Roma, Teatro Quirino Vittorio Gassman: “Antonio e Cleopatra”

Roma, Teatro Quirino Vittorio Gassman
ANTONIO E CLEOPATRA
di William Shakespeare
traduzione e adattamento Nadia Fusini e Valter Malosti
con Anna Della RosaValter MalostiDanilo NigrelliDario BattagliaMassimo VerdastroPaolo GiangrassoNoemi GrassoIvan GrazianoDario GuidiFlavio PieraliceGabriele RamettaCarla Vukmirovic
chitarra elettrica live Andrea Cauduro
arpa celtica live Dario Guidi
scene Margherita Palli
costumi Carlo Poggioli
disegno luci Cesare Accetta

progetto sonoro GUP Alcaro
cura del movimento Marco Angelilli
maestro collaboratore Andrea Cauduro
regia Valter Malosti
Roma, 11 febbraio 2025
“L’età non può appassirla, né l’abitudine renderla stantia: il suo fascino è una fiamma sempre viva”Antonio e Cleopatra, William Shakespeare

Al Teatro Quirino, Valter Malosti affronta il meno frequentato tra i drammi shakespeariani con un’operazione di condensazione radicale, un’epurazione di personaggi e trame secondarie che, se da un lato semplifica l’impianto narrativo, dall’altro ne scolorisce l’ampio affresco geopolitico, riducendo Antonio e Cleopatra a un duello privato, una danza macabra tra eros e thanatos. Il dispositivo scenico, astratto e monolitico, richiama l’enigma spaziale delle architetture dechirichiane, un limbo metafisico dove i personaggi si stagliano come icone sospese tra l’immortalità del mito e la caducità del potere. L’incipit promette un approccio grottesco, una lettura spietatamente contemporanea del testo elisabettiano: i due protagonisti emergono da catafalchi marmorei tra risate registrate e applausi ironici, spogliati fin dall’inizio della loro grandezza tragica. Ma questa vena si disperde rapidamente nel corso dello spettacolo, lasciando il posto a una recitazione più convenzionale, in cui il gioco delle parti si fa meno tagliente e più illustrativo. Il dialogo tra la regia e la drammaturgia si assesta su un registro che oscilla tra il rispetto filologico e l’interpolazione postmoderna, senza trovare una sintesi completamente convincente. Nadia Fusini, coautrice della traduzione con Malosti, insiste sulla stratificazione metateatrale del testo, sottolineando la consapevolezza scenica di Cleopatra, figura ambigua e cangiante, che manipola la sua stessa rappresentazione con la maestria di una regina e l’astuzia di un’attrice consumata. Anna Della Rosa incarna questa duplicità con una gamma di sfumature notevole, alternando momenti di distacco ironico a scarti di pathos sincero. La prova di Valter Malosti è solida e incisiva, con un controllo vocale che enfatizza la tensione e la profondità emotiva del suo personaggio, rendendo con grande efficacia il tormento interiore e la determinazione di Antonio. A sostenere con maestria l’intensità del testo è un cast di interpreti di grande spessore, che affianca i due protagonisti principali con Danilo Nigrelli, Massimo Verdastro, Dario Battaglia, Paolo Giangrasso, Noemi Grasso, Ivan Graziano, Dario Guidi, Flavio Pieralice, Gabriele Rametta e Carla Vukmirovic, ciascuno portando sul palco un’energia unica e una presenza scenica incisiva. La scena di Margherita Palli, dominata da una monumentale apertura circolare che funge da varco tra i mondi, è un’architettura mentale più che un luogo concreto, un dispositivo visivo che evoca al tempo stesso l’altrove esotico dell’Egitto e il vuoto freddo della Storia. Tuttavia, la scelta di una palette espressiva che mescola suggestioni anacronistiche – dagli spolverini di pelle rossa alle valigie vintage – non sempre si integra organicamente con la struttura drammaturgica, rischiando di risultare un esercizio di stile più che un reale potenziamento della narrazione. L’apparato sonoro di GUP Alcaro avvolge la messinscena in un tappeto di risonanze sottili, che amplificano il senso di spaesamento e sospensione, ma l’uso sistematico della microfonazione, ormai cifra ricorrente nelle produzioni da grande palco, introduce una distanza emotiva che appiattisce l’intensità della recitazione. La seconda parte dello spettacolo guadagna in tensione e ritmo, quando il dramma politico si stringe attorno ai protagonisti, ma permane la sensazione di un’idea non del tutto compiuta, un’intenzione forte che non sempre trova una corrispondenza efficace nei mezzi scenici adottati. Resta il fascino innegabile del testo, il gioco vertiginoso di equilibri tra ordine e disordine, tra pulsione e ragione, tra il desiderio di possesso e la consapevolezza della perdita. Malosti sembra voler portare il pubblico proprio in questo territorio ambiguo, senza offrire soluzioni univoche, lasciando aperta la domanda su cosa significhi davvero il potere, su quanto sia indissolubilmente legato alla sua stessa fine. Se Shakespeare resiste a qualsiasi interpretazione, qui si ha l’impressione che resista più per la sua intrinseca grandezza che per la forza della visione registica. Uno spettacolo di indubbia ambizione, che lascia più interrogativi che certezze, ma che proprio in questa sua incompiutezza trova forse la sua ragione d’essere. La regia si muove su un filo sottile tra suggestione e frammentazione, evocazione e astrazione, con un equilibrio delicato che non sempre regge il peso del testo. Tuttavia, è innegabile l’abilità con cui Malosti tratteggia il rapporto tra Antonio e Cleopatra, un legame che si nutre di un continuo alternarsi di attrazione e repulsione, potere e vulnerabilità. Questo contrasto emerge con particolare efficacia nelle scene in cui il linguaggio corporeo si fa preponderante, con sguardi e gesti che parlano più delle parole stesse. Nel complesso, la produzione al Teatro Quirino si presenta come un’operazione teatrale di rilievo, che pur con qualche limite di coerenza drammaturgica, offre uno sguardo nuovo su un testo che raramente trova spazio sui palcoscenici italiani. La forza visiva della messinscena e la capacità degli attori di dare vita a personaggi complessi e stratificati sono elementi che meritano di essere sottolineati. Malosti continua il suo percorso di esplorazione teatrale con uno spettacolo che, sebbene non privo di difetti, riesce a stimolare la riflessione e a offrire momenti di autentica intensità scenica. Photocredit @Tommaso Le Pera