typographer
Sound Design Giacomo Plotegher
Consulenza musicale Marco Dalpane
Produzione Compagnia Abbondanza/Bertoni
Con il sostegno di Mic – Ministero della Cultura, Provincia Autonoma di Trento, Comune di Rovereto, Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto
Roma, Teatro Palladium, 21 febbraio 2025
Non ci era ancora capitato di vedere la compagnia Abbondanza/Bertoni. Attiva da oltre trent’anni, si è imposta all’attenzione con lo spettacolo Terramara nel 1991, già definita una celebrazione della coppia agreste. Formatisi a New York con Alwin Nikolais ed in Francia con Dominique Dupuy, e poi passati attraverso la collaborazione con Carolyn Carlson e lo studio della pratica zen, i due hanno poi intrapreso un proprio percorso creativo. Michele Abbondanza in particolare è stato co-fondatore del gruppo Sosta Palmizi e docente alla Scuola di Teatro del Piccolo di Milano. Per entrambi fare teatro è adesso un “modo di mascherarsi, di continuare a fare magie come da piccoli”. E del resto tra le loro produzioni figurano titoli come Romanzo d’infanzia (1997) e Clown Time (2020). Acclamato lo spettacolo Hyenas (2020), definito come un “ballo in maschera” nel quale cinque personaggi attraverso svariati smascheramenti evocano “l’uniformità global del gregge e il suo bisogno di contatto col tribale, l’archetipo e il mito”. Così come già in precedenza Erectus. Pithecanthropus (2018) sulla musica omonima di Charles Mingus, seconda parte del progetto Poiesis dedicato alla “traduzione stenografica e minuziosa di una partitura musicale”. Quattro danzatori uomini che nell’ascolto del jazz sfidano selvaticamente le convenzioni. Del 2021 è Doppelgänger, dedicato al tema del doppio, alla dualità che si fa anche mistero, all’incontro tra un attore con disabilità – Francesco Mastrocinque – e il danzatore Filippo Porro. Due interpreti che si ri-conoscono per passare dall’azione al silenzio solitario in una forma artistica dall’approccio diremmo psicosomatico. La coreografia vista al Palladium nell’ambito della stagione danza “In Levare” di Orbita/Spellbound a cura di Valentina Marini in collaborazione con il Festival Equilibrio è anch’essa parte di una trilogia, che ha preso parte nel 2022 con lo spettacolo Idem. Trattasi dunque di una stessa cosa, declinata però in modi differenti. Il sottotitolo dello spettacolo originario esplicitava significativamente “Io contengo moltitudini”. La produzione coreografica voleva essere una delle possibili verità connesse agli esseri umani nella loro identità personale e di gruppo, nel loro migrare attraverso spazi e luoghi diversi, nel loro implodere e vibrare esternamente grazie al corpo e alle espressioni del viso, nel loro urlare tarantolato di creature affrante da ansie e paure, pronte a risorgere dopo mille nascite e piccole morti. Un continuo fluire che attraversa naturalmente anche la sessualità. Il secondo spettacolo del 2023 è difatti una variazione più che mai al femminile, come ci indica il titolo Femina. Tra gesti naturali come il sistemarsi le spalline del reggiseno e movenze da ginnaste, il critico Rossella Battisti vi intravedeva “un’inquietudine irrisolta”. Ora invece è la volta del maschile. In questo spettacolo del 2024 il titolo Viro si associa sia al “virile” che al “virale”. La maschilità in oggetto è una dimensione effeminata da metrosexual. I due fascinosi interpreti in scena con le loro chiome blu argento e le loro t-shirt nere reagiscono con dei tic nervosi agli impulsi elettronici della musica di Byetone, tratta dall’album Death of a Typographer registrato a Berlino. E nelle scansioni ritmiche pare proprio di riconoscere la trama sonora del ticchettio di una macchina da scrivere, resa naturalmente più allettante dall’atmosfera surreale del sottofondo elettronico. Basta poco per incantare il pubblico. Lo scattoso roteare della testa, il lento appoggiare le dita del piede sul pavimento, una mano che lievemente solleva la maglia o sfiora la testa. Le combinazioni diventano gradualmente più complesse affiancando gli spostamenti speculari nella scena ad un lasciarsi andare alla forza della gravità, venendo a contatto col pavimento. Acquistano più forza le torsioni del busto ed i movimenti del bacino, più dinamici divengono i movimenti degli arti superiori. La coreografia minimalista si trasforma infine dunque in vera e propria danza, trascinando il pubblico in un vortice di suggestioni dettate dall’incalzare della musica. Le dita indicano qualcosa che sfugge alla comprensione. Si tratta del resto come recitano le note di sala si una “creatura tagliata in due che ignara dello scisma, amplifica sdoppiandosi, la sua natura eroicamente autocompiaciuta e depressa”. E allora sul finale ecco comparire una voce robotica che pone delle simboliche e retoriche domande alternate da brevi constatazioni: “Ciao Y! Ciao X! Anche tu da queste parti? Chi, io? Hai voglia di farmi compagnia? Potremmo anche.. Tu non sei stanco? Non mi dire.. Chi, io? Oh, sì, tu, davvero, X”. Tra la confusione e lo smarrimento identitario, l’emozione è assicurata. L’importante è non trascurare di chiedersi quanto di noi stessi nella nostra realtà contemporanea virale sia permeato nell’immaginazione coreografica. Foto Tobia Abbondanza