Firenze, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino – Stagione lirica 2025
“RIGOLETTO”
Melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave, dal dramma “Le roi s’amuse” di Victor Hugo.
Musica di Giuseppe Verdi
Il duca di Mantova CELSO ALBELO
Rigoletto LEON KIM
Gilda OLGA PERETYATKO
Sparafucile ALESSIO CACCIAMANI
Maddalena ELEONORA FILIPPONI
Giovanna JANETKA HOSCO
Il conte di Monterone MANUEL FUENTES
Il cavaliere Marullo YURII STRAKHOV
Matteo Borsa DANIELE FALCONE
Il conte di Ceprano HUIGANG LIU
La contessa di Ceprano LETIZIA BERTOLDI
Un usciere EGIDIO MASSIMO NACCARATO
Un paggio ALOISIA DE NARDIS
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Stefano Ranzani
Maestro del coro Lorenzo Fratini
Regia Davide Livermore
Scene Giò Forma
Costumi Gianluca Falaschi
Luci Antonino Castro
Video D-wok
Assistente movimenti coreografici Elena Barsotti
Allestimento del Maggio Musicale Fiorentino
Firenze, 18 febbraio 2025
Grande richiamo di pubblico per questo intramontabile titolo verdiano, di ritorno al Maggio nella produzione del 2021. A oltre tre anni dall’esordio, la regia di Davide Livermore (ripresa da Stefania Grazioli), con le scene di Giò Forma, i costumi di Gianluca Falaschi (ripresi da Gian Maria Sposito), le luci di Antonino Castro (riprese da Fabio Rossi), i video di D-wok e i movimenti coreografici di Elena Barsotti, conferma i pregi e i difetti già riscontrati (si veda la recensione del 2021 per maggiore approfondimento). Così, il rapimento di Gilda, con quel palco vuoto e quel Rigoletto senza scala e senza benda, continua a non funzionare, al pari delle numerose incongruenze coi dettami del libretto. D’altro canto, oggi come allora, il funereo presagio di morte durante il preludio e l’entrata dalla platea di Monterone, una sorta di deus ex machina a mo’ di Commendatore mozartiano, suscitano ancora un certo effetto, al pari del sottile controsipario che si abbatte sulle note della maledizione o della calzante trovata finale che vede Rigoletto duettare con una Gilda inanimata, già “lassù in cielo, vicino alla madre”. Dalla buca, Stefano Ranzani segue la vicenda con educata circospezione, inusuali riprese ed estrema attenzione a sonorità soffuse. La “tinta” dell’opera appare, dunque, meno oscura del solito, ma più misteriosa, relegando le ballate del duca a momenti di “ordinaria amministrazione”, che si percepiscono quasi come dal fuoriscena, seguendo l’idea verdiana di una musica declassante, a condanna dei deprecabili vizi della corte. Si alternano, poi, frasi di maggiore impulso e magnificenza, riservate perlopiù alla caratterizzazione del drammatico, che trovano un loro perfetto dialogo coi più frequenti piano al momento degli scambi tra coro e tenore del tempo di mezzo
dell’aria del tenore. Non manca, infine, la consueta cura dell’orchestra nella restituzione dei dettagli, come nel suggestivo momento d’insieme che concorre alla magistrale resa musicale del temporale, a cui il coro a bocca chiusa di Lorenzo Fratini contribuisce con fine sensibilità. In scena fa da protagonista il Rigoletto di Leon Kim, la cui prova era tutt’altro che semplice, vista la concorrenza che si ha nel ruolo. A dispetto di ciò, il baritono coreano si presenta ben preparato, dispiegando un fraseggio già piuttosto approfondito e coadiuvato da uno strumento vocale omogeneo e ben sostenuto, sonoro quando necessario e impavido davanti ai frequenti assottigliamenti, funzionali a svelare l’uomo celato dietro la maschera del buffone. Imprecante, commiserabile e supplichevole, il suo Rigoletto soffre la maledizione con ossessionante intimismo, lo stesso che lo renderà nel finale più mesto che disperato, dove forse ci saremmo aspettati maggiore spinta. Gli sfoghi acuti non sono, comunque, mancati nel corso della rappresentazione, risultando proiettati con efficacia, sebbene in acuto si sia notata qualche maggiore difficoltà nel mantenere una corretta dizione. Al suo fianco, Olga Peretyatko è una Gilda coinvolgente, in bilico tra trattenuta timidezza e tiepida ingenuità. Al pari della schiera di soprani di coloratura coinvolti nel ruolo, la cantante subisce l’assenza di un diverso peso vocale sul canto di centro e manca a volte di rilievo nelle scene d’insieme, in attesa di poter mostrare la radiosa opalescenza del timbro acuto. Rimasta sola in scena, l’interprete compensa una dizione perfettibile con staccati, trilli e picchettati di preciso nitore, mentre il fascino della linea di canto si fa ancora più evidente nei filati del racconto del secondo atto,
intriso di fiati lunghi e ben gestiti (spesso tenuti da prima e fino a dopo lo sbocciare in acuto), dove non mancano sofisticate soluzioni dinamiche, a testimoniare un percorso di crescita interiore. Soddisfacente anche il finale, in cui l’eterea melodia di congedo terrestre culmina in una lunghissima sospensione in crescendo con conseguente smorzamento, eseguita sulla parola “perdonate”, che incredulamente esprime la sua ultima volontà. Più discutibile la prova di Celso Albelo nel seducente ruolo del duca. Il tenore spagnolo sembra, infatti, avulso dal cogliere il voluttuoso carisma del personaggio e prevalentemente concentrato sulla potente e salda esecuzione di acuti (e sovracuti). Questo lo porta a sottovalutare tutta una resa che avrebbe richiesto maggiore accuratezza di fraseggio e di scavo coloristico-interpretativo, a fronte di fiati non ferrei, di un’emissione talora ruvida e nasale prima del passaggio e d’incertezze sul testo (proprio sulla canzone del terzo atto). Tra i personaggi secondari emerge lo Sparafucile di Alessio Cacciamani, basso dal timbro nitido fin sulle note gravi, la limpida e ben proiettata Giovanna d
i Janetka Hosco e il Marullo piuttosto a fuoco di Yurii Strakhov, mentre vocalmente più generica è apparsa la scura e a tratti un po’ ingolata Maddalena di Eleonora Filipponi. Un po’ offuscato, probabilmente per via del canto dalla platea, anche l’intervento del Monterone di Manuel Fuentes del primo atto, che pure possedeva, al pari di Maddalena, una buona presenza scenica. La scansione delle parti vocali era completata dai diligenti apporti di Letizia Bertoldi (rammaricata Contessa di Ceprano), Huigang Liu (Conte di Ceprano), Daniele Falcone (Matteo Borsa), Aloisia De Nardis (paggio) ed Egidio Massimo Naccarato (usciere). Entusiasta, infine, la reazione di un pubblico dall’elevata presenza studentesca, che non ha mancato di lasciarsi sfuggire l’usuale “oooh…” all’attacco de “La donna è mobile”. Si replica fino al 23 febbraio.
Teatro del Maggio Musicale Fiorentino: “Rigoletto” (cast alternativo)
