Teatro Regio Torino, stagione d’opera e balletto 2024-25
“L’ELISIR D’AMORE”
Melodramma giocoso in due atti su libretto di Felice Romani da “Le philtre” di Eugene Scribe
Musica di Gaetano Donizetti
Adina FEDERICA GUIDA
Nemorino VALERIO BORGIONI
Dott. Dulcamara PAOLO BORDOGNA
Belcore DAVIDE LUCIANO
Giannetta YULIA TKACHENKO
Orchestra e coro del Teatro Regio di Torino
Direttore Filippo Maria Carminati
Maestro del coro Ulisse Trabacchin
Maestro al fortepiano Paolo Grosa
Regia Daniele Menghini
Scene Davide Signorini
Costumi Nika Campisi
Luci Gianni Bertoli
Torino, 1 febbraio 2025
I meriti di questo “Elisir d’amore” con cui comincia il 2025 musicale torinese vanno ricercati soprattutto sul versante musicale dove – nonostante qualche tiro mancino dovuto alla stagione – le cose funzionano nel complesso assai bene mentre maggiori perplessità suscita la parte scenica. Filippo Maria Carminati ha una lunga frequentazione sia con Donizetti sia con i complessi torinesi e palese è l’ottima sintonia tra il direttore e le masse. Quella di Carminati è una lettura attenta e puntuale che dell’opera coglie sia il carattere più giocoso sia i ripiegamenti lirici e patetici. Non si lascia trascinare dalla foga e opta per tempi spesso ampi e per un’attenta tenuta delle dinamiche. Attento conoscitore del canto sostiene al meglio le necessità dei cantanti. Altro merito a favore di Carminati è l’esecuzione praticamente integrale dell’opera, con la riapertura di tutti i tagli di tradizione e un uso – seppur parco – di variazioni nei da capo. Paolo Grosa fornisce un impeccabile contenuto al fortepiano non limitandosi ad accompagnare i recitativi ma inserendo citazioni e rimandi musicali – da Mozart alla colonna sonora del Pinocchio televisivo di Comencini, che funziona teatralmente molto bene e che rientrano pienamente in quel gusto per l’improvvisazione che era una delle cifre degli esecutori del basso continuo.
Ottima come sempre la prova del coro guidato da Ulisse Trabacchin in questo caso particolarmente impegnato anche sul piano scenico. La compagnia di canto sconta l’improvvisa indisposizione di René Barbera costretto a rinunciare alla recita. Valerio Borgioni si è fatto carico della parte di Nemorino impegnandosi in un tour de force non indifferente con tre recite in tre giorni. Un po’ di prudenza – specie all’inizio – è quindi perfettamente comprensibile mentre con il prosieguo dell’opera la voce si scalda acquisendo sempre più sicurezza. La voce è prettamente lirica, con un bel colore caldo e solare molto coinvolgente. L’emissione e morbida e sempre ben controllata, gli acuti eseguiti con sicurezza. Il versante interpretativo ci mostra un Nemorino di “vecchia scuola”, che guarda allo stile di alcuni interpreti storici – Tagliavini e Valletti in primis – anche in virtù di una vocalità che sembra già indirizzarlo verso ruoli di lirico pieno. Federica Guida ha una voce ricca e sonora per un soprano lirico-leggero e a colpire è soprattutto la robustezza dei centri. Gli acuti tendono invece un po’ a indurirsi nonostante non manchino di pienezza. Sul piano interpretativo tratteggia un’Adina insolitamente seria, viene quindi un po’ a mancare il lato civettuolo e malizioso del personaggio in questo non agevolata da una regia che poco concedeva in tal senso. Paola Bordogna possiede tutto il talento istrionico per rendere al meglio il personaggio di Dulcamare. La voce un po’ chiara nella sua natura schiettamente baritonale ma non va a scapito delle qualità del cantante e soprattutto dell’interprete. Un fraseggio raffinatissimo, una comicità coinvolgente ma sempre misurata, senza “gigionate”, lo straordinario senso della parola e delle sue valenze espressive fanno di Bordogna un Dulcamare semplicemente irresistibile. Un imbroglione in fondo bonario e di buon cuore che
l’impeccabile gioco scenico completa alla perfezione. Davide Luciano è un Belcore esemplare. Bella voce ricca e squillante e interprete misurato, perfettamente calato nel personaggio e nella sua stucchevole prosopopea ma mai sguaiato ed eccessivo, sempre pienamente controllato sia sul versante vocale sia su quello interpretativo.
Yulia Tkachenko subentrata all’indisposta Albina Tonkikh è una Giannetta funzionale che s’inserisce senza problemi nei meccanismi dello spettacolo. I maggiori dubbi vengono dalla parte scenica che vede alla regia Daniele Menghini affiancato da Davide Signorini (scene) e Nika Campisi (costumi): Si tratta di uno spettacolo curato, molto ben realizzato e nel complesso visivamente non privo di suggestione ma in cui troppo evidente e lo stridere tra le ragioni drammaturgiche dell’opera e una regia calata dall’alto e imposta senza riguardo per queste.
La regia di Menghini ci porta in uno spazio metateatrale. Nemorino è l’unico personaggio reale, un ragazzo dei nostri tempi, forse un solitario incapace di integrarsi nel mondo esterno che trovata una vecchia bottega di marionette decide di crearsi il suo mondo. Tutti i personaggi non sono che pupazzi creati dallo stesso Nemorino e che da lui ricevono la loro vita. Nello svolgersi della vicenda i piani si confondono, reale e costruito si fondono finché nel finale la forza dell’amore trasforma Adina in una ragazza reale e i due fuggono da quel mondo fittizio per rituffarsi nella vita reale rappresentata dalla platea. Il tema dei burattini mette al centro dell’immaginario registico la storia di Pinocchio. I protagonisti arrivano a identificarsi con quelli di Collodi (Nemorino/Pinocchio, Adina/Fata, Dulcamara/Mangiafuoco) e da Pinocchio deriva un certo gusto macabro e inquietante (i conigli becchini, il pupazzo di Pinocchio alter ego di Nemorino smembrato dal coro come Orfeo dalle baccanti, una figura insettiforme – il Grillo Parlante? – che apre il secondo atto con la testa mozza di Pinocchio quasi fosse Agave con quella di Penteo) che uniti a dettagli come agli organi umani lignei in scala gigante inseriscono una vena di macabro umorismo che abbiamo trovato decisamente stridente rispetto alla fiaba donizettiana.
Molto curati i costumi e ben riuscite alcune scene come quella invero poetica di Nemorino trasformato lui stesso in burattino durante “Una furtiva lagrima”, altrove abbiamo notato invece una tendenza eccessiva a riempire il palco di figuranti e controscene che finivano per disturbare la musica. Uno spettacolo che quindi non manca di elementi suggestivi ma in cui la forzatura dell’approccio complessivo risulta troppo stridente per convincere. Ndr. Nelle fotografie la parte di Nemorino è interpretata da René Barbera. Foto Mattia Gaido
Torino, Teatro Regio: “L’elisir d’amore”
